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venerdì 12 Dicembre 2025
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Legge di Bilancio 2026: Corte dei Conti, Le misure sulle Entrate

Riportiamo un estratto dell’audizione della Corte dei Conti alle Commissioni riunite Bilancio del Senato sul disegno di legge di Bilancio per l’anno 2026 con particolare attenzione alle misure sul versante delle Entrate.

Nella materia delle entrate tributarie il disegno di legge contiene numerose disposizioni che possono essere esaminate in base all’oggetto ed alle finalità perseguite.
Alcune di esse riguardano le imposte dirette ed incidono sulla disciplina dell’imposta sul reddito delle persone fisiche (Irpef) e sull’imposizione e sui trasferimenti di alcuni redditi da lavoro dipendente, allo scopo di alleggerire il carico fiscale delle imposte dirette “per il ceto medio” e di ricomporre il prelievo fiscale, con riduzione dell’incidenza sui redditi da lavoro dipendente, come enunciato nel DPFP (art. 2 e 4, 5, 8 e 58). L’insieme di queste misure comporta minori entrate per circa 4.550,3 milioni nel 2026 e per complessivi 11.079,4 milioni nel triennio 2026-2028. L’intervento sull’Irpef consiste nella riduzione dell’aliquota del 35 per cento al 33 per cento, fermi restando gli scaglioni di reddito (con una sterilizzazione, eventuale, per i redditi superiori ai 200.000 euro), mentre le misure dirette a contenere l’imposizione su alcune tipologie di reddito di lavoro dipendente sono finalizzate alla riduzione del carico fiscale in relazione ad alcuni istituti contrattuali, sia pure per il solo 2026. 

Altre misure, sempre nell’ambito dell’imposizione diretta, incidono, con carattere di temporaneità, ovvero in via strutturale, sulla disciplina di alcune componenti che concorrono a formare il reddito di impresa, anche con la finalità di ottenere maggiori risorse (artt. 14, 15, 16, 18, 31, 32, e 6). Infatti, in relazione all’insieme delle misure, sono stimate entrate per complessivi 1.752,7 milioni nel 2026, in crescita nel triennio 2026 – 2028 per attestarsi a 5.042,8 milioni in quest’ultimo anno. 

Inoltre, altre disposizioni, non omogenee, intervengono sulla disciplina di regimi speciali di imposizione diretta (art. 7, 11, 12 e 13). Le misure non sono rilevanti per l’incidenza finanziaria ma per il regime derogatorio rispetto alla imposizione ordinaria.
Vengono confermati, inoltre, alcuni crediti di imposta nel settore edilizio, proseguendo, però, nell’opera di mitigazione delle misure adottate a partire dal 2020 (art. 9). Tuttavia, se l’insieme degli interventi comporta maggiori entrate nel 2026 per 15,4 milioni, nel triennio si prevedono minori entrate per 1.086,7 milioni (-454,8 milioni nel 2027 e – 647,3 milioni nel 2028). 

Di rilievo sono le misure che riguardano le banche e le imprese operanti nel settore assicurativo, attesa la finalità dichiarata di recuperare gettito da destinare ad interventi ritenuti prioritari (artt. 19, 20, 21, 22 e 33). In sostanza, si tratta delle misure di maggior rilevanza finanziaria in materia di entrate poiché sono dirette ad ottenere maggiori risorse stimate in misura pari a 4,1 miliardi nel 2026 e a circa 10 miliardi nel triennio 2026-2028.

