Con la sola eccezione dell’anno d’imposta 2023, la casa automobilistica Tesla, prima creatura del magnate statunitense Elon Musk, non ha mai pagato imposte federali. Secondo una nuova analisi condotta dalla piattaforma di giornalismo investigativo Follow the money, non versa quasi nulla nemmeno in Olanda, dove controlla sette società tra cui Tesla Motors Netherlands, e in Germania, dove una delle entità olandesi ha un accordo di produzione con la giga factory da 11mila dipendenti inaugurata nel 2022 in Brandeburgo alla presenza del cancelliere Olaf Scholz. A ricostruire i tanti tentacoli della strategia fiscale di Musk per non pagare le tasse è Chiara Brusini sul Fattoquotidiano.it
Secondo l’Institute on Taxation and Economic Policy le attività elusive del gruppo hanno consentito nell’ultimo triennio di girare al fisco Usa solo 48 milioni di dollari (tutti nel 2023) a fronte di un imponibile di 10,8 miliardi godendo quindi di un’aliquota dello 0,4% contro il 21% ufficiale. Follow the money aggiunge un altro tassello esaminando le attività europee di Tesla, che ha stabilito ad Amsterdam la propria sede nel Vecchio Continente. È un tassello cruciale perché Tesla Motors Netherlands (Tmn), nata nel 2011, ha sempre registrato profitti, a differenza della statunitense Tesla Inc. che fino al 2020 è stata in perdita. A quei profitti avrebbe dovuto corrispondere un corposo gettito fiscale. Non è andata così.
La spiegazione va cercata in un’articolata strategia di “profit shifting” mirato a ridurre il carico fiscale. Il punto di partenza è che la Tmn è formalmente titolare di un impianto produttivo in Olanda, ma in realtà le Tesla Model Y vengono realizzate nel sito di Grünheide, in Germania, attraverso la Tesla Manufacturing Brandenburg, che per ogni auto riceve solo un piccolo margine oltre ai costi di produzione sostenuti. Un meccanismo grazie al quale quello stabilimento, pur avendo fatturato nel 2023 quasi 8 miliardi, ha contabilizzato 7,5 miliardi di spese che hanno ridotto all’osso i profitti e di conseguenza i proventi per l’erario di Berlino. Che fine hanno fatto quindi gli effettivi utili realizzati da Tesla nel suo complesso? Jan van de Streek, professore di diritto tributario all’Università di Leida, ipotizza che vengano “spostati in un altro Paese, dove Tesla probabilmente gode di aliquote fiscali più basse”. Ma analizzando i bilanci non trova alcuna indicazione sulla loro destinazione finale nella complessa architettura del gruppo.
Quel che è certo è che non sono arrivati nemmeno nei Paesi Bassi, dove Tmn nel 2023 ha pagato un centinaio di milioni di tasse e registrato un profitto di soli 300 milioni a fronte di 26 miliardi di fatturato, quasi un terzo di quello globale di Tesla. Come nel caso tedesco, a pesare sui conti sono state voci di spesa: stavolta per “materie prime e materiali di consumo“, non ulteriormente dettagliate nel bilancio. Bisogna risalire fino al 2014, primo anno in cui PwC ha verificato i bilanci di Tesla, per trovare una traccia da seguire: in quell’anno la società di revisione ha indicato che il 60% delle spese era legato a trasferimenti interaziendali, cioè pagamenti (deducibili) ad altre società del gruppo. Si tratta probabilmente, secondo un esperto sentito da Follow the money, di una pratica consentita da un accordo sul transfer pricing sottoscritto con le autorità olandesi, note per le scappatoie spesso concesse alle multinazionali in fuga dal fisco.
Continuando a seguire le frequenti modifiche della struttura del gruppo, l’inchiesta arriva alla conclusione che in futuro il principale indiziato come punto di arrivo dei guadagni di Tesla sarà il cantone di Zugo, in Svizzera. È lì infatti – complice un’aliquota fiscale sulle società dell’11,8% – che all’inizio del 2025 è stata creata la Vespb Global, ombrello sotto cui sono state trasferite tutte le società olandesi del gruppo. Peccato che sarà impossibile saperne di più, visto che la Svizzera applica un rigido segreto societario e i bilanci annuali non vengono pubblicati.