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venerdì 24 Ottobre 2025
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Agenzie fiscali tra autonomia e obiettivi chiari: oltre il modello burocratico

Definizione di ruoli e obiettivi col ministero, dialogo coi cittadini e autonomia organizzativa: questi i fattori chiave per il buon funzionamento delle agenzie fiscali. A dirlo è Kate Jenkins, massima esperta di modelli agenziali.

Di Radar

Chi cerca un vero esperto di organizzazione delle pubbliche amministrazioni, con un’esperienza sul campo nei processi di riforma e con una specializzazione sul modello delle agenzie, può rivolgersi a Kate Jenkins. Negli anni ‘80 la professoressa inglese ha seguito in prima linea, come responsabile dell’unità organizzativa di monitoraggio, la famosa riforma della pubblica amministrazione britannica, il programma avviato con il report “Improving management in Government: next steps” che ha radicalmente modificato le basi del public management, non solo in Inghilterra, istituzionalizzato il modello delle agenzie, ribaltato l’idea di una monolitica organizzazione ministeriale e dato a quel Paese un’amministrazione pubblica più moderna ed efficace. 

Oggi Kate Jenkins ricopre ancora importanti incarichi nell’Amministrazione inglese e presso centri di ricerca universitari (Visiting Professor nel Government Department della London School of Economics) e, cosa più importante, non ha perso il vizio di studiare e scrivere sul miglioramento della P.A. Anzi, forte della sua esperienza, di recente ha redatto con Jennifer Gold, giovane dottorando dell’Institute for Government, un paper di grande valore proprio sull’evoluzione del modello delle agenzie operative: Unfinished business: where next for Executive Agencies?*.

Si tratta di un contributo determinante per comprendere i motivi originari dell’introduzione stabile del modello per agenzie nell’organizzazione inglese, per esaminare luci e ombre di quella riforma dopo venticinque anni, per tracciare le linee di evoluzione e completare il disegno iniziale.

L’esperienza della Jenkins fornisce al documento un valore aggiunto esportabile anche nell’esperienza italiana delle agenzie fiscali, dove sono state riprodotte, purtroppo in modo parziale e nel solo ambito dell’amministrazione finanziaria, le logiche della gestione mediante autonomous bodies.

Unfinished business ricorda che le agenzie sono state introdotte nell’ordinamento inglese per rinforzare la capacità di dare applicazione alle politiche pubbliche, superare le logiche burocratiche e rafforzare le capacità manageriali di chi ha ruoli operativi e di gestione. Hanno reso possibile un riequilibrio verso le tematiche dell’efficienza dei servizi e dell’attenzione ai bisogni dell’utente, a discapito dell’approccio burocratico del mero rispetto delle procedure. Non hanno rappresentato, come qualcuno sosteneva, la fine del pubblico impiego; hanno invece dato vigore a una nuova classe di manager pubblici volenterosi di realizzare progetti concreti, in linea con le innovazioni tecnologiche e dei servizi.

Impressiona il racconto di Jenkins che, bloccata in ascensore alla fine degli anni Novanta, viene accusata da un dirigente di distruggere il public service inglese. Sono le stesse frasi che la parte più reazionaria della burocrazia italiana continua a rivolgere a chi ha introdotto il modello per agenzie e provato a innovare i tradizionali modelli organizzativi.  

Separazione del livello politico-normativo da quello operativo-applicativo, compiti chiari e obiettivi ben definiti stanno alla base del funzionamento delle agenzie. Organizzazioni disegnate e gestite sulla base della specifica area da presidiare e degli scopi da raggiungere, non un indefinito agglomerato di attività ammnistrative disegnato sulla base di mere esigenze di cassa o di miope convenienza politica. 

Un fattore, quello della focalizzazione delle strutture sugli obiettivi, che il paper non sottovaluta quando registra una generale tendenza ad accorpare agenzie nell’ottica di breve periodo del risparmio e del contenimento dei costi indiretti. Una tendenza che ha riguardato anche le agenzie fiscali italiane e reso meno definiti, rispetto al disegno iniziale, compiti, missioni e obiettivi.

Veniamo ai tre punti di attenzione che Jenkins evidenzia nel suo lavoro di analisi e di evoluzione delle agenzie operative.

Relazione tra agenzie e struttura ministeriale di riferimento. Una chiara distinzione dei ruoli e delle responsabilità è fondamentale. Al Ministro la responsabilità delle scelte politiche, alle agenzie la responsabilità (accountability) delle scelte operative. Comune volontà di realizzare obiettivi concreti; capacità di remare tutti nella stessa direzione. “La teoria che management e politica devono restare separate è dannosa e ingannevole. Apparati ministeriali e ministri non devono essere troppo coinvolti nella gestione quotidiana delle agenzie, riducendo nei fatti l’esercizio delle funzioni operative delegate alle agenzie. Al contrario, dove le decisioni di alto livello sono demandate alle agenzie, il rischio è che le stesse restino isolate dalle strutture ministeriali”.

Relazione tra agenzie e cittadini-utenti. Una corretta relazione con le strutture ministeriali deve consentire alle agenzie di concentrarsi sulle esigenze dei cittadini, i veri protagonisti della scena. Senza una costante consapevolezza della centralità degli utenti prende il sopravvento la burocrazia e le procedure interne. Troppo spesso le agenzie sembrano più attente a soddisfare meri aspetti formali che riguardano la relazione con l’autorità politica che le reali esigenze dei cittadini a cui erogano servizi.

Relazione con il governo e con le strutture della funzione pubblica. Su questo punto il paper è chiaro. Il governo deve supportare le agenzie non dirigerle o governarle direttamente.

I suggerimenti e i punti critici posti in evidenza dal Kate Jenkins per l’evoluzione delle agenzie inglesi risultano di straordinaria attualità oggi anche per l’evoluzione delle agenzie fiscali italiane. Perché il modello funzioni serve un corretto equilibrio di poteri, deleghe e responsabilità e strutture ministeriali organizzate per assicurare una buona relazione tra strategia e gestione dei processi di implementazione. Si potrebbe proprio partire da queste considerazioni per aprire un confronto vero sull’evoluzione del modello, sul suo naturale sviluppo sulla base delle migliori esperienze internazionali. Basta volerlo provando ad alzare lo sguardo.

 

*Il documento è disponibile sul sito internet dell’Institute for Government: 

www.instituteforgovernment.org.uk/sites/default/files/publications/Unfinished%20Business.pdf

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