di Luciano Cerasa
L’addio a Equitalia è fissato dal primo luglio prossimo. Arrivano le comunicazioni trimestrali Iva delle fatture emesse, la rottamazione delle cartelle esattoriali e anche delle multe, ma solo per quanto riguarda gli interessi e le maggiorazioni per ritardato pagamento. Si riapre la voluntary disclosure con le stesse regole della precedente edizione, comprese per il contante. Il decreto fiscale del governo, bollinato dalla ragioneria e firmato dal presidente della Repubblica, è ora legge dello Stato, sebbene non si comprenda l’ennesimo ricorso alla decretazione d’urgenza, che la nostra Costituzione limita di fatto a poche fattispecie, per norme di carattere tributario che dovrebbero essere fisiologicamente inserite nella legge di bilancio. Le misure dovrebbero garantire, secondo i calcoli del Mef, entrate per 4,26 miliardi che verranno trasformate in coperture di spesa per gli anni a venire dalla finanziaria. La manovra è ora all’esame della Commissione europea. Ancora una volta i presunti proventi realizzati con la lotta all’evasione vengono inseriti in bilancio come fossero entrate certe. In passato è stato proprio questo uno dei motivi per i quali Bruxelles ha chiesto l’applicazione di quelle clausole di salvaguardia che ancora pesano come una spada di Damocle sulla contabilità nazionale e che anche quest’anno hanno assorbito gran parte delle risorse della manovra per disinnescarle. Le speranze del governo per future entrate si poggiano sull’introduzione delle comunicazioni trimestrali Iva delle fatture emesse e ricevute, che dovrebbero ridurre un tax gap dei mancati versamenti dell’imposta dichiarata quantificato dall’Agenzia delle Entrate in 40 miliardi di euro. Un dispositivo che da una prima lettura evidenzia molte falle. Nulla si prevede infatti per la comunicazione dei corrispettivi, salvo quelli realizzati mediante distributori automatici. In pratica verrebbe a mancare all’appello la parte maggiore delle imprese che evadono grossolanamente. Rispetto a coloro che operano verso il consumatore finale, le uniche informazioni che perverranno all’Agenzia saranno quelle relative alle fatture emesse nei loro confronti dai fornitori.
Il decreto allenta contestualmente i vincoli sulle comunicazioni esistenti, con la riduzione di una serie di adempimenti. Addio quindi alle comunicazioni dei dati sugli acquisti intracomunitari dei beni e per operazioni in paesi black list. Inoltre il termine per la presentazione della dichiarazione Iva si allunga fino al 30 aprile. Se queste possono essere considerate, con buona volontà, misure da cui provengono entrate strutturali, non altrettanto si può dire sicuramente per la rottamazione dei ruoli di Equitalia e per la Voluntary disclosure bis. L’amministratore delegato dell’agente della riscossione ha quantificato, in una recente audizione davanti alla Commissione finanze del Senato, in solo 51 miliardi il valore delle cartelle effettivamente riscuotibili, sui mille e 53 miliardi affidati a Equitalia dal 2000 al 2015. In pratica il 5% dell’ammontare evaso affidato alla riscossione. Si tratta di contribuenti infedeli che avrebbero pagato comunque e ai quali il governo ha deciso evidentemente di concedere uno sconto.
Anche le multe per infrazione al codice della strada avranno la loro sanatoria, come successo già in un analogo provvedimento del 2004 in un periodo in cui i condoni andavano assai di moda. Dopo le polemiche sollecitate dall’intenzione del governo di concedere una flat tax con un’aliquota fissa del 35% a chi avesse fatto “riemergere” il contante nascosto a vario titolo lontano dagli occhi del fisco e della magistratura, l’adesione volontaria al rientro dei capitali viene confermata nella veste dell’edizione precedente. Il timore di fornire un formidabile strumento alla criminalità più o meno organizzata per riciclare il denaro sporco detenuto in Italia ha fatto premio questa volta sulla volontà di fare cassa. Ma sarà ben difficile raggiungere l’obiettivo fissato di nuove entrate per 2 miliardi con la sola adesione dall’estero, dopo che il fondo del barile è già stato abbondantemente raschiato condonando finora 60 miliardi di imponibile proveniente in gran parte dalla vicina Svizzera.
La misura di maggior impatto mediatico contenuta nel nuovo decreto fiscale rimane senza dubbio la riedizione di Equitalia sotto altre vesti. La vera novità è il rafforzamento del potere di Palazzo Chigi sul controllo della riscossione. Lo statuto del nuovo ente pubblico economico, in cui confluiranno personale e strutture di Equitalia con una procedura di dubbia legittimità, sarà infatti elaborato dal ministero dell’Economia e promulgato con un decreto dello stesso presidente del Consiglio. In pratica un’anticipazione del rafforzamento dei meccanismi di controllo e di gestione delle agenzie fiscali e di altri istituti della pubblica amministrazione da parte della presidenza del Consiglio, previsti dalla futura riforma che porta il nome della ministra Madia. In questo caso la messa sotto tutela del ministero dell’Economia da parte del presidente del Consiglio è evidente.
E’ prevedibile che La lunga fase di ristrutturazione e il passaggio di poteri di Equitalia a palazzo Chigi, proprio contestualmente alla rottamazione delle cartelle esattoriali e alla riapertura dei termini per il rientro agevolato dei capitali all’estero, comporterà un sostanziale, ulteriore rallentamento dell’attività di controllo, accertamento e riscossione dell’Agenzia delle Entrate a beneficio dei soliti noti non perseguiti dal fisco.













