Di Lelio Violetti
La serie storica dei dati dichiarati dai contribuenti non mostra in questi ultimi anni alcuna inversione di tendenza nel contrasto all’evasione, con una sola eccezione tra il 2006 e il 2007. E’ questa una delle conclusioni che emergono dall’Indagine conoscitiva condotta da Lef sulla struttura dell’imposta sul reddito delle persone fisiche riferita agli anni d’imposta 2003-2014, realizzata sui dati statistici delle dichiarazioni dei redditi pubblicati annualmente sul sito del Dipartimento delle Finanze e giunta ormai alla quarta edizione. In particolare l’Indagine sull’Irpef rileva che chi ha sottratto illegalmente denaro al fisco ed è stato colto in flagrante, non ha modificato il suo comportamento ed ha continuato a dichiarare (e a evadere) allo stesso modo anche per gli anni successivi. Tutto questo pur in presenza di un inasprimento della “lotta all’evasione”, che ha portato, a detta di quanto reso noto in modo trionfalistico dal governo, ad un aumento significativo del gettito recuperato. Dalla serie storica emerge, infatti, che nella mappa reddituale c’è stata una sola discontinuità nel biennio 2006-2007 conseguente le norme di contrasto all’evasione, introdotte dal Decreto Legge 4 luglio 2006 n. 223, cosiddetto decreto Bersani-Visco; inversione di tendenza subito annullata con l’abrogazione di queste misure nel biennio 2008-2009 da parte del successivo governo Berlusconi. Un altro fenomeno che caratterizza l’Irpef, in questo ultimo periodo, e scarsamente considerato dagli analisti, è quello della graduale uscita di diverse tipologie di reddito dalla progressività di questa imposta (redditi da capitale, cedolare secca, minimi, ecc.). Come evidenziato nel nostro rapporto questi redditi sono arrivati nel 2014 a 24miliardi di euro pari al 3% del reddito complessivo dichiarato. Manca, a mio parere, infine una corretta valutazione dei costi amministrativi relativi alla gestione dell’imposta che è forse la principale criticità che caratterizza la nostra Irpef. Mentre l’evasione è sempre più un fenomeno di massa la cosiddetta “stagione delle dichiarazioni” impegna in Italia milioni di persone, tra contribuenti, CAF e consulenti, per un lungo periodo di tempo. Complessivamente sono presenti nella dichiarazione dei redditi delle persone fisiche ben 70 agevolazioni da comprovare/precompilare che interessano tutte le tipologie di contribuenti . Si può affermare senza possibilità di essere smentiti che il numero di agevolazioni della nostra Irpef non è confrontabile con nessun altro sistema fiscale economicamente comparabile con il nostro.
Negli Stati Uniti, che è il paese che ne ha di più, il loro numero totale assomma ad una trentina; in aggiunta c’è anche da rilevare che i contribuenti Usa hanno la possibilità di optare per una deduzione forfetaria (rispetto a quelle richieste analiticamente). In seguito a tale opzione oltre il 65% dei contribuenti USA non inserisce le spese deducibili in dichiarazione e quindi non conserva la relativa documentazione. Si rileva, inoltre, che in Gran Bretagna i dipendenti e pensionati attraverso il sistema Paye non presentano dichiarazione. In Francia e Spagna si richiede alla gran parte dei contribuenti di impegnarsi un tempo ragionevole (dai dieci minuti a mezz’ora) per compilare e presentare la dichiarazione dei redditi.
La richiesta delle agevolazioni (detrazioni, deduzioni e crediti) in Italia muove centinaia di milioni di documenti. Dai dati statistici sulle agevolazioni che riguardano tutti i contribuenti, pubblicati sul sito del Dipartimento delle Finanze, si può stimare che i documenti comprovanti la validità, solo di quelle richieste da dipendenti e pensionati, che fanno il 730, saranno quest’anno oltre 100 milioni, che si riducono a circa 20 milioni considerando la precompilazione da parte dell’Agenzia delle entrate. Si tratta nella maggioranza dei casi di documenti composti da più ricevute. Il dato è significativo per evidenziare il volume cartaceo che, nonostante la precompilazione, verrà movimentato. È da rilevare che anche la precompilazione comporta una verifica da parte del contribuente di quanto reso disponibile dall’Agenzia delle Entrate. Si può con buona approssimazione stimare che saranno trattati, digitalizzati o fotocopiati oltre 200 milioni di pezzi di carta. È uno spreco impressionante di energie (tempo e denaro) anche in considerazione del fatto che circa dieci milioni di contribuenti, un quarto del totale, quelli più bisognosi, non potranno usufruirne perché incapienti.
Sembra quasi che si è deciso di far girare l’economia attraverso l’apparato pubblico (distratto per tale ragione dal controllo dell’evasione) e privato che segue la dichiarazione dei redditi delle persone fisiche.













