A cura di Omega
La sentenza del Tribunale di Lecco che ha esteso la non punibilità dell’Iva, prevista per l’accertamento con adesione e il ravvedimento operoso, alla transazione fiscale prevista dalla legge fallimentare si basa sull’assunto, del tutto infondato, che la rideterminazione del debito rappresenti una sua ‘novazione oggettiva’. In pratica, i giudici, con una sentenza definita sulla stampa specializzata come “evolutiva”, hanno ritenuto che la parziale remissione dell’Iva per effetto di una transazione fiscale sia rilevante ai fini dell’esimente di cui all’articolo 13 del Dlgs. del 10 marzo 2000, n. 74, disciplinante i reati tributari.
Questa sentenza fa sorgere molte perplessità per le motivazioni in punto di diritto che ne sono alla base, ma anche alla luce di considerazioni più generali, afferenti al comportamento leale e responsabile che un imprenditore deve tenere sul libero mercato, in ragione dei principi costituzionali che sono a fondamento della libera iniziativa economica privata (in particolare, essa non deve contrastare con “l’utilità sociale” e deve essere finalizzata a “scopi sociali e ambientali”) (1) e dei principi alla base del funzionamento della corretta
dinamica tra domanda e offerta sul libero mercato.
In estrema sintesi i termini della questione sono i seguenti. L’articolo 10-ter della disciplina sui reati tributari (2) , stabilisce che l’omesso versamento dell’IVA costituisce reato quando si supera la soglia di € 250mila per anno solare. Il successivo art. 13 della stessa disciplina sui
reati tributari (3) prevede che alcuni reati, tra cui il predetto reato di omesso versamento dell’IVA, “non sono punibili se, prima della dichiarazione di apertura del dibattimento di primo grado, i debiti tributari, comprese sanzioni amministrative e interessi, sono stati estinti mediante integrale pagamento degli importi dovuti, anche a seguito delle speciali procedure conciliative e di adesione all’accertamento previste dalle norme tributarie, nonché del ravvedimento operoso. (…)”. In merito agli istituti definitori richiamati dal predetto articolo 13, i cui effetti sono rilevanti ai fini della specifica causa di non punibilità del reato di omesso versamento dell’IVA, occorre in sintesi precisare quanto segue.
Il ravvedimento (4) è un istituto mediante il quale il trasgressore sana spontaneamente la violazione commessa, mediante il pagamento integrale del tributo, degli interessi e delle sanzioni in misura ridotta in ragione sia del ritardo con il quale ci si ravvede rispetto alle scadenze originarie che in considerazione dell’inizio di specifiche attività di controllo da parte dell’Agenzia delle Entrate. Per cui da tale istituto deriva l’estinzione totale del debito originario relativo all’imposta e agli interessi pienamente satisfattoria per il creditore Erario e una estinzione del debito relativo alle sanzioni solo parzialmente satisfattoria.
La conciliazione, nelle sue due forme di conciliazione fuori udienza (5) e di conciliazione in udienza (6) (anche quando l’iniziativa conciliativa è del giudice tributario) (7) , si perfeziona con la sottoscrizione dell’atto che contiene l’accordo. Infatti, in caso di omesso pagamento del debito concordato, l’Ufficio procede a riscuotere il debito conciliato e non rivive l’originaria obbligazione tributaria (8) . Per cui si può affermare che la conciliazione produce un effetto di “novazione oggettiva” dell’obbligazione tributaria, cioè l’estinzione dell’originaria obbligazione tributaria e la sua sostituzione con una nuova obbligazione che avrà vita autonoma rispetto all’obbligazione originaria che si estingue proprio per effetto della novazione oggettiva.
Le stesse considerazioni valgono rispetto all’ultimo istituto richiamato dall’articolo 13 succitato, in ordine alle cause di non punibilità del reato di omesso versamento dell’IVA, cioè l’adesione all’accertamento (9) . Si tratta oramai di un istituto residuale da quando è stato introdotto il c.d. “contraddittorio obbligatorio” nel novellato statuto dei diritti del contribuente (10) . Per quel che interessa in questa sede, anche questo istituto prevede una novazione oggettiva dell’originaria obbligazione tributaria, una volta che esso si sia perfezionato con il pagamento dell’intero importo rideterminato per effetto dell’adesione o, in caso di pagamento rateale, con il versamento della prima rata. Infatti, anche per l’adesione all’accertamento, in caso di decadenza dal pagamento rateale, l’Ufficio riscuote l’importo definito in adesione maggiorato di una sanzione aggiuntiva sull’importo dovuto a titolo di imposta (11)-(12).
