La questione delle diseguaglianze crescenti è il problema fondamentale della nostra epoca, e il risultato infausto e inevitabile della lunga fase neoliberista.
La diseguaglianza si manifesta oggi nei redditi, nella loro ripartizione tra salari e profitti, nei patrimoni, nelle opportunità, ma anche nella struttura dei sistemi fiscali, nella crisi dei sistemi di welfare, nella povertà crescente.
Per loro natura, i sistemi fiscali non sono lo strumento più adeguato a ridurre la diseguaglianza. Infatti, se il prelievo complessivo deve raggiungere livelli del 40-45% del Pil, come avviene oggi in molti Paesi europei, è inevitabile che aliquote molto elevate si applichino anche ai redditi delle classi medie. A fini redistributivi, invece, molto efficace è stata la costruzione nel secondo dopoguerra dei sistemi di welfare (istruzione, sanità, previdenza, assistenza..)
Tuttavia, contrariamente a quanto avveniva alcuni decenni fa, oggi il prelievo fiscale risulta chiaramente regressivo ai livelli di redditi (e ricchezza) più elevati. Ciò è avvenuto mentre le aliquote più elevate delle imposte personali sul reddito venivano fortemente ridotte, quelle delle imposte sulle società dimezzate, e le basi imponibili progressivamente svuotate. In conseguenza si è aperto un dibattito sulla opportunità di introdurre una imposta patrimoniale (almeno) per i contribuenti più ricchi. Resta il problema di come realizzarla in concreto, partendo dalla necessità di disporre di apposite anagrafi patrimoniali.
Analogamente le grandi imprese multinazionali hanno dimostrato una straordinaria capacità di eludere le imposte sui profitti, collocandoli presso Paesi a bassa fiscalità o nei paradisi fiscali. Per contrastare questi comportamenti esistono le proposte dell’Ocse e dell’Icrict.
Queste caratteristiche hanno riguardato anche l’evoluzione del sistema fiscale italiano che inoltre si caratterizza per la perdurante evasione di massa e per la sua balcanizzazione corporativa, basata su una disparità di trattamento esplicitamente perseguita dal governo in carica, e sempre più intollerabile.
Tutto ciò non è avvenuto per caso, ed è stato un contributo fondamentale alla crescita delle diseguaglianze all’interno dei Paesi in tutto il mondo, e alla crisi dei sistemi di welfare.
Per combattere questa situazione negli ultimi anni si è sviluppato un movimento a livello internazionale. In questo contesto la recente rielezione di Trump a presidente degli Stati Uniti crea forti preoccupazioni.
Tra i primi atti della nuova amministrazione statunitense vi è l’uscita dagli accordi Ocse sulla tassazione delle multinazionali, la proposta di nuove consistenti riduzioni di tasse per i più ricchi e per le imprese, l’abolizione del sistema americano di aiuti umanitari, e la chiara tendenza verso la creazione di un sistema politico autoritario, basato sulla manipolazione delle masse, sul sostegno di una nuova oligarchia plutocratica, monopolista, alla ricerca di rendite, contraria alla concorrenza e alle regole, in palese e sfacciato conflitto di interessi.