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martedì 15 Luglio 2025
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Il nuovo corso delle attività agricole: come viene tassato il reddito dell’imprenditore

Di Pasquale Fabbrocini

Nella precedente puntata abbiamo accennato a chi è il moderno imprenditore agricolo. In questa sede ci soffermeremo brevemente su come vengono tassate le attività agricole.

Come diremo, la tassazione dei redditi derivanti da tali attività tiene conto dell’evoluzione che ha interessato il mondo dell’agricoltura e, quindi, nel perimetro del reddito normalmente imputabile all’imprenditore agricolo sono ricompresi anche redditi provenienti da attività che vanno al di là del limite della “potenzialità del terreno”, prendendo atto proprio del passaggio da un’agricoltura agganciata indissolubilmente al fattore terra a un’agricoltura dinamica incentrata sul concetto di ciclo biologico, che include attività come, ad esempio, le “vertical farm” e le colture “idroponiche”.

In sostanza, la disciplina fiscale asseconda gli sforzi tendenti a ridurre il consumo di acqua, di rendere più salùbri i prodotti vegetali, di sottrarre determinate produzioni di carattere vegetale agli effetti distruttivi dei cambiamenti climatici.
Tali attività si possono esercitare in strutture protette, quali, oltre alle serre, i fabbricati a destinazione agricola, industriale, commerciale e artigianale, anche dismessi e più in generale agli immobili riconvertiti alle produzioni in esame.

Però, prima di entrare nel merito di tali aspetti, è necessario una brevissima premessa sulla natura e sull’inquadramento del reddito agrario, cioè del reddito normalmente imputabile all’imprenditore agricolo.

I redditi fondiari.

Il reddito agrario si inquadra nell’ambito dei redditi fondiari. Elemento caratteristico della tassazione dei redditi fondiari è rappresentato dal peculiare sistema di determinazione del reddito imponibile mediante catasto, facendo cioè ricorso ad una stima presuntiva e di tipo forfetario del reddito ritraibile dall’utilizzo dei terreni e dei fabbricati a seconda delle loro caratteristiche. In buona sostanza, trattasi di redditi determinati non secondo criteri di effettività ma secondo criteri “medio-ordinari”.

I redditi fondiari sono una categoria reddituale che comprende tutti i redditi generati dalla gestione di immobili, siano essi costituiti da un fondo agricolo o da un fabbricato civile. I redditi fondiari si distinguono in dominicali dei terreni, agrari e dei fabbricati a seconda della relativa fonte di produzione.

I redditi dominicali dei terreni e quelli dei fabbricati rappresentano forme di produzione del reddito collegate alla realizzazione di un atto di gestione, consistente tipicamente nella messa a reddito dell’immobile (sotto questo profilo si presentano come “redditi da cespite”).
Il reddito agrario.

In tale contesto, il reddito agrario si connota come reddito da attività, in quanto è quella parte del reddito fondiario imputabile al lavoro di organizzazione dell’imprenditore agricolo e al capitale di esercizio dal medesimo impiegato, distinguendosi dal reddito dominicale dei terreni che è la parte del reddito medio-ordinario imputabile al proprietario del terreno stesso. Più specificamente, la definizione di reddito agrario è contenuta all’art. 32 del D.P.R. n.

917/1986 (in seguito: TUIR: Testo Unico delle Imposte sui Redditi).

La definizione generale, enunciata al comma 1 dell’art. 32 del TUIR, è poi completata nel comma successivo da un elenco specifico di fattispecie qualificate agricole sulla base di indicazioni di tipo qualitativo e quantitativo.
Il primo gruppo di attività, menzionate nel comma 2 del citato art. 32, è costituito dalla coltivazione del fondo e dalla silvicoltura, che sono qualificate come attività suscettibili di produrre reddito agrario indipendentemente dalle modalità concrete con cui sono svolte. Parimenti agricole devono considerarsi attività come la funghicoltura, la floricoltura, la coltivazione in serre o in vivai e la coltura idroponica.

