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venerdì 24 Ottobre 2025
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Confindustria, pressione fiscale record nel 2013 Italia in recessione

Le stime degli industriali: «Tra due anni raggiungerà
il 45,5% del Pil. Quella effettiva oltre il 54%». Sul lavoro: «Quasi un milione di posti in meno in due anni». Pil in calo nel 2012. Italia per la quinta volta in recessione dal 1980

Pressione fiscale al 45,5% del Pil nel 2013, Italia in recessione nel 2012, la quinta dal 1980. Molte aziende a rischio. «L’inverno della recessione» è arrivato e in Italia sarà più marcato: nel 2012 il Pil chiuderà, infatti, con un -1,6% a cui seguirà, nel 2013, un recupero «molto parziale», dello 0,6%. Sono le previsioni del Centro Studi di Confindustria a certificare così, ad appena due anni dall’ultima crisi, il nuovo brusco stop nella crescita dell’economia italiana che risulterà la più colpita nella media dell’Eurozona. Un rallentamento, dicono gli economisti di viale dell’Astronomia, che è cominciato nell’estate del 2011 e che peggiorerà fino alla prossima primavera cumulando una perdita complessiva di Pil «di 2 punti percentuali» mentre a fine 2013 il prodotto nazionale si attesterà «ancora ad un livello di -5,7 punti percentuali sotto il picco pre-crisi». La pressione fiscale inoltre «raggiungerà livelli record: 45,5% del Pil tra due anni, inclusi i tagli alle agevolazioni fiscali che dovranno scattare a partire dall’ultima parte del 2012. La pressione effettiva, che esclude il sommerso dal denominatore, supera abbondantemente il 54%».

 

La crisi economica. A scatenare il deterioramento del quadro economico globale, già fiaccato dalla caduta nel 2008-2009, «la crisi dei debiti sovrani accompagnata e potenziata dalla frenata dei paesi emergenti, dagli effetti delle politiche di bilancio restrittive e dal peggioramento delle ragioni di scambio causato dai rincari delle materie prime». E la turbolenza dei mercati finanziari ha «riflesso il peggioramento accelerandone la diffusione nella percezione degli operatori economici la cui fiducia è scesa rapidamente, facendo ridimensionare i piani di spesa di famiglie e imprese».

La già debole crescita italiana, infatti, si è contratta a partire dal terzo trimestre 2011 e fino a tutta la prima metà del 2012 il Pil è previsto scendere ad un ritmo medio dello 0,5%. Ma a partire dalla seconda metà del 2012 le variazioni congiunturali del Pil potrebbero tornare positive: «ciò accadrà nell’ipotesi più probabile che sia affrontata in modo risolutivo la crisi dei debiti sovrani dell’Eurozona, con il gioco cooperativo tra stati e istituzioni, rientrino rapidamente le tensioni sui tassi di interesse a lungo termine e siano ripristinare le condizioni operative normali del credito e torni la fiducia tra le imprese». Ma Confindustria ha indicato anche lo scenario peggiore: se crollasse l’euro le quattro maggiori economie dell’Eurozona denuncerebbero un tracollo del Pil tra il 25-50% e svanirebbero tra i 6 ed i 9 mln di posti di lavoro per ciascun paese. Sarebbe un default per tutti, Germania compresa. L’Europa «è ad un bivio», avvertono gli economisti di Confindustria: o sceglie il dissolvimento dell’euro o imbocca un rientro in tempi brevi dalle insostenbili tensioni sui titoli sovrani per spingere la ripresa per metà 2012. «Non ci sono mezze misure e sono inconcepibili vie intermedie».

Pressione fiscale. Pressione fiscale da record dunque. Salirà al 45,1% nel 2012 e schizzerà al 45,5% del Pil nel 2013. Ma la pressione effettiva «supera abbondantemente il 54%». Lo dice il Centro Studi di Confindustria sollecitando una riforma fiscale e lotta all’evasione.

