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venerdì 24 Ottobre 2025
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Cashback, un passo avanti e due indietro nel contrasto all’evasione

A dicembre 2020 la nostra associazione con l’articolo “Cashback, bene l’obiettivo di aumentare la tracciatura, ma la normativa ha diversi limiti” ha preso posizione su questa iniziativa legislativa valutandola positivamente soprattutto in considerazione del fatto che la “tracciatura dei pagamenti” insieme al “contatto preventivo”, prima della presentazione della dichiarazione, con i piccoli contribuenti titolari di un’attività economica, sembrano anche da noi, come avviene ormai in tutti i paesi economicamente avanzati, gli strumenti più efficaci per contrastare l’evasione, cosiddetta di massa. Inoltre, la norma, al di la della valenza antievasione, rappresentava un significativo incentivo all’utilizzo del pagamento elettronico tracciato anche come fatto culturale contribuendo a modificare comportamenti radicati che tuttora nel nostro paese privilegiano l’uso del contante. Ci sembrava, insomma, una spinta ad adeguare il nostro paese agli standard di utilizzo della moneta elettronica degli altri paesi dell’Unione europea, che avrebbe comunque prodotto risultati positivi nella modernizzazione in senso digitale del paese.

Certo, la normativa presentava delle insufficienze e quindi era giusto immaginare una messa a punto dello strumento aumentando il numero delle transizioni per accedere al rimborso, come pure introducendo una diversificazione tra Grande distribuzione, dove il pagamento digitale è molto diffuso, e altri settori e attività. Una messa punto per rendere il Cashback più incisivo e non la sua eliminazione. Ecco cosa ci saremmo aspettati. Suscita, perciò, molte perplessità l’improvviso abbandono, a metà dell’anno previsto, di questo strumento, appositamente studiato per ridurre l’illegalità fiscale, senza una approfondita valutazione dei suoi effetti e dei risultati raggiunti nel campo dell’emersione dei ricavi non dichiarati in un intero periodo d’imposta. Ancora una volta ci troviamo di fronte ad un cambio di strategia, o meglio all’assenza di strategia, in un campo, quello della lotta all’evasione, dove è fondamentale avere norme strutturate e visione di lungo periodo per incidere nei comportamenti di massa e tentare di modificarli verso una maggiore legalità. Sarebbe stato interessante, per esempio, al termine d’un intero periodo d’imposta poter valutare come la tracciatura, attraverso il Cashback, avesse influenzato il rientro nel normale regime di tassazione  dei cosiddetti forfetari con ricavi inferiori ai 65.000 euro. 

Ad oggi si può solo affermare che l’adesione alla opportunità di ricevere un rimborso del 10%, fino a 150 € per un minimo di 50 transazioni con strumenti di pagamento digitali, carte di debito e di credito, è stata massiccia. Nel giorno della scadenza (30 giugno), relativa al primo semestre, chi ha fatto con le proprie carte di debito o credito, più di 90 transazioni si trova nella quattro milionesima posizione e questo corrisponde a ben 360 milioni di operazioni. Siamo di fronte a cifre da record con un massiccio abbandono dell’uso del contante che se perseverato avrebbe avuto certamente un risvolto positivo per la lotta all’evasione su quelle vaste zone d’ombra che hanno sino ad oggi caratterizzato il sottrarsi al fisco d’una estesa area costituita da piccole attività economiche o da soggetti che forniscono beni e servizi di limitato importo.

C’è da ricordare che la gran parte dell’evasione dell’Iva sui ricavi è originata proprio da queste transazioni. Spesso si parla con trionfalismo dell’evasione e/o elusione delle multinazionali e si dimentica che in Italia il nocciolo duro dell’illegalità fiscale è di massa e riguarda una estesa platea di contribuenti; è da questi soggetti e da rapporti economici d’importo limitato che si origina la gran parte della colossale cifra evasa fra imposte e contributi. Solo il fatto che il consumatore ha cominciato ad imbattersi in Pos, lettore di carte di pagamento, anche nei luoghi in cui abitualmente questo strumento non era utilizzato o che addirittura la pubblicità di questo strumento è arrivata sui maggiori canali televisivi, la dice lunga sull’effetto del Cashback

Quanto alla tesi che si tratta di una norma regressiva che favoriva i più ricchi e comunque la parte più ricca del paese dove l’uso dei pagamenti elettronici è già più diffuso è opportuno sottolineare che il Cashback non è una norma per aiutare i più deboli verso i quali occorrono ben altre misure. Chi sottolinea tale aspetto dimentica o fa finta di dimenticare che l’obiettivo della misura è proprio quello di sviluppare l’uso della moneta elettronica a partire da quelle parti del paese dove tale strumento è meno diffuso. E in ogni caso il contrasto all’evasione è la premessa per garantirsi le risorse necessarie per qualsiasi politica di intervento sociale. Suscita, pertanto, una certa meraviglia l’esultanza che c’è in gran parte delle forze politiche, per l’interruzione anticipata dell’iniziativa che di certo stava contribuendo a che l’Italia nell’ambito dell’uso del contante diventasse al più presto un paese in linea con gli standard europei. 

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