Al riguardo sono qualificate come agricole attività in cui il collegamento con il fondo e labile: è, infatti, prevista l’attribuzione della natura agricola alle attività di coltivazione di vegetali tramite strutture fisse o mobili, anche provvisorie, purché insistano sopra una superficie adibita alla produzione che non ecceda il doppio del terreno su cui la produzione stessa insiste (art. 32, comma 2, lett. b).

L’attuale definizione generale di reddito agrario è sganciata dalle potenzialità del fondo ed è allineata con la disciplina codicistica dell’imprenditore agricolo, di cui all’art. 2135 del codice civile, cui abbiamo fatto cenno nella prima puntata.
In particolare, nel comma 1 dell’articolo 32 del TUIR, è stato eliminato l’inciso “nei limiti della potenzialità del terreno” e aggiunto il riferimento specifico all’esercizio di attività agricole “di cui all’articolo 2135 del codice civile”.

Mediante tale riferimento alla nozione di imprenditore agricolo disciplinata dal codice civile, si è inteso rendere, anche ai fini fiscali, solo potenziale o funzionale il collegamento con il terreno, al fine di tenere conto anche delle più moderne tecniche di produzione agricola, che non sono più esclusivamente incentrate, come avvenuto in passato, sul fattore “terra” e sullo “sfruttamento” della stessa.

Attenzione, però, va comunque negata la qualità di impresa agricola quando non risulti la diretta cura di alcun ciclo biologico o di una fase necessaria dello stesso, vegetale o animale. Ancora più in dettaglio, in base alla lettera b-bis), del comma 2, articolo 32, Tuir, sono produttive di un reddito agrario anche “le attività dirette alla produzione di vegetali tramite l’utilizzo di immobili oggetto di censimento al catasto dei fabbricati, rientranti nelle categorie catastali C/1, C/2, C/3, C/4, C/7, D/1, D/7, D/8, D/9 e D/10, entro il limite di superficie adibita alla produzione non eccedente il doppio della superficie agraria di riferimento definita con il decreto di cui al comma 3-bis del medesimo art. 321.

Tale previsione rinvia ad un (ancora emanando) Decreto Mef, da adottare di concerto con il Masaf, con cui individuare le modalità di dichiarazione in Catasto dell’utilizzazione dei suddetti immobili e di determinazione della relativa superficie agraria di riferimento.
In attesa di tale Decreto, con il comma 4-bis dell’articolo 34 TUIR, viene stabilito che “Fino all’emanazione del decreto … il reddito agrario delle colture prodotte utilizzando immobili oggetto di censimento al catasto dei fabbricati di cui all’articolo 32, comma 2, lettera b-bis), è determinato mediante l’applicazione alla superficie della particella catastale su cui insiste l’immobile della tariffa d’estimo più alta in vigore nella provincia in cui è censita la particella, incrementata del 400 per cento.”.

1 3-bis. Con decreto del Ministro dell’economia e delle nanze, di concerto con il Ministro dell’agricoltura, della sovranità alimentare e delle foreste, sono individuate, per i terreni, nuove classi e qualità di coltura al ne di tenere conto dei più evoluti sistemi di coltivazione, nonché sono disciplinate le modalità di dichiarazione in catasto dell’utilizzazione degli immobili oggetto di censimento al catasto dei fabbricati per attività di produzione di vegetali e le modalità di determinazione della relativa super cie agraria di riferimento di cui al comma 2, lettera b-bis).

Sono inoltre incluse, tra le attività produttive di reddito agrario, le attività dirette alla produzione di beni, anche immateriali, realizzate mediante la coltivazione, l’allevamento e la silvicoltura che concorrono alla tutela dell’ambiente e alla lotta ai cambiamenti climatici, nei limiti dei corrispettivi delle cessioni di beni, registrate o soggette a registrazione agli effetti dell’imposta sul valore aggiunto, derivanti dall’esercizio delle attività, di cui all’articolo 2135, del codice civile.