Inoltre, sono dettate specifiche misure per la definizione agevolata dei carichi fiscali (c.d. “rottamazione” (artt. 23 e 24) e, parallelamente, sono delineati alcuni interventi in materia di contrasto a comportamenti indebiti da parte dei contribuenti (artt. 25, 26 e 27). In relazione alla definizione agevolata sono previsti minori entrate nel 2026 per 1.478 milioni e nel triennio per 2.543 milioni. Quanto agli altri interventi di contrasto ai comportamenti indebiti dei contribuenti, adottati in attuazione di quanto previsto dalla Riforma 1.12 del PNRR relativa all’Amministrazione fiscale, sono previste maggiori entrate per 897,9 milioni nel 2026 e, nel triennio, per complessivi 3.127,5 milioni. Infine, con altre misure è previsto l’incremento del gettito di alcune imposte, da destinare a copertura di alcuni degli interventi previsti dal d.d.l., in relazione alle accise sui tabacchi lavorati (art. 28) e sul carburante (art. 30), mentre è differita, ancora una volta, l’entrata in vigore dell’imposta sul consumo dei manufatti con singolo impiego (“plastic tax”) e delle bevande alcoliche edulcorate (“sugar tax”) (art. 29). Si tratta di interventi significativi poiché comportano maggiori entrate per 765,4 milioni nel 2026 (al netto della prevista riduzione conseguente alla proroga di plastic sugar tax, pari a -385 milioni) e per 2.741,8 milioni nel triennio 2026-2028. 

Da ultimo, sono previsti, anche, interventi in relazione agli enti territoriali (artt. 117 e 122).

Nel seguito si offrono alcune osservazioni in relazione agli interventi di maggior rilievo finanziario o che, ad avviso della Corte, presentano aspetti meritevoli di approfondimento. 

Gli interventi in materia di imposte dirette 

10. 

Il Titolo II (Misure in materia fiscale e per sostenere il potere d’acquisto delle famiglie) del d.d.l. prevede, all’art. 2, c. 1, la revisione della scala delle aliquote marginali legali erariali in sede Irpef, all’art. 2, c. 2, la revisione della decrescenza delle detrazioni per oneri, così come modificate dalla legge di bilancio per il 2025 e, infine, all’art. 4, c. 1-5, alcune nuove disposizioni in tema di imposizione sul reddito a seguito di rinnovi contrattuali, sui premi di produttività e sul lavoro notturno e quello prestato nei giorni festivi e nei giorni di riposo settimanale. Il Titolo IV (Misure in materia di pubblico impiego), inoltre, all’art. 58, disciplina le nuove disposizioni inerenti alla detassazione del trattamento accessorio per i pubblici dipendenti (escluso il personale delle forze di polizia e delle Forze armate). 

La misura che produce gli effetti finanziari maggiori è quella che interviene sulla scala delle aliquote dell’Irpef. 

Con la modifica dell’aliquota Irpef, il Governo intende perseguire l’obiettivo di ridurre l’imposizione sul lavoro, concentrando, negli intenti, particolare attenzione al “ceto medio”. Si vuole così contribuire, anche per questa via, al recupero del reddito disponibile delle famiglie, eroso, negli ultimi anni, dalla forte crescita dei prezzi e dal drenaggio fiscale. Un intervento coerente con l’impulso che si punta ad avere da una maggiore crescita della domanda interna. Non si può tuttavia non osservare come, a seguito della misura proposta e guardando alla distribuzione dei redditi Irpef come desumibili dalle ultime statistiche rese disponibili dal Dipartimento delle Finanze del MEF, oltre il 44 per cento delle risorse a ciò destinate sia riferibile a contribuenti con reddito compreso tra 50 e 200 mila euro. Inoltre, occorre sottolineare che, poiché il correttivo relativo ai redditi superiori a 200 mila euro agisce solamente per i contribuenti ad alto reddito che presentano valori positivi delle detrazioni per oneri soggette alla misura, sarebbe comunque garantito il risparmio di 440 euro ad una quota di contribuenti con reddito superiore a 200 mila euro. 

La riduzione di 440 euro non può che riguardare una quota molto bassa della platea di contribuenti; la relazione tecnica non ne indica il numero, ma stimando effetti finanziari nulli per il periodo di imposta 2026 e un aumento di gettito di 22,1 e 12,6 milioni, rispettivamente, nel 2027 e nel 2028, sembra indicare che la sterilizzazione dell’aumento riguardi circa un terzo dei contribuenti con redditi superiori ai 200 mila euro. 

