Pensavano di essere finiti tra gli 11,9 milioni di fortunati contribuenti che avevano maturato il diritto di ricevere in busta paga il “bonus Irpef” gli 80 euro mensili. E magari meditavano di mostrare riconoscenza alla prima occasione, alle elezioni o alle primarie, a quel presidente del Consiglio che sembrava aver teso la mano per primo alle famiglie della classe media, mentre con l’altra gli prosciugava lo stipendio con nuove tasse, rincari della benzina, delle autostrade e delle bollette. Purtroppo per oltre un milione e 730mila “aventi diritto” il sogno di tenersi la meritata paghetta si è infranto contro un muro alla prima dichiarazione dei redditi. L’arida statistica pubblicata dal ministero dell’Economia riferita al 2015 parla chiaro: circa 966mila hanno dovuto restituire integralmente il bonus incassato, sotto forma di maggiore imposta o mancate detrazioni in sede di dichiarazione e altri 765mila sono stati costretti a farlo parzialmente. Il meccanismo di calcolo previsto dalla legge è implacabile: Il beneficio è riservato solo a chi ha avuto un reddito compreso tra gli 8mila e i 26mila euro lordi. Se nel corso dell’anno si va al di sopra o al di sotto di queste soglie, si perde il diritto agli 80 euro e bisogna restituirli all’Agenzia delle Entrate, non a rate come li hai ricevuti, ma in un’unica soluzione. Per far scattare la tagliola del fisco ci vuole poco, basta una detrazione o un assegno familiare in più per sfondare il tetto della fascia protetta. I cosiddetti “incapienti”, quelli che hanno un reddito così misero, compreso tra 0 e 8mila euro, da non doverci pagare sopra le tasse erano già fuori dal raggio d’azione della generosità governativa. D’altra parte in genere sono anche quelli che hanno meno propensione al voto. A finire nell’ingranaggio della restituzione del bonus sono stati così prima di tutto coloro che, per un motivo o per un altro, si sono ritrovati a percepire un reddito addirittura al di sotto degli 8mila euro l’anno al lordo delle imposte. I motivi possono essere vari e tutti negativi. Tra coloro che hanno dovuto rifondere la somma c’è chi ha perso il lavoro o perché la sua azienda non l’ha pagato, come risulta dall’ampia casistica raccolta tra i nostri lettori. Sono almeno 500mila gli italiani che, secondo le tabelle del Mef, hanno dovuto restituire il bonus da 80 euro non perché il loro reddito è cresciuto, ma perché è crollato sotto la soglia di povertà. Per l’ex presidente del Consiglio, impegnato nei prossimi mesi a vincere a tutti i costi le primarie del Pd contro agguerriti concorrenti intenzionati per lo più a giocare nel ruolo di ala sinistra, i numeri forniti dal ministro Padoan potrebbero avere serie ripercussioni. Alle primarie del 2013 Mattero Renzi ha raccolto un milione e 895 mila voti. Quanti tra coloro che si sono messi allora in fila ai gazebo per sostenere il grande rottamatore hanno dovuto restituire il bonus annuale, già abbondantemente speso mese per mese tra supermercato, affitto e pizzetta del sabato sera? Il rischio di pagare un conto salato anche tra gli ex sostenitori, disillusi e ora molto arrabbiati, potrebbe essere alto. Per il resto le statistiche del Ministero dell’Economia per il 2015 confermano il trend degli ultimi anni che ha visto costantemente spostarsi, come rilevato da uno studio di Lef, il peso complessivo dell’Irpef sul lavoro dipendente e i pensionati. I redditi da lavoro dipendente e da pensione rappresentano circa l’ 82% del reddito complessivo dichiarato. I lavoratori autonomi hanno nell’insieme il reddito medio più elevato, pari a 38.290 euro, ma quello dichiarato dagli imprenditori scende a 19.990 euro. Il reddito medio dichiarato dai lavoratori dipendenti è pari a 20.660 euro, quello dei pensionati a 16.870 euro e, infine, il reddito medio da partecipazione in società di persone e assimilate risulta solo di 17.020 euro.
Irpef: Gli 80 euro, la beffa restituzione e lo studio di Lef (Il Fatto Quotidiano)
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