Un secondo gruppo di attività è costituito dall’allevamento di animali, per il quale è previsto un limite specifico, consistente nell’uso di mangimi ottenibili per almeno un quarto dal terreno, superato il quale l’allevamento perde la natura agricola per generare reddito d’impresa, quantificato con un particolare calcolo, ottenuto moltiplicando il valore medio del reddito agrario riferibile a ciascun capo per un coefficiente determinato dal Ministro delle Finanze, di concerto con quello delle Politiche Agricole, idoneo a tener conto delle diverse incidenze dei costi.

È fatta salva, in ogni caso, la facoltà dell’allevatore di optare per la determinazione del reddito secondo le risultanze delle scritture contabili (opzione da esercitare nella dichiarazione relativa al periodo d’imposta in cui i redditi stessi sono stati prodotti).
Un terzo gruppo di attività agricole, previste sempre nel comma 2 dell’art. 32, è rappresentato dalle attività di alienazione, manipolazione e trasformazione dei prodotti agricoli e zootecnici. Tale norma, pensata in origine come regola tendenzialmente coincidente con l’ambito di operatività previsto dall’art. 2135 c.c., attribuisce la qualifica di attività agricola alle molteplici attività di lavorazione, trasformazione e commercializzazione dei prodotti agricoli e zootecnici purché collegate, dipendenti o conseguenti all’attività agricola principale. Viene, quindi, in gioco una relazione di strumentalità ed accessorietà di queste attività rispetto a quelle tipiche (o principali) del settore agricolo, e ne rimangono escluse quelle che realizzano un’autonoma operazione speculativa commerciale o industriale con il sussidio di opere o mezzi estranei al normale ciclo produttivo agrario.

Anche per le attività di questo gruppo è stato previsto un limite specifico. Infatti, la natura agricola viene attribuita quando, ancorché non svolte sul terreno, tali attività abbiano ad oggetto prodotti ottenuti prevalentemente dalla coltivazione del fondo o del bosco, ovvero dall’allevamento di animali.

Tuttavia, sotto il profilo fiscale, non tutti i prodotti trasformati possono generare reddito agrario, in quanto degli stessi non si è tenuto conto nella determinazione delle tariffe d’estimo. Per questa ragione il citato comma 2, lett. c) rinvia ad un elenco di prodotti che devono essere individuati con apposito decreto emanato dal Ministero dell’Economia, su proposta di quello per le Politiche agricole.

Quando, pur nel rispetto del criterio della prevalenza della provenienza dal fondo, i prodotti oggetto di trasformazione, conservazione, manipolazione e commercializzazione sono differenti da quelli elencati nel decreto ministeriale di cui sopra, i redditi derivanti da tali attività sono invece assoggettate al regime dei redditi di impresa forfetizzati, di cui all’art. 56- bis, comma 2 TUIR, che prevede che il reddito sia determinato applicando all’ammontare dei corrispettivi delle operazioni registrate o soggette a registrazione agli effetti dell’IVA, conseguiti con tali attività, al coefficiente di redditività del 15%.

Inoltre, per quanto attiene le attività dirette alla fornitura di servizi, ivi comprese quelle di valorizzazione del territorio e del patrimonio rurale e forestale, ovvero di ricezione ed ospitalità, il loro reddito, ai sensi del comma 3 dell’art. 56-bis TUIR, è determinato applicando all’ammontare dei corrispettivi delle operazioni registrate o soggette a registrazione ai fini IVA, conseguiti con tali attività, il coefficiente di redditività del 25%.

Infine, è riconosciuto il carattere agricolo ad alcune attività connesse come l’agriturismo, l’impollinazione (L. n. 313/2004) e la produzione e cessione di energia elettrica e calorica da fonti rinnovabili agroforestali e fotovoltaiche, nonché di carburanti e prodotti chimici ottenuti da vegetali derivanti prevalentemente dal fondo, attuate da imprenditori agricoli (L. n. 266/2005).

Su tali ultime attività ci soffermeremo in un prossimo intervento.

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