Le entrate tributarie e contributive dell’aggregato della Pubblica Amministrazione hanno fatto registrare nel 2024 un incremento considerevole (50 miliardi rispetto al 2023), superiore di oltre 8 miliardi rispetto alle attese. La pressione fiscale ha dunque raggiunto, con un incremento di oltre un punto percentuale rispetto al 2023, il 42,6 per cento del Pil. A spingere la pressione fiscale ha contribuito anche una crescita del Pil estremamente contenuta (2,9 in termini nominali e 0,7 in termini reali rispetto al 2023). Più significativa del previsto si è rivelata la crescita delle imposte dirette, +6,6 per cento contro il 5,1 per cento della NTI, mentre si attenua in termini di variazione (ma non in termini di prodotto) quella delle imposte indirette (+6,1 per cento).
All’aumento delle imposte in conto capitale, +13 per cento rispetto al 2023 (fino a raggiungere 1,8 miliardi in valore assoluto), si è accompagnata una forte riduzione (-78,4 per cento) delle altre entrate in conto capitale il cui andamento continua a risentire in modo sostanziale dell’evoluzione della spesa del PNRR finanziata da sovvenzioni dell’Unione europea, rilevate per competenza.
In aumento del 4,3 per cento le entrate contributive che segnano una crescita di due decimi di punto in termini di prodotto, collocandosi al 12,8 per cento.
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Per una lettura più attenta delle caratteristiche del risultato del 2024 è utile riferirsi ai risultati del bilancio statale in termini finanziari. Le entrate tributarie del Titolo I costituiscono la parte preponderante delle entrate finali (pari a circa l’84 per cento), seguite da quelle extratributarie del Titolo II (15,4 per cento). Dai dati di preconsuntivo 2024, le entrate finali accertate per il bilancio statale assommano a 778,6 miliardi di euro, di cui 653 miliardi rivenienti dal Titolo I (al lordo delle entrate da accertamento e controllo e dei ruoli) e 119,7 miliardi dal Titolo II.
Per quanto riguarda le entrate tributarie, l’aumento in termini di competenza giuridica è stato pari a 35 miliardi (+6 per cento) per le attività ordinarie, cioè al netto delle entrate da accertamento e controllo (“ruoli”). Per la componente “ruoli”, sempre in termini di competenza giuridica, risulta invece una diminuzione del 2 per cento (41,1 miliardi; -0,6 miliardi rispetto al 2023), mentre le attività di accertamento e controllo mostrano una più marcata flessione del 5 per cento (8,7 miliardi; -0,4 miliardi rispetto al 2023). Per l’Irpef, in particolare, l’andamento al rialzo (+14,2 miliardi; +6,4 per cento) è trainato dalle ritenute sui redditi di lavoro dipendente, verosimilmente in relazione non solo ai rinnovi contrattuali, ma anche alla prosecuzione dell’aumento occupazionale registrato dall’ISTAT. Fattori, questi ultimi, che si riverberano anche sui versamenti contributivi, oltre che sul prelievo fiscale.
Per questa voce di entrata, una quota rilevante, sia in termini relativi, sia in termini assoluti, continua ad essere costituita dall’apporto dell’impiego pubblico, che si affianca a quello dell’impiego privato (nel 2024, le ritenute sui dipendenti del settore pubblico, pari a 94,1 miliardi circa, costituiscono il 45,3 per cento del totale, laddove quelle sui dipendenti del settore privato, pari a 99,2 miliardi circa, costituiscono il 47,8 per cento e quelle sui lavoratori autonomi, pari a 14,3 miliardi circa, rappresentano il 6,9 per cento). Nel loro complesso, le tre ritenute costituiscono l’88 per cento dell’Irpef da attività ordinarie.
Spicca il calo del saldo Irpef osservato nel 2024 (-1,4 miliardi; -16,5 per cento), di cui andrebbe meglio indagata una eventuale correlazione con l’ampliamento della platea di contribuenti che rientrano nei regimi forfetari o nella migrazione verso le sostitutive. Peraltro, esso appare pressoché integralmente compensato dall’aumento dell’acconto (+1,3 miliardi; +8,1 per cento) ed ampiamente assorbito dal già menzionato favorevole andamento delle ritenute sui lavoratori (+ 5,9 pubblici; +8,0 privati; +8,2 autonomi).
