Svista sulla stabilizzazione e contestuale aumento a 100 euro della detrazione di 80 euro mensili per i redditi da lavoro dipendente, il cosiddetto bonus 80 euro. L’articolo 3 della legge di Bilancio 2021 (divenuto commi 8 e 9 nella versione ora in approvazione al Senato) nello stabilire che l’ulteriore detrazione per lavoro dipendente, prevista dalla legge numero 21 del 21 aprile 2020 dal 1° luglio al 31 dicembre 2020, va a regime a partire dal 2021 ha ignorato la necessità di aggiornare anche la normativa relativa al credito d’imposta mensile sugli 80 euro che, sempre nel provvedimento che ha introdotto l’ulteriore detrazione, nell’articolo 1, comma 1, era stato aumentato a 100 euro a partire dal 1° luglio 2020 sotto forma di trattamento integrativo per chi ha un’imposta lorda superiore alla detrazione specifica per il lavoro dipendente. Un piccolo pasticcio al quale il governo ha già annunciato che porrà rimedio con un apposito decreto legge correttivo in quanto non vi è tempo per intervenire sulla legge di bilancio all’esame del Senato per evitare una terza lettura alla Camera e il conseguente rischio di esercizio provvisorio.
In realtà il comma 2 dell’articolo 1 della legge che ha introdotto l’ulteriore credito d’imposta stabilisce che: “Il trattamento integrativo di cui al comma 1 è rapportato al periodo di lavoro e spetta per le prestazioni rese dal 1° luglio 2020” e questo fa
supporre che anche per il 2021 tale trattamento parta da luglio. A onore del vero più che di un errore si tratta d’una piccola imprecisione figlia della infernale, improduttiva e dannosa cultura leguleia che impera in Parlamento.
Qualsiasi persona, dotata d’un minimo di senso logico, avrebbe correttamente interpretato la norma così
come l’hanno interpretata coloro che l’hanno redatta in quanto al comma 1 è chiaramente specificato che
“è riconosciuta una somma a titolo di trattamento integrativo, che non concorre alla formazione del
reddito, di importo pari a 600 euro per l’anno 2020 e a 1.200 euro a decorrere dall’anno 2021, se il reddito
complessivo non è superiore a 28.000 euro”. Ormai nella politica italiana, soprattutto in campo fiscale,
tutto quanto fa spettacolo ed ogni minima cosa è oggetto d’un baccano mediatico assurdo e, in questo
momento così delicato ed economicamente drammatico, parecchio inopportuno.