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mercoledì 18 Giugno 2025
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Corte Conti boccia riforma fiscale, copertura incerta e in parte usata per ridurre deficit

Sonora bocciatura dellla delega sul riordino del fisco da parte della Corte dei Conti. Per i magistrati contabili la manovra di agosto ha utilizzato gran parte delle risorse previste per la copertura della riforma per ridurre il deficit.

Nel corso di una audizione sul disegno di legge delega alla commissione finanze della Camera il presidene della Corte Luigi Giampaolino ha ‘gelato’ i progetti di riordino del governo. Gli esiti della riforma fiscale, ha detto, sono ”incerti” perché oggi i suoi obiettivi devono ”coesistere con più ristretti spazi di manovra”. Le incertezze derivano dalle decisioni ”assunte d’urgenza per fronteggiare le recenti turbolenza economiche” che hanno comportato ”un’ulteriore restrizione degli spazi utilizzabili dal riformatore fiscale”. La Corte ha anche evidenziato la crescita della pressione fiscale che viaggia oltre il 43% del Pil e ha implicitamente bocciato il condono sottolineando come il governo ha già previsto dalla lotta all’evasione nel periodo 2011-2013 incassi per complessivi 35,3 miliardi.

Il ddl delega per la riforma fiscale e assistenziale, ad avviso della Corte, “risulta ormai spiazzato dagli eventi che hanno riportato in primo piano le esigenze di rigore” e le “incertezze” che lo caratterizzano sul fronte della copertura dovrebbero indurre a “esplorare fonti di gettito nuove, in direzione di basi imponibili personali o reali che non insistano sul lavoro e sulle imprese”. Questo, “anche nella consapevolezza che la strada di una riduzione del perimetro della spesa sociale risulta difficile da percorrere e rischia di produrre effetti non diversi da quelli derivanti da un prelievo eccessivo e distorto”.

 

Più in generale la Corte analizzando l’attuale sistema tributario evidenzia “un forte tasso di evasione” che  alimenta “laceranti conflitti distributivi” e si accompagna ad una elevata pressione fiscale, ormai proiettata oltre il 43 per cento, che colloca l’Italia al quarto  posto nella graduatoria dei ventisette paesi Ue, a ridosso delle realtà nordeuropee. A questi fattori si accompagna una distribuzione del prelievo che penalizza i fattori produttivi rispetto alla tassazione dei consumi, dei patrimoni e delle rendite. L’Italia si colloca al primo posto nel prelievo gravante (implicit tax rate) sui redditi da lavoro (con il 42,6 per cento quasi sette punti oltre la media europea); al primo posto in quello sui redditi d’impresa (35,2 per cento, quasi tre volte il livello dell’Irlanda e, comunque, ben oltre il 50 per cento della media Ue); al ventiquattresimo posto (con il 16, 3 per cento) nel prelievo sui consumi, ossia 2,5 punti in meno rispetto alla Unione Europea. E, infine, al nono posto quanto a quota di gettito complessivo derivante dalla tassazione patrimoniale (6,7 per cento, con una flessione di quasi un terzo rispetto alla metà degli anni novanta).

Tornando alla copertura della delega un altro rischio rimarcato dalla Corte è legato ai tagli della spesa sociale: “In molti casi -sottolineano i magistrati contabili- si è in presenza di erogazioni monetarie che fanno parte di una politica nascosta di contrasto alla povertà” e “non appare irragionevole attendersi che i risparmi di un riordino possano risultare in larga parte controbilanciati dalle risorse che sarà necessario mettere in campo per assicurare servizi adeguati ad una prevedibile impennata del fenomeno della non autosufficienza”. Nel complesso, la riduzione della spesa sociale, secondo la Corte dei conti, rischia di “produrre effetti non diversi da quelli derivanti da un prelievo eccessivo e distorto”. Inoltre la ”molteplicità e la rilevanza” degli obiettivi perseguiti dal ddl rendono, secondo la magistratura contabile, ”doveroso interrogarsi sia sull’idoneità dei mezzi di copertura sia sul rischio di un conflitto nella destinazione delle risorse acquisibili”.