12. 

L’osservazione di carattere più generale è inerente al disegno complessivo di riforma del sistema tributario. Le linee guida del disegno di legge delega sulla riforma fiscale prevedono, tra gli altri aspetti, anche la riduzione del carico fiscale sul lavoro. Le innovazioni proposte nel disegno di legge di bilancio vanno in questa direzione. Tuttavia, ciò avviene frammentando ulteriormente la struttura dell’imposizione diretta. Le modifiche presentate dal Governo hanno un impatto finanziario sostenibile nell’attuale situazione dei conti pubblici, ma occorre domandarsi se, invece di modifiche parziali, non sarebbe più coerente il ridisegno organico di tutto il comparto dell’imposizione diretta e dei trasferimenti monetari. 

Va poi considerato che l’inserimento di misure ad hoc comporta necessariamente l’acuirsi delle differenziazioni orizzontali e verticali che già oggi caratterizzano il nostro sistema tributario, con particolare riferimento all’imposizione diretta.
L’esame degli effetti su alcune figure tipo mette in rilievo, inoltre, come, nonostante il rinnovo detassato, non è sempre detto che la detassazione implichi un risparmio d’imposta. Ci sono fasce di reddito in cui, a seguito di un rinnovo, l’imposizione aumenta anziché diminuire. Di qui la previsione normativa che contempla la possibilità di rinuncia del prestatore di lavoro. Nella relazione tecnica, il tasso di adesione ipotizzato (l’85 per cento) è, per tale motivo, forse troppo ottimistico. 

Interventi in materia di reddito di impresa 

15. 

Il d.d.l. contiene alcune disposizioni che modificano, in via strutturale o temporanea, la disciplina di alcune componenti che concorrono a formare il reddito di impresa. Fra le prime vi sono le disposizioni sulla rateizzazione per la tassazione delle plusvalenze sui beni strumentali e la modifica alla disciplina dei dividendi (artt. 15 e 18); tra le seconde, di carattere temporaneo, riferite al solo esercizio 2026, vi sono alcune misure in favore del settore agricolo, di assegnazione agevolata di beni ai soci e di estromissione dei beni dalle imprese individuali, nonché di affrancamento straordinario delle riserve in sospensione di imposta (artt. 6, 14, 16). 

Gli effetti finanziari di alcuni interventi non sono valorizzati poiché, secondo la relazione tecnica, potrebbero verificarsi, ma non risultano quantificabili (artt. 31 e 32).

Il complesso delle misure comporta maggiori entrate per il 2026 pari a 1.752,7 milioni. Si tratta di interventi che modificano la disciplina dell’imposizione del reddito di impresa in relazione a diversi componenti, anche con la finalità di assicurare maggiore gettito immediato, a fronte di vantaggi per il contribuente, come emerge dall’analisi di alcune di queste misure. 

Interventi in relazione a regimi speciali di imposizione diretta 

17. 

Il d.d.l. contiene alcune disposizioni che modificano o integrano regimi speciali di imposizione diretta, sia in relazione al profilo soggettivo del contribuente che a situazioni ritenute meritevoli di disciplina derogatoria rispetto a quella ordinaria.
L’articolo 7 conferma la riduzione dell’aliquota della cedolare secca dal 26 al 21 per cento per le locazioni brevi (inferiori a 30 giorni) unicamente nel caso nel caso della locazione di una sola unità immobiliare direttamente da parte del contribuente, mentre la riduzione dal 26 al 21 per cento non si applica per le locazioni gestite tramite intermediario immobiliare ovvero tramite soggetti che gestiscono portali telematici. 

In termini di gettito la nuova disposizione dovrebbe comportare un risultato positivo nel triennio 2026-2028 per 192,9 milioni, scontando un risultato negativo nel 2026 per 47,8 milioni, conseguente al mutamento del metodo di calcolo e pagamento degli acconti, come si evince dalla relazione tecnica. 

