Solo 500 mila contribuenti delle fasce più ricche hanno utilizzato la nuova normativa. Marginale l’effetto sugli affitti in nero.
di Lelio Violetti
La cedolare secca non ha centrato il suo obiettivo. Anzi, si è rivelata un vero e proprio flop. Mentre gli affitti in nero, infatti, sono rimasti ben nascosti, il provvedimento si è trasformato in un consistente beneficio fiscale per i contribuenti più ricchi. E’ quanto emerge da una analisi di Lef (link) sulle dichiarazioni dei redditi, presentate nel 2012 relative al 2011. Lo studio rivela, infatti, che l’emersione dal sommerso degli affitti in nero, se c’è stata, è stata del tutto marginale. L’incremento del reddito dichiarato nel 2011 è analogo a quelli che ci sono stati negli anni precedenti come se il provvedimento non avesse per nulla contribuito all’ammontare dei redditi da fabbricato dichiarati. I contribuenti che hanno optato per la cedolare secca e che hanno beneficiato dei suoi vantaggi sono poco più di mezzo milione e appartengono in prevalenza alle classi di reddito più alte.
Il provvedimento. La cedolare secca è stata introdotta dall’articolo 3 del Decreto legislativo del 14 marzo 2011 n. 23 – Disposizioni in materia di federalismo Fiscale Municipale e dava la possibilità ai contribuenti di applicare all’imponibile derivante dall’affitto di un immobile, destinato ad abitazione, un’aliquota forfetaria (21% o 19% a seconda del tipo di contratto di locazione) anziché quella marginale legata alla progressività dell’Irpef.
Obiettivi. L’introduzione della cedolare secca sugli affitti da un lato avrebbe dovuto avvantaggiare i contribuenti con reddito elevato, riducendo l’aliquota, dall’altro avrebbe dovuto favorire l’emersione degli immobili affittati in nero senza contratto di locazione registrato.
Strumento contro l’evasione. Nella norma erano previste una serie di disposizioni di contrasto all’evasione che offrivano all’affittuario concreti vantaggi in caso di denuncia della mancata registrazione da parte del locatore sia in termini temporali (durata del contratto: quattro anni dalla data di registrazione) che economici (il canone pattuito se più alto è comunque ridotto al triplo della rendita catastale). Nella convinzione che il vantaggio economico e le misure restrittive in caso di mancata registrazione del contratto avrebbero dovuto incentivare l’uso dello strumento il legislatore aveva previsto un allargamento della base imponibile dichiarata che avrebbe alla fine portato nel 2011 a maggiori entrate per 0,303 miliardi di € risultato della differenza fra le entrate previste per la cedolare secca pari ai a 2,715 miliardi di € e il minor gettito derivante dall’IRPEF pari a 2,412 miliardi di €.
Fallimento. L’analisi dei dati statistici delle dichiarazioni relative all’anno d’imposta 2011 dimostra senza ombra di dubbio che l'”effetto cedolare secca” previsto non c’è stato e che alla fine il bilancio per l’erario è negativo in quanto l’emersione dal sommerso degli affitti in nero, se c’è stata, è stata del tutto marginale. Nel 2011 è proseguito e si è accentuato il fenomeno del trasferimento delle proprietà immobiliari dai contribuenti appartenenti alle classi di reddito più basse a quelli appartenenti alle più alte (al di sopra dei 50.000 €). L’incremento che c’è stato nel 2011 è inferiore a quello dell’anno precedente ed è in linea con l’assunto che l’introduzione della cedolare secca non ha affatto allargato la base imponibile del reddito dei fabbricati.
Per leggere il documento completo: http://fiscoequo.it/documentazione/681-il-fallimento-degli-obiettivi-della-cedolare-secca.html