Le “incertezze” che gravano sulla copertura del ddl delega per la riforma fiscale rendono “necessario esplorare fonti di gettito nuove, in direzione di basi imponibili personali o reali che non insistano sul lavoro e sulle imprese”, osserva Giampaolino il quale, senza parlare direttamente di patrimoniale, lancia comunque dei messaggi che possono essere letti in quella direzione. In particolare vengono sottolineate le incertezze legate alla “praticabilità di una riforma complessiva del sistema di prelievo, in assenza di una concreta identificazione dei necessari mezzi di copertura”. Secondo la magistratura contabile il ddl “pur nella genericità e nell’indeterminatezza di gran parte dei criteri direttivi, conserva la sua attualità negli obiettivi di riforma del sistema tributario, in linea con le esigenze di ripresa”. Giampaolino ricorda quindi gli effetti finanziari che sono legati alla delega (la clausola di salvaguardia). E sottolinea l’esigenza di approvare “in tempi stringenti” il ddl delega e i relativi decreti attuativi “per impedire che risulti inevitabile l’attivazione della clausola di salvaguardia del taglio automatico e lineare delle agevolazioni”. L’eliminazione dell’Irap, continua Giampaolino, è di ”ardua realizzazione” ed è in contrasto con il federalismo fiscale, che ”attribuisce alle regioni, nell’ambito della loro autonomia impositiva, la potestà di ridurre l’aliquota Irap”.

Inoltre il concordato preventivo biennale, previsto dalla riforma fiscale, rischia di ”trasformarsi, in concreto, in una sorta di mero condono preventivo”. La magistratura contabile lancia quindi un altro allarme, legato al concordato preventivo, e le differenze che verrebbero a nascere tra i lavoratori con partita Iva (a cui è destinato il concordato) e gli altri lavoratori come i dipendenti (che non potranno beneficiare dell’imposizione ‘scontata’). In particolare Giampaolino sottolinea i possibili effetti di ”discriminazione, costituzionalmente rilevanti, che tale particolare regime impositivo potrebbe provocare nei confronti delle restanti categorie di contribuenti che continueranno a essere assoggettate invece all’imposizione analitica”. I risparmi che potrebbero arrivare dalla riduzione della spesa, osserva ancora il presidente della Corte dei Conti, rischiano di essere ”in larga parte controbilanciati” dalle risorse che sarà necessario mettere in campo per assicurare servizi adeguati a una prevedibile impennata del fenomeno della non autosufficienza. La riduzione della spesa sociale, secondo la Corte dei conti, rischia di ”produrre effetti non diversi da quelli derivanti da un prelievo eccessivo e distorto”.

“La strada di una riduzione del perimetro della spesa sociale risulta difficile da percorrere”, spiega il presidente. Ed è difficile prevedere gli effetti delle misure che il ddl prefigura. Inoltre i risparmi effettivamente conseguibili ”dovrebbero risultare effettivamente limitati rispetto alle complessive esigenze poste dal ddl”. Per quanto riguarda il quadro generale, il presidente punta il dito contro ”le forti incertezze che dominano la situazione economica e che rischiano di aggravare gli squilibri di finanza pubblica”. Il presidente della Corte dei conti ha parlato anche dell’ipotesi del condono fiscale: “Quella del condono – ha detto Giampaolino – è una scelta molto politica, specie per l’aspetto che riguarda le conseguenze sul comportamento dei contribuenti”; bisogna però guardare ai risultati dei condoni precedenti (“experientia magistra vitae”). Il presidente ha anche evidenziato come il governo ha già previsto dalla lotta all’evasione nel periodo 2011-2013 incassi per complessivi 35,3 miliardi. Somma che potrebbe essere in parte compromessa da un eventuale ricorso  all’ennesimo condono fiscale.

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