Va osservato che sul buon andamento dell’Irpef ha inciso, oltre all’espansione dell’occupazione e ai rinnovi contrattuali, anche il fenomeno del fiscal drag.
Il fenomeno del drenaggio di imposta – dovuto allo slittamento puramente monetario dei redditi che fronteggiano aliquote medie crescenti – ha ripreso importanza dopo la fiammata inflazionistica del periodo 2022-2023 ed è stato tale da annullare, secondo le stime dell’Ufficio Parlamentare di Bilancio8, i benefici delle modifiche normative che avevano l’obiettivo di ridurre l’imposizione diretta sulle persone fisiche. Con l’eccezione dei contribuenti appartenenti al 20 per cento più basso della distribuzione, questo effetto è visibile per tutte le tipologie di reddito.
Quanto all’impennata delle sostitutive sui redditi nonché ritenute su interessi e altri redditi di capitale (+8,2 miliardi, +82,6 per cento); il maggior aumento pari a 4,3 miliardi (+328 per cento) è riferito ai soli interessi e premi corrisposti da istituti di credito. Come già osservato in sede di esame del PSB, l’incremento appare correlabile al favorevole andamento dei mercati finanziari, che hanno visto crescere, in particolare, i prelievi sugli interessi e premi erogati dagli istituti bancari, i prelievi sugli attivi dei fondi pensione e quelli sulle plusvalenze.
Si è confermato, ancora, il positivo risultato dell’IRES che ha fatto registrare, in chiusura del 2024, 5,8 miliardi di maggiori introiti accertati per competenza giuridica rispetto al 2023 (+11,3 per cento), di cui la maggior parte riferiti all’acconto (+5,3 miliardi; +14,6 per cento). Il dato, per quanto positivo (anch’esso riferito alle attività in via ordinaria), continua a dover essere considerato con la dovuta prudenza, essendo influenzato dal ciclo economico e sensibile, nella concreta situazione italiana, anche al risultato di alcuni primari contribuenti in forma societaria, stante la non elevata cardinalità della platea di contribuenti interessata.
Per quanto in lenta decelerazione rispetto al periodo 2021-2023, l’espansione del settore delle costruzioni (+1,2 per cento l’incremento del valore aggiunto a prezzi base), sostenuta dai regimi di favore per le ristrutturazioni edilizie e di efficienza energetica e dalle spese infrastrutturali legate al PNRR, sembra perdurare. Ne è indiretta testimonianza l’andamento del gettito per le ritenute di acconto sui bonifici legati a spese per cui si chiede un regime di favore, le quali hanno visto un incremento nel corso del 2024 (anche in relazione al blocco del cosiddetto sconto in fattura) che sembra proseguire nei primi mesi del 20259.
All’incremento del gettito Ires ha contribuito anche l’abolizione della misura “Aiuto alla crescita economica” (articolo 5, d.lgs. 216/2023), anche se in modo ancora moderato, dato che per il 2024 era ancora ingente lo stock di deduzioni pregresse da portare in diminuzione dall’imponibile.
Con riguardo all’IVA, le attività ordinarie (180,8 miliardi) mostrano una moderata crescita dell’accertato (+5,9 miliardi; +3,4 per cento), frutto della sola componente relativa agli scambi interni (162,4 miliardi; +6,2 miliardi, +4,0 per cento) di cui ben 17,6 miliardi (+1,1 miliardi, +6,4 per cento) riveniente dai versamenti delle P.A. a titolo di split payment (che rappresentano, così, il 10,8 per cento degli scambi interni). La restante parte (18,4 miliardi), derivante dal prelievo sulle importazioni, è invece in calo rispetto all’anno precedente (-0,3 miliardi; –1,5 per cento).
L’evoluzione del tributo andrà, quindi, seguita nel corso dei prossimi mesi, tanto più nell’attuale rapida e imprevedibile evoluzione dello scenario del commercio mondiale.