Tanto succintamente chiarito, il Tribunale di Lecco ha ritenuto estendibile la predetta causa di non punibilità, consistente nel pagamento del debito tributario ridotto per effetto dei predetti istituti definitori, anche al caso in cui la riduzione del debito IVA (inclusi i relativi interessi e sanzioni) sia avvenuto mediante il particolare istituto della transazione fiscale. La sentenza afferma testualmente che ‘Il debito ha subito una rideterminazione e, in particolare, a fronte di una scelta concordata tra il debitore e l’Erario in sede di transazione fiscale, è stato oggetto di novazione oggettiva con conseguente riduzione’.
La transazione fiscale è un istituto la cui operatività è stata progressivamente ampliata e che è finalizzato a definire la debitoria fiscale nell’ambito di procedure di composizione della crisi e dell’insolvenza, quali gli accordi di ristrutturazione del debito, il concordato preventivo, la composizione negoziata della crisi. Esso è stato introdotto per la prima volta nell’ambito della vecchia “legge fallimentare” (13) e poi riproposto e ampliato nell’ambito del nuovo codice della crisi d’impresa e dell’insolvenza entrato in vigore l’1 settembre 2021 (14) .
Quel che interessa in questa sede è la circostanza per la quale, in tutte le versioni di questo istituto, esso non ha mai prodotto effetti di novazione oggettiva dell’obbligazione tributaria, in quanto in caso di inadempimento da parte del contribuente delle obbligazioni scaturenti dall’accordo transattivo, rivivono “in toto” le originarie obbligazioni tributarie.
D’altra parte, l’Agenzia delle Entrate, ha costantemente affermato, già nel vigore della legge fallimentare, che è comunque possibile, relativamente ai periodi d’imposta e ai tributi oggetto della transazione fiscale, accertare eventualmente un credito tributario superiore rispetto a quello attestato nelle certificazioni tributarie ex art. 182-ter, comma 2, della L.F.
In sostanza, l’ulteriore attività accertativa non è preclusa anche se il concordato preventivo o l’accordo di ristrutturazione è stato omologato dal Tribunale (15) .
Per cui appare del tutto infondato l’assunto da cui il Tribunale di Lecco fa discendere l’inclusione tra le cause di non punibilità del reato di omesso versamento dell’IVA anche l’avvenuto pagamento, secondo gli importi risultanti dalla “falcidia” del debito originario, in conseguenza di una transazione fiscale, sull’infondato presupposto del suo effetto di novazione oggettiva.
Sul piano del corretto funzionamento del libero mercato, va considerato che l’IVA (così come le ritenute operate sui redditi dei dipendenti) non sono tributi semplicemente “maturati” e non versati, ma si tratta di liquidità incassata per conto dell’Erario e non riversata in favore di quest’ultimo. E’ evidente che chiunque agisca in tal senso ottiene un vantaggio competitivo rispetto a coloro che riversano regolarmente l’IVA e le ritenute, in quanto incassando e non riversando la prima si ottiene un fattuale incremento dei ricavi, mentre operando e non versando le seconde si ottiene una fattuale riduzione del costo del lavoro. Per cui tali omessi riversamenti si traducono in una forma di finanziamento a costo zero a carico della generalità dei contribuenti.
Per tutte le considerazioni giuridiche ed economiche succintamente svolte, si auspica che la sentenza del Tribunale di Lecco resti isolata, sia per l’infondatezza giuridica del carattere novativo della transazione fiscale da cui muove sia in considerazione del fatto che ogni ampliamento degli effetti della transazione fiscale incide su interessi e valori costituzionalmente protetti.
Note:
1) Infatti, l’articolo 41 della Costituzione, nel testo in vigore dal 09/03/2022,
Modificato da: Legge costituzionale del 11/02/2022 n. 1 Articolo 2, recita: “L’iniziativa economica privata è libera. Non può svolgersi in contrasto con l’utilità sociale o in modo da recare danno alla salute, all’ambiente, alla sicurezza, alla libertà, alla dignità umana. La legge determina i programmi e i controlli opportuni perché l’attività economica pubblica e privata possa essere indirizzata e coordinata a fini sociali e ambientali”.
