Chi non paga il canone rischia fino a due anni di carcere, ma solo sulla carta. Dal bollettino alla bolletta la musica non cambia: il pagamento del canone è affidato alla buona fede dei cittadini.
Tutto sulla deterrenza. Col nuovo canone Rai, il governo punta sulla dissuasione per arginare il fenomeno dell’evasione e raccogliere maggiori entrate. Tanto da introdurre, in caso di violazioni, sanzioni penali fino a 2 anni che, però, sono quasi impossibili da applicare nel concreto. Per comprendere bene il perché bisogna riavvolgere il nastro e ricapitolare brevemente le puntate precedenti. Come noto, l’ultima legge di stabilità ha modificato le modalità di pagamento del canone Rai: non più tramite bollettino, ma addebitato direttamente nella bolletta elettrica. Questo sulla base della “presunzione di possesso”: in pratica chi risulta titolare di un’utenza elettrica nel luogo in cui ha la residenza anagrafica, è tenuto a pagare il canone perché si presume abbia un apparecchio tv (qui la definizione) in casa. Motivo per cui, ogni anno a partire da quest’anno, chi non ha una televisione dovrà presentare un’autocertificazione in cui dichiara, per l’appunto, di non possederla.
Rischio carcere. E chi autocertifica il falso, dichiarando di non avere un apparecchio tv in casa? Le sanzioni sono disciplinate dall’art. 76 del Dpr n. 445/2000, che a sua volta- questa l’interpretazione, raccolta da Fisco Equo, dell’avvocato Emmanuela Bertucci- rinvia all’art. 483 del codice penale sulla “falsità ideologica commessa dal privato in atto pubblico”, reato punito con la reclusione fino a due anni. Il salto in avanti sul piano della deterrenza è evidente: “Mentre prima bastava non rispondere alla lettera di sollecito punto e basta, ora è necessario fare una dichiarazione ufficiale che, se falsa, porta fino alla reclusione”, commenta a Fisco Equo Mauro Antonelli, dell’Unione nazionale Consumatori. “Se prima il silenzio equivaleva all’evasione- prosegue- adesso equivale al pagamento: non è un cambiamento da poco”. Sull’applicazione in concreto della sanzione i dubbi non mancano. In particolare non è chiaro in che modo si stabilirà la gravità del reato: in primo luogo perché si tratta di un tributo fisso; in secondo luogo perché, come noto, nella bolletta non saranno addebitati i canoni arretrati. “La gravità può dipendere dalla cifra evasa, dal beneficio o dalle circostanze del reato. Ma quali che siano queste circostanze, è difficile immaginare che un giudice possa applicare il massimo della pena” spiega l’avvocato Bertucci. Altro rebus è poi capire come si svolgeranno i controlli. In altre parole, come si accerterà il falso.
Il problema dei controlli. Già, perché secondo quanto disciplinato dal Dpr citato nella legge di stabilità 2016, l’amministrazione è tenuta «ad effettuare idonei controlli, anche a campione, in tutti i casi in cui sorgono fondati dubbi sulla veridicità delle dichiarazioni sostitutive». In che modo? Incrociando le banche dati di anagrafe tributaria, Autorità per l’energia elettrica, il gas e il sistema idrico, Acquirente unico spa, ministero dell’Interno, comuni e «altri soggetti, pubblici o privati» come, ad esempio, le Pay tv o grandi aziende di telecomunicazioni, che però sarebbero tenute a rilasciare informazioni solo di fronte a una richiesta dell’autorità giudiziaria. Ma anche incrociando i dati, non si avrebbe comunque la certezza che il contribuente abbia un televisore in casa. Per accertare l’evasione bisognerebbe entrare in casa: “Devono accertare che hai la tv, non possono passare dalla dichiarazione al penale”, rimarca Mauro Antonelli. Ma per entrare in casa ci sarebbe bisogno di un mandato e quindi dell’autorizzazione del procuratore della Repubblica, il quale di norma rilascia un mandato solo in presenza di gravi indizi di evasione. Un’ipotesi non impossibile, ma piuttosto remota.