L’applicazione di un’aliquota minima globale del 25% alle multinazionali alimenterebbe di circa 170 miliardi di euro il gettito delle imposte sulle società nella sola area Ue. Una somma equivalente ad oltre il 50% delle imposte sulle società riscosse annualmente nella UE ed al 12% della spesa sanitaria in Europa. E’ quanto emerge dall’interessante report dell’Osservatorio tributario europeo (Eu Tax Observatory), pubblicato nei giorni scorsi, e che analizza, studia e approfondisce l’ammontare del tax deficit conseguente alla strategica localizzazione delle sedi delle multinazionali nei paesi dove il livello della tassazione è irrisorio. Una tematica chiave del dibattito che agita da anni le maggiori economie del pianeta. Si tratta, è chiaro, di una proiezione: ma le potenzialità legate alla fissazione di una aliquota minima dai tratti più robusti di quelli garantiti da alcuni “generosi” Stati Ue sono di tutta evidenza.
Gli studiosi analizzano anche l’ipotesi alternativa dell’aliquota minima al 21% che consentirebbe di riscuotere solo nella Ue un surplus impositivo pari a circa 100 miliardi di euro. Riducendo l’aliquota minima al tasso (recentemente suggerito in un autorevole consesso internazionale) del 15%, il gettito stimato si dimezzerebbe. Gli autori del report si soffermano, innanzi tutto, sulla definizione della nozione di tax deficit da intendersi come differenza tra il livello di imposizione cui è assoggettata una società e quanto la stessa dovrebbe in concreto corrispondere se fosse soggetta ad un livello minimo di tassazione (minimum tax rate) nei paesi in cui opera e genera profitti. Il concetto di tax deficit presuppone, quindi, la preventiva quantificazione di un parametro rispetto al quale calcolare il predetto “gap”.
Lo studio suggerisce che, secondo una prospettiva globale che tenga conto delle scelte fiscali dei legislatori nazionali e delle esigenze di spesa sociale, una ragionevole soglia per l’aliquota minima dovrebbe aggirarsi attorno al 25%. Stabilito tale parametro, gli studiosi procedono al calcolo delle imposte che l’applicazione di una tale aliquota minima consentirebbe di introitare. Si tratta, ovviamente, di una simulazione che parte, tuttavia, da premesse (fissazione di una aliquota minima pari al 25%) tutt’altro che ideologiche. Si suggerisce una prima simulazione basata sulla esistenza di un international agreement tra le maggiori economie occidentali (un certo numero di Stati dell’Unione – con la prevedibile astensione di Irlanda e Lussemburgo [nda] – e gli Stati Uniti). Secondo tale scenario ciascun paese riscuoterebbe il tax deficit accertato in capo alle proprie multinazionali. Ad esempio, se l’aliquota minima sulla corporate tax è fissata al 25% ed una società tedesca paga sui profitti conseguiti a Singapore appena il 10%, allora l’erario tedesco potrebbe assoggettare tali profitti all’imposta addizionale del 15% in modo da raggiungere il livello di tassazione corrispondente all’applicazione dell’aliquota. Tutti i paesi aderenti all’accordo procederebbero in modo similare.
Lo studio suggerisce anche altri possibili scenari in cui l’accordo per la fissazione dell’aliquota minima è limitato ai soli Stati europei o, addirittura, ai casi in cui tutti gli Stati mantengono inalterate le loro politiche fiscali e solo uno Stato decide di riscuotere il tax deficit dai profitti registrati all’estero dalle proprie multinazionali. Le stime suggerite sono basate su una metodologia di indagine trasparente che utilizza i più recenti dati macroeconomici pubblicati da tutti gli istituti di credito europei e da 16 multinazionali. Tali dati rivelano che le stesse banche europee pagherebbero un surplus impositivo di circa il 50% se fossero assoggettate ad una aliquota minima del 25%. Gli autori precisano che il report è integrato ed arricchito da un sito “pilota” interattivo (https://tax-deficit- simulator.herokuapp.com999) attraverso il quale stakeholders, studiosi e società civile possono verificare l’ammontare delle entrate erariali conseguenti alla previsione di una aliquota minima. Il sistema consente varie simulazioni consentendo agli utenti di optare per diversi livelli di tassazione (secondo una aliquota che varia dal 10% al 50%) e per un diverso grado di inclusione degli accordi internazionali sulla fissazione del minimum tax rate.