Consumi. Male anche i consumi, in calo dell’1% nel 2012 e in lieve recupero dello 0,4% nel 2013: un risultato che porterà una nuova erosione del risparmio, difficilmente comprimibile ancora, visto che «la propensione alla parsimonia ha raggiunto all’inizio del 2011 il minimo storico».

Occupazione. Il 2012 sarà un anno drammatico sul fronte del lavoro: la disoccupazione potrà raggiungere il 9% a fine del prossimo anno e mantenersi su questo livello per tutto il 2013. Occupazione dunque in calo per i prossimi 2 anni: si contrarrà dello 0,6% nel 2012 e dello 0,2% nel 2013 con una perdita complessiva di 957 mila posti di lavoro pari a oltre 800 mila occupati in meno a fine 2013 rispetto all’inizio del 2008. Falcidiati i posti di lavoro dei giovani: tra la metà del 2008 e quella del 2011 per lavoratori di 15-24 anni la perdita è stata del 24,4% e del 13,3% quella per la fascia 25-34 anni. Penalizzato chi ha una minore istruzione (-10,6%), dicono gli economisti di viale dell’Astronomia. E con la recessione e la conseguente caduta dei livelli produttivi, calcola Confindustria, sarà sempre più difficile per le aziende difendere il capitale umano. La sovraoccupazione che deriverà da uno stallo dell’attività produttiva renderà «sempre meno conveniente e razionale il comportamento di molte imprese di avvalersi degli ammortizzatori sociali pur di non disperdere il patrimonio occupazionale».

Nel 2012, invece, «è molto probabile che si attenui il reintegro delle persone in Cig e che aumentino i licenziamenti». Aumenterà dunque il rischio, continuano gli economisti di Confindustria, «che il grado di reintegro dei cassintegrati scenda sotto il 73,6% registrato nel 2010». Se così fosse, continueranno ad aumentare anche i lavoratori in mobilità che già nel giugno scorso erano aumentati del 22,6%(141 mila) rispetto a 2 anni prima.

Manovra salva Italia. Il centro studi di Confindustria infine si occupa dei provvedimenti del governo Monti. «Obiettivi più credibili» con il decreto salva-Italia, che «potrà consentire il pareggio di bilancio nel 2013». Le manovre frenano il Pil (che altrimenti sarebbe positivo nel 2012) ma senza saremmo in «un percorso pre-fallimentare».C’è spazio per non cedere al pessimismo e «scommettere» dunque sulla possibilità di una «ripartenza» tra sei mesi. La sfida, secondo il CsC, «è preparare oggi le condizioni per avere la ripartenza tra un semestre, in modo da far tornare il segno positivo nella variazione del Pil nel 2013. La politica in Europa e anche in Italia ha cominciato a dare risposte adeguate». Anche se, per gli economisti di viale dell’Astronomia, «il lieto fine per l’Italia non può consistere solo nello scampato pericolo del dissolvimento della moneta unica, cui il Paese può fornire l’innesco, ma dal ritorno all’alta crescita» che si stimola con una «breve e fitta stagione di riforme».

Il commento del ministro Passera. «Il disagio legato al mondo del lavoro è vicino all’insosteniblità», ammette il ministro dello Sviluppo economico, Corrado Passera commentando i dati di Confindustria. «Se sommiamo il disagio degli inoccupati, che neppure lo cercano un lavoro, dei lavoratori in Cig e del grande mondo dei sottooccupati ci rendiamo contro che una quota rilevante della società oggi ha gravi preoccupazioni legate al lavoro». «Siamo in recessione – ha poi aggiunto il ministro – ma dobbiamo e possiamo uscirne. L’italia ha numeri e capacità per farlo e poter parlare di crescita». Per Passera infine, «senza crescita anche gli altri punti del programma Monti diventano ineseguibili. Senza crescita anche l’equità e il rigore diventano obiettivi irraggiungibili e irrealizzabili».

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