Le modifiche apportate dalle direttive UE 2017/2455 e 2019/1995 alla disciplina Iva dell’intero
settore del commercio elettronico e che entreranno formalmente in vigore dal 1° luglio 2021
aprono una ampia riflessione sulla centralità del ruolo del legislatore unionale nella messa a punto
di regimi fiscali parametrati alle esigenze dimensionali delle Pmi. Si tratta di misure in corso di recepimento a livello locale che andranno a ridurre sensibilmente gli adempimenti formali delle Pmi che operano in più stati dell’Ue.
Gli oneri connessi alla compliance fiscale possono, talora, rivelarsi non meno gravosi del
pagamento degli stessi tributi. La presenza in molti sistemi tributari nazionali di normative
farraginose e complesse, unitamente a circolari operative non sempre chiare ed esplicative e di
gravosi adempimenti procedurali concorre ad ingenerare disorientamento ed incertezza nei soggetti
passivi, in particolare in coloro che, per limitate dimensioni aziendali e modesti volumi di affari,
non possono stabilmente avvalersi della consulenza fiscale di professionisti del settore.
Il superamento delle difficoltà operative derivanti dai descritti ostacoli è da tempo in cima
all’agenda delle istituzioni comunitarie convinte che la messa a punto di regimi fiscali rispondenti
alle ridotte esigenze di un certo tipo di imprenditoria sia essenziale per un organico sviluppo del
tessuto economico-produttivo dei singoli Stati e per l’espansione dei traffici a livello unionale.
La Commissione europea ha lanciato svariati progetti per favorire l’armonizzazione di procedure
operative per l’adempimento di taluni obblighi fiscali (tra essi, la predisposizione di un modello
“standardizzato” di dichiarazione IVA: progetto, purtroppo, mai decollato in assenza della
necessaria unanimità degli Stati membri) e la diffusione di iniziative di dialogo, anche informali, tra
le amministrazioni fiscali dei singoli Paesi.
Il settore dell’imposizione indiretta si è rivelato particolarmente sensibile al recepimento di tali
iniziative, specie nell’ambito dell’imposta sul valore aggiunto, tributo largamente “armonizzato” a
livello unionale.
Grazie alla direttiva 112/2006/UE (la direttiva IVA) è stato, difatti, possibile prevedere per le PMI
dei regimi IVA speciali (i cd. “special schemes”) la cui applicazione, sempre opzionale, è
subordinata al fatto che il volume di affari resti al di sotto della soglia preventivamente fissata dal
legislatore.
In altri casi l’agevolazione concessa prevede il completo esonero dal pagamento dell’imposta e,
ovviamente, la conseguente preclusione dell’esercizio del diritto alla detrazione.
Alle agevolazioni concernenti l’an ed il quantum del tributo, si accompagna sempre la previsione di
significativi alleggerimenti degli oneri contabili connessi alla reportistica (fatturazione,
liquidazione, dichiarazione).
L’introduzione di regimi fiscali più favorevoli, sia per la quantificazione del debito tributario che
per gli adempimenti amministrativo-contabili, hanno consentito alle PMI, sulla base dei dati
emergenti dal sondaggio eseguito dai servizi della Commissione europea tra il 2017 ed il 2018, di abbattere fino al 60% i “compliance cost” e, cioè, le spese relative all’adempimento degli oneri tributari.
Da qualche anno l’attenzione delle istituzioni comunitarie si è concentrata sulle sfide tecnologiche
conseguenti alla diffusione dell’e-commerce: se il legislatore unionale è stato lungimirante
nell’intuire la portata rivoluzionaria di tale fenomeno che, in pochi anni, ha soppiantato le
tradizionali linee di business, non meno rilevante è stata la rapidità delle istituzioni comunitarie a
predisporre strategie ed azioni per regolamentarne lo svolgimento.
La dematerializzazione dei processi di business, se non attentamente disciplinata, oltre a favorire
l’insorgenza di fenomeni di evasione e frode fiscale, altera profondamente gli equilibri del mercato,
sovvertendo il corretto svolgersi della concorrenza.
Le ricadute più gravi colpiscono proprio le PMI della UE la cui fetta di mercato è stata
pericolosamente insidiata dalla presenza di operatori extra-UE che collocavano i propri prodotti
all’interno dell’Unione a prezzi concorrenziali non pagando l’IVA.
La lunga riflessione avviata dalle istituzioni comunitarie per riprogettare un sistema di imposizione
IVA tarato sulle esigenze delle PMI e resiliente a fenomeni di elusione ed alterazione della
concorrenza viene riassunta nella comunicazione redatta dalla Commissione europea nel 2016 e
concernente il lancio del Piano d’azione in materia di IVA: “Towards a single EU VAT area – Time
to decide”.
L’obiettivo perseguito – la semplificazione degli obblighi IVA per le imprese operanti nell’e-
commerce transfrontaliero e la garanzia di un level playing field per tutte le aziende operanti in area
unionale – è approdata nella elaborazione del “pacchetto e-commerce” e, cioè, di nuove regole
IVA dirette a disciplinare le cessioni di beni e le prestazioni di servizi erogate in modalità
elettronica nei confronti dei privati consumatori stabiliti nella UE.
Il nuovo assetto regolamentare – articolantesi su più atti normativi tra cui le direttive 2017/2455/UE
e 2019/1995/UE- risponde all’esigenza di fornire una risposta strutturata alle criticità conseguenti
alla crescita esponenziale dell’e-commerce e delle vendite a distanza di beni: da qui l’esigenza di
adattare la normativa IVA vigente onde ridurre al minimo gli oneri gravanti sulle imprese di ridotte
dimensioni e proteggere, al contempo, il gettito fiscale degli Stati membri.
Tra le principali aree di intervento della normativa unionale in vigore dal 1° luglio 2021, e in corso
di recepimento a livello domestico, si segnalano in estrema sintesi le seguenti novità:
• per le microimprese stabilite in uno Stato membro che effettuano prestazioni occasionali in altri
Stati membri viene introdotta una soglia a livello unionale (10.000 euro) entro la quale le predette
prestazioni restano imponibili ai fini dell’IVA nello Stato membro di stabilimento del prestatore (la
soglia, già applicata dal 1° gennaio 2019 ai soli servizi di telecomunicazione, tele-radiodiffusione
ed ai servizi forniti per via elettronica sarà estesa, dal 1° luglio 2021, anche alle vendite a distanza
intracomunitarie di beni);
• i soggetti passivi che effettuano operazioni nei confronti di privati consumatori stabiliti nella UE
possono identificarsi ai fini dell’IVA in un unico Stato membro (Stato membro di identificazione) al
fine di espletarvi tutti gli adempimenti di dichiarazione e versamento. Si amplia, quindi, il previgente regime speciale “MOSS”, entrato in vigore nel 2015 e circoscritto ai soli servizi di telecomunicazione, tele-radiodiffusione ed ai servizi forniti per via elettronica, che diviene il regime “OSS- non UE” e “OSS-UE”;
• l’applicazione del regime speciale per i servizi forniti da soggetti passivi stabiliti nella Unione
europea, ma non nello Stato membro di consumo (OSS-UE scheme) viene esteso alle vendite a
distanza intracomunitarie di beni e alle vendite interne facilitate da piattaforme elettroniche e un
regime speciale analogo viene istituito per le vendite a distanza di beni importati da territori terzi o
Paesi terzi (IOSS). (Sullo stesso argomento si veda l’articolo sul peso delle Pmi in Europa)
Pmi, a luglio in vigore le agevolazioni fiscali Iva in area Ue per il rilancio
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