2) Si fa riferimento all’articolo 10-ter (omesso versamento dell’IVA) del Dlgs. del 10/03/2000 n. 74, che prevede: “È punito con la reclusione da sei mesi a due anni chiunque non versa, entro il 31 dicembre dell’anno successivo a quello di presentazione della dichiarazione annuale, l’imposta sul valore aggiunto dovuta in base alla medesima dichiarazione, per un ammontare superiore a euro duecentocinquantamila per ciascun periodo d’imposta, se il debito tributario non è in corso di
estinzione mediante rateazione, ai sensi dell’articolo 3-bis del decreto legislativo 18 dicembre 1997, n. 462. In caso di decadenza dal beneficio della rateazione ai sensi dell’articolo 15 ter del decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre 1973, n. 602, il colpevole è punito se l’ammontare del debito residuo è superiore a settantacinquemila euro.
3) Si fa riferimento all’articolo 13 (cause di non punibilità. Pagamento del debito tributario.) del succitato Dlgs. n. 74/2000, il quale prevede:
‘1. I reati di cui agli articoli 10 bis, 10 ter e 10 quater, comma 1, non sono punibili se, prima della dichiarazione di apertura del dibattimento di primo grado, i debiti tributari, comprese sanzioni amministrative e interessi, sono stati estinti mediante integrale pagamento degli importi dovuti, anche a seguito delle speciali procedure conciliative e di adesione all’accertamento previste dalle norme tributarie, nonché del ravvedimento operoso’.
4) Si tratta del c.d. “ravvedimento operoso”, disciplinato dall’articolo 13 del Dlgs. n. 472/1997.
5) La “conciliazione fuori udienza” è disciplinata (fino all’entrata in vigore del nuovo Testo Unico sulla Giustizia Tributaria prevista per l’1/01/2026) dall’art. 48 (Conciliazione fuori udienza) del
Dlgs. del 31/12/1992, n. 546, nel testo in vigore dal 04/01/2024 al 01/01/2026, modificato da: Decreto legislativo del 30/12/2023 n. 220 Articolo 1.”1. Se in pendenza del giudizio le parti raggiungono un accordo conciliativo, presentano istanza congiunta sottoscritta personalmente o dai difensori per la definizione totale o parziale della controversia. (…) 4. La conciliazione si perfeziona con la sottoscrizione dell’accordo di cui al comma 1, nel quale sono indicate le somme dovute con i termini e le modalità di pagamento. L’accordo costituisce titolo per la riscossione delle somme dovute all’ente impositore e per il pagamento delle somme dovute al contribuente”.
6) La “conciliazione in udienza” è disciplinata dal successivo articolo 48bis anch’esso in vigore fino all’1/01/2026, il quale stabilisce: “1. Ciascuna parte entro il termine di cui all’articolo 32, comma 2, può presentare istanza per la conciliazione totale o parziale della controversia. (…) 3. La conciliazione si perfeziona con la redazione del processo verbale nel quale sono indicate le somme dovute con i termini e le modalità di pagamento. Il processo verbale costituisce titolo per la riscossione delle somme dovute all’ente impositore e per il pagamento delle somme dovute al contribuente”.
7) Si veda il successivo articolo 48-bis.1 (Conciliazione proposta dalla corte di giustizia tributaria), in vigore dal 04/01/2024 al 01/01/2026, che prevede: “1. La corte di giustizia tributaria, ove possibile, può formulare alle parti una proposta conciliativa, avuto riguardo all’oggetto del giudizio e ai precedenti giurisprudenziali . 2. La proposta può essere formulata in udienza o fuori udienza. (…) 4. La conciliazione si perfeziona con la redazione del processo verbale, nel quale sono indicati le somme dovute nonché i termini e le modalità di pagamento. Il processo verbale costituisce titolo per la riscossione delle somme dovute all’ente impositore e per il pagamento delle somme dovute al contribuente”.
8) In merito, il successivo articolo 48-ter (definizione e pagamento delle somme dovute), in vigore dal 04/01/2024 al 01/01/2026, modificato da: Decreto legislativo del 30/12/2023 n. 220 Articolo 1, stabilisce che: “(…) 3. In caso di mancato pagamento delle somme dovute o di una delle rate, compresa la prima, entro il termine di pagamento della rata successiva, il competente ufficio provvede all’iscrizione a ruolo delle residue somme dovute a titolo di imposta, interessi e sanzioni, nonché della sanzione di cui all’articolo 13 del decreto legislativo 18 dicembre 1997, n. 471, aumentata della metà e applicata sul residuo importo dovuto a titolo di imposta. 4. Per il versamento rateale delle somme dovute si applicano, in quanto compatibili, le disposizioni previste per l’accertamento con adesione dall’articolo 8 del decreto legislativo 19 giugno 1997, n. 218”.