Al riguardo, merita segnalare che, secondo i dati dell’Agenzia delle dogane e dei monopoli, l’IVA derivante dall’attività del settore dogane si è assestata nel 2024 a 22,4 miliardi (-0,8 per cento), mentre i dazi a 3,6 miliardi (in crescita del 3 per cento). Ammonta a 261,4 miliardi il valore delle importazioni (di cui 65,8 da paesi extra UE), in calo nel complesso del 2 per cento, e a 345,5 quello delle esportazioni (di cui 96,7 verso paesi extra UE), in aumento del 6,4 per cento.
Si confermano in lieve crescita anche le imposte sulle transazioni, peraltro di ordini di grandezza non significativi.
Tra di esse, fa eccezione l’imposta di bollo, che negli ultimi due anni ha fatto rilevare oscillazioni impreviste e non trascurabili: nel 2023, una contrazione di -0,8 miliardi di euro in termini di accertamenti, pari a -10,7 per cento rispetto al 2022 (-649 milioni in termini di cassa, pari a -8,6 per cento), tanto da far presagire un possibile riassetto latente della base imponibile; nel 2024, un aumento di +2 miliardi (+29,9 per cento), ricollegabile in larga misura al prelievo proporzionale sui depositi favorito dalla congiuntura del rialzo dei tassi. Considerata l’entità e la natura delle variazioni, sarà opportuno seguirne attentamente l’evoluzione.
Non sorprende il previsto calo di 0,4 miliardi (-21 per cento) relativo al canone RAI del 2024, frutto di apposita misura. Trascurabili, per il saldo in termini di valore assoluto, le variazioni degli altri tributi. Stabile il prelievo sui tabacchi (11,3 miliardi; +2,8 per cento nel 2024).
In calo il prelievo relativo alle accise sull’energia elettrica (-0,2 miliardi; -8,5 per cento) e sul gas naturale per combustione (-0,7 miliardi; – 24,2 per cento), laddove l’accisa sui prodotti energetici si attesta su un gettito di 25,8 miliardi (+0,5 miliardi; +2,1 per cento). Per completezza, va anche annotato che il settore dei giochi di competenza della Agenzia delle dogane e dei monopoli ha prodotto complessivamente nel 2024 un gettito di 11,6 miliardi imputati in parte alle entrate tributarie e in parte a quelle extratributarie, con una lievissima flessione pari a -0,6 per cento rispetto all’anno precedente.
Contrasto all’evasione
I magistrati contabili rilevano che l’exploit di introiti conseguito nell’esercizio 2024 è in gran parte riconducibile a mera attività di controllo automatizzato di liquidazione e non già ad attività di controllo sostanziale, cioè di effettiva individuazione di maggiori basi imponibili rispetto a quelle dichiarate.
Per tale ragione una replica del risultato finanziario del 2024 negli anni successivi “potrebbe incontrare crescenti difficoltà, in assenza di un forte incremento dell’attività di controllo sostanziale che interessi tutte le aree ove notoriamente si addensano i fenomeni evasivi”.
Quanto al miglioramento della tax compliance, si ricorda come nel settore IVA tale miglioramento, che pure riflette una tendenza europea manifestatasi fino al 2022, si ricollega in gran parte all’introduzione negli anni passati in Italia del reverse charge, dello split payment, della fatturazione elettronica e al diffondersi dei pagamenti digitali. Pur in presenza di tali importanti strumenti, le stime più recenti della Commissione europea indicano un nuovo non trascurabile incremento del gap IVA per il 2023 (14,74 per cento), in una graduatoria che continua a collocare l’Italia tra gli ultimi posti tra i paesi dell’Unione e sempre a notevole distanza dai livelli di evasione più contenuti che caratterizzano i principali Stati membri.
Ciò senza considerare l’andamento dell’evasione Irpef nel settore delle attività professionali e delle imprese individuali che sembrerebbe continuare ad attestarsi sulla misura, preoccupante, del 65 per cento. ”Alla luce di tali considerazioni – conclude il documento – non può che auspicarsi un rinnovato impulso alle attività volte a favorire l’adempimento spontaneo e a contrastare l’evasione fiscale”.