Il vice presidente della Corte Costituzionale alla consegna del premio Lef tesi di laurea: “il potere pubblico incapace di fornire servizi ad un costo accettabile”
La pressione fiscale nel nostro paese è “troppo alta”. Occorre perciò ridurla “eliminando gli sprechi” nella spesa pubblica e “recuperando l’evasione”. Il vice presidente della Corte Costituzionale Franco Gallo, intervenendo alla consegna del premio Lef per le migliori tesi di laurea in materia tributaria, ha evidenziato l’incapacità del potere pubblico di fornire servizi ad un costo accettabile, ma ha messo in guardia dalla scorciatoia di puntare allo “Stato minimo” a discapito di quello “sociale”. Nella sua lectio magistralis Gallo, nell’affrontare il tema del tributo quale strumento di giustizia distributiva, ha sottolineato che, «in una situazione, come l’attuale, caratterizzata dall’aumento delle disuguaglianze e delle pratiche corruttive lo Stato dovrebbe spogliarsi della veste di Leviatano amministrativo e sempre più spesso richiamarsi ai grandi valori etici, di moralità collettiva, di sussidiarietà e di rispetto della dignità umana».In particolare ha messo in evidenza come le disuguaglianze producano l’effetto di trasferire in capo allo Stato e alle sue articolazioni territoriali la responsabilità delle politiche sociali di spesa e fiscali dirette a rimuovere le cause di ingiustizia distributiva socialmente e moralmente inaccettabili. In questa ottica solidaristica ed egualitaria, propria dei sistemi improntati al moderno costituzionalismo partecipativo, risulta evidente la stretta correlazione tra giustizia fiscale e giustizia sociale, e cioè tra il prelievo tributario e le spese pubbliche che connotano lo stato sociale.
E’ da tale correlazione che trae origine il corollario di politica fiscale, per cui le imposte che siano rispettose del principio di uguaglianza e non intacchino il minimo vitale non possono rappresentare un disvalore sociale in sé. Esse si considerano alte o basse, opportune o meno non in assoluto ma in funzione della qualità, del gradimento e dell’efficacia della spesa pubblica e sociale con esse finanziata; che è come dire della maggiore o minore soddisfazione che la politica della spesa produce presso l’utente-contribuente. Se – come avviene nella presente congiuntura – la pressione tributaria è molto, troppo alta, ciò dipende dall’elevatezza, e insieme, dall’inefficienza della spesa pubblica o, meglio, dall’incapacità del potere pubblico di fornire correttamente servizi essenziali ad un costo accettabile e, comunque, non eccessivo. La pressione andrebbe, perciò, ridotta in conseguenza della riduzione della spesa, della lotta agli sprechi e del recupero dell’evasione, ma non al solo fine di realizzare forzatamente, affamando lo Stato, il modello dello “Stato minimo” a detrimento di quello “sociale”.