9) Si tratta di un istituto disciplinato dal Dlgs. del 19/06/1997 n. 218 e ampiamente modificato a seguito della riforma dello statuto dei diritti del contribuente avvenuta con il Dlgs. del 30/12/2023 n. 219.
10) In questa sede si sottolinea soltanto che l’articolo 6-bis (Principio del contraddittorio), della legge del 27/07/2000, contenente lo statuto dei diritti del contribuente, nel testo in vigore dal 18/01/2024, modificato dal succitato Decreto legislativo del 30/12/2023 n. 219 Articolo 1, prevede che: “1. Salvo quanto previsto dal comma 2, tutti gli atti autonomamente impugnabili dinanzi agli organi della giurisdizione tributaria sono preceduti, a pena di annullabilità da un contraddittorio informato ed effettivo ai sensi del presente articolo. (…)”.
11) Infatti, l’articolo 8 (adempimenti successivi) del succitato Dlgs. n. 218/1997, in vigore dal 22/02/2024, modificato dal Decreto legislativo del 12/02/2024 n. 13 Articolo 1, prevede che:
“1. Il versamento delle somme dovute per effetto dell’accertamento con adesione è eseguito entro venti giorni dalla redazione dell’atto di cui all’articolo 7. 2. Le somme dovute possono essere versate anche ratealmente in un massimo di otto rate trimestrali di pari importo o in un massimo di sedici rate trimestrali se le somme dovute superano i cinquantamila euro. L’importo della prima rata è versato entro il termine indicato nel comma 1. Le rate successive alla prima devono essere versate entro l’ultimo giorno di ciascun trimestre. Sull’importo delle rate successive alla prima sono dovuti gli interessi calcolati dal giorno successivo al termine di versamento della prima rata.
(…) 4. Per le modalità di versamento delle somme dovute si applicano le disposizioni di cui all’articolo 15-bis. In caso di inadempimento nei pagamenti rateali si applicano le disposizioni di cui all’articolo 15-ter del decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre 1973, n. 602 (2)”.
12) E’ utile richiamare la disposizione dell’Articolo 15ter, del D.P.R. n. 602/1973, cui fa rinvio il succitato articolo 8 del Dlgs. n. 218/1997.Il richiamo che interessa è quello al comma 2 del predetto articolo 15-ter, che recita: “2. In caso di rateazione ai sensi dell’articolo 8 del decreto legislativo 19 giugno 1997, n. 218, il mancato pagamento di una delle rate diverse dalla prima entro il termine di pagamento della rata successiva comporta la decadenza dal beneficio della rateazione e l’iscrizione a ruolo dei residui importi dovuti a titolo di imposta, interessi e sanzioni, nonché della sanzione di cui all’articolo 13 del decreto legislativo 18 dicembre 1997, n. 471, aumentata della metà e applicata sul residuo importo dovuto a titolo di imposta”.
13) Nell’ambito della abrogata legge fallimentare (R.D. n. 267/1942) era stato introdotto l’articolo 182- ter, il quale, nella sua ultima versione in vigore dal 04/12/2020, come modificato dal Decreto- legge del 07/10/2020 n. 125 Articolo 3, prevedeva per la parte qui di interesse: “(…) 6. La transazione fiscale conclusa nell’ambito dell’accordo di ristrutturazione di cui all’articolo 182-bis è risolta di diritto se il debitore non esegue integralmente, entro novanta giorni dalle scadenze previste, i pagamenti dovuti alle Agenzie fiscali e agli enti gestori di forme di previdenza e assistenza obbligatorie (…)”.
14) Si fa particolare riferimento all’articolo 63 (Transazione su crediti tributari e contributivi)
Del Dlgs. n. 14/2019, nel testo in vigore dal 28/09/2024, modificato da ultimo dal Decreto legislativo del 13/09/2024 n. 136 Articolo 16, che per la parte che qui interessa prevede: “(…) 8. La transazione conclusa nell’ambito degli accordi di ristrutturazione è risolta di diritto se il debitore non esegue integralmente, entro sessanta giorni dalle scadenze previste, i pagamenti dovuti alle agenzie fiscali e agli enti gestori di forme di previdenza, assistenza e assicurazioni obbligatorie”.
15) In tal senso si è espressa la la Circolare dell’Agenzia delle Entrate n. 40/E del 2008, al parag. 5.2. Tale chiarimento di prassi non è mai stato superato dai chiarimenti successivi.













