Una organica riforma dell’Irpef non può prescindere da alcuni obiettivi strategici come la lotta all’evasione “che rimane a tutt’oggi il più rilevante vulnus all’equità orizzontale e verticale”, e la semplificazione, “sia per ciò che riguarda la base imponibile, le aliquote e le innumerevoli spese fiscali presenti, sia per gli aspetti procedimentali, quali dichiarazioni, versamenti, rimborsi e, in generale, tutto ciò che attiene al rapporto con il contribuente”. A richiamare un tema, quello del contrasto all’evasione, che sembra del tutto scomparso dai radar della politica è stata la Corte dei Conti nel corso di una audizione sulla riforma dell’Irpef alle commissioni finanze di Camera e Senato. “La propensione al tax gap, in ambito Irpef –ha ricordato- è stata pari nel 2018 al 2,8 per cento per i redditi da lavoro dipendente (4,4 mld di euro) e al 67,6 per cento per i redditi da lavoro autonomo e di impresa (32,7 mld di euro)”.
Per i magistrati contabili fondamentale è la lotta all’evasione. “Occorre prendere atto -sottolineano- che l’incremento delle entrate potrà essere assicurato non certo da aumenti generalizzati delle aliquote legali o delle basi imponibili, che finirebbero per inasprire una pressione fiscale già particolarmente elevata nel confronto internazionale, bensì puntando su politiche di riduzione dell’evasione tributaria, idonee a ridurre il tax gap che caratterizza in negativo il nostro sistema”. “La riforma dell’imposta personale sui redditi delle persone fisiche non può prescindere dall’affrontare il tema dell’evasione fiscale che, come è noto, raggiunge in Italia livelli di gran lunga superiori a quelli dei principali partner europei”. Perciò, è l’analisi della Corte dei Conti, “senza un risoluto intervento finalizzato a contenere il livello di evasione sulle attività d’impresa e di lavoro autonomo, appare velleitario e destinato all’insuccesso un intervento riformatore circoscritto alla sola struttura dell’Irpef. È necessario non ripetere l’errore compiuto con la riforma degli anni Settanta, quando l’introduzione delle nuove imposte non fu preceduta né si accompagnò a una riforma dell’amministrazione fiscale, che restò inadeguata per risorse e procedure”.
Tra le misure suggerite per contrastare l’evasione l’implementazione della fatturazione elettronica “superando gli esoneri attualmente previsti“, la semplificazione del rapporto con il contribuente, la riduzione dell’uso del contante e l’estensione dello strumento della ritenuta d’acconto ad opera dell’operatore finanziario che gestisce la transazione. Significativo inoltre per il miglioramento della tax compliance “un diverso modello di relazione nel rapporto che l’amministrazione intrattiene con i contribuenti nella fase dell’adempimento”.
Nel disegno di riforma dell’Irpef, ad avviso della Corte dei Conti, l’obiettivo della semplificazione “dovrebbe avere rilievo strategico, sia per ciò che riguarda le regole di determinazione della base imponibile e dell’imposta dovuta, sia per quelli che sono gli aspetti procedimentali, quali dichiarazioni, versamenti, rimborsi, ecc”. L’attuale sistema è, infatti, “il risultato di un gran numero di interventi frammentari che hanno introdotto regimi sostitutivi, deroghe ed eccezioni, agevolazioni delle quali non sempre si conosce esattamente il relativo costo, ecc. La normativa fiscale ha da tempo raggiunto un livello eccessivo di complessità, determinando un aumento dei costi diretti e indiretti sopportati per l’adempimento, divenuti spesso del tutto incoerenti con il beneficio che ne deriva all’Erario in termini di imposte raccolte”. Un contributo decisivo alla complessità del sistema, spiega la Corte dei Conti, “deriva dalla proliferazione degli oneri detraibili, alcuni dei quali di incerta portata e di non facile gestione procedimentale. Ma anche la disciplina delle diverse categorie reddituali, delle detrazioni, delle esenzioni, dei versamenti e di tutte le altre numerose fattispecie collegate all’adempimento fiscale ha contribuito a rendere sostanzialmente inaccessibile al comune cittadino l’autonomo adempimento dell’obbligazione tributaria”.
Indipendentemente dalle scelte in tema di base imponibile e profilo della progressività, “un opportuno riordino dell’Irpef -spiega la Corte dei Conti- dovrebbe passare attraverso la revisione dell’attuale struttura delle agevolazioni. Le spese fiscali hanno superato 600 unità, con un aumento di 69 unità tra il 2020 e il 2021, di cui 30 riferibili alla sola Irpef sui redditi personali. Considerando la somma di spese fiscali attribuibili all’Irpef sui redditi personali e sulle imprese si arriva per il 2021 a 248 unità per poco meno di 50 miliardi. Ai fini di una loro possibile revisione, un utile punto di partenza potrebbe essere costituito da una distinzione delle agevolazioni in base alla loro natura”.
L’analisi della Corte affronta anche il tema del raccordo dell’Irpef con altre forme di imposizione, affrontando anche l’ipotesi dell’introduzione di una eventuale un’imposta patrimoniale personale. “Una valutazione preliminare, al riguardo, -spiega- dovrebbe riguardare la caratteristica del prelievo, che da reale potrebbe essere trasformato in personale, considerando dunque tutte le forme di patrimonio e eventualmente la base familiare anziché individuale. In particolare, una tassazione patrimoniale reale – nell’ambito di un sistema di dual income tax – potrebbe correggere la sproporzione tra tassazione progressiva sui redditi da lavoro e tassazione proporzionale sui redditi da capitale, operando così a favore di un riequilibrio dell’equità orizzontale”.
Infine la Corte evidenzia alcuni problemi di coordinamento, sia in relazione all’imposizione di regioni e comuni che ai rapporti tra Irpef e welfare a partire dll’attivazione dell’assegno unico per i figli. (Vai al documento integrale)