L’art. 11 dispone che i soggetti, persone fisiche, che trasferiscono la residenza in Italia, successivamente al 1° gennaio 2026, e che optano per l’assoggettamento a imposta sostitutiva devono corrispondere un’imposta pari a 300.000 euro, mentre i familiari ai quali sono estesi gli effetti dell’opzione medesima devono pagare un’imposta di 50.000 euro. La disciplina vigente fino al 31 dicembre 2025 prevede la corresponsione dell’importo di 200.000 euro per i contribuenti e di 25.000 euro per ciascun familiare. 

L’art. 12 estende al 2026 il periodo di applicazione dell’accesso al regime forfettario, modificando l’art. 1, c. 12, della legge di bilancio 2025, innalzando, anche, il limite massimo di reddito da lavoro dipendente e assimilati (artt. 49 e 50 del TUIR), che consente l’accesso al regime agevolato. 

Come evidenziato da questa Corte nella Relazione sul 2024 dello Stato, l’introduzione di una pluralità di regimi forfettari incide negativamente sul principio della progressività dell’imposizione. 

Gli effetti finanziari della norma, come stimati dalla relazione tecnica sulla base delle dichiarazioni dei redditi del 2024, dovrebbero comportare una riduzione complessiva dell’imposizione pari a 72,2 milioni nel 2026, 138,5 milioni nel 2027 e 82,1 milioni nel 2029. 

Interventi nel settore finanziario (banche e assicurazioni) 

19. 

L’intervento di maggiore rilievo in materia di entrate riguarda le disposizioni applicabili al settore finanziario e, in particolare, agli istituti bancari e, per alcuni versi alle società operanti nel settore assicurativo.
Nel complesso si tratta di interventi aventi carattere temporaneo e non strutturale che sembrano finalizzati, unicamente, ad incrementare il gettito negli anni 2026 – 2028, con la finalità di copertura di parte delle spese rientranti nella manovra di bilancio

Le modalità dell’intervento che consiste, in larga misura nell’anticipazione di imposte che gli operatori finanziari interessati dovrebbero versare in esercizi futuri implica non solo che le entrate verranno meno a partire dal 2029 ma anche che parte delle imposte che matureranno in quegli esercizi saranno già state versate e, quindi, si potrà registrare un minor gettito

L’intervento in esame risulta da una pluralità di disposizioni che prevedono modalità operative differenziate (artt. 19, 20, 21, 22 e 33).
Le maggiori entrate sono stimate in misura pari a 4,1 miliardi nel 2026 e a circa 10 miliardi nel triennio 2026-2028, 

L’art. 20 interviene sulla disciplina del contributo straordinario (o prelievo sugli extraprofitti) a carico delle banche, introdotta dall’articolo 26 del d.l. 104/2023.
In linea con quanto previsto dal legislatore, nel 2023 il settore bancario, nella quasi totalità, anziché pagare l’imposta straordinaria istituita dal citato d.l. 104/2023 ha costituito una riserva non distribuibile, pari a circa due volte e mezza l’imposta dovuta che ammonta a circa 6 miliardi. 

La disposizione in esame consente la distribuzione di tale riserva versando un’imposta sostitutiva del 27,5 per cento per l’affrancamento delle riserve esistenti al termine del periodo d’imposta in corso al 31 dicembre 2025, o del 33 per cento per quelle esistenti al termine del 2026. 

È previsto, poi, che nel triennio 2026-2028 l’aliquota Irap per banche e assicurazioni venga aumentata di 2 punti percentuali, con un gettito nel triennio 2026-2028 pari a 3.827,9 milioni (art. 21).

Sul maggiore reddito imponibile generato dalle minori deduzioni sono previste limitazioni alla deducibilità delle eventuali perdite fiscali pregresse e questo determinerà un maggiore carico fiscale per le banche. 

Negli esercizi 2026 e 2027 la misura limita la possibilità per le banche di compensare il maggior reddito imponibile generato dal differimento delle deduzioni connesse alle DTA con perdite fiscali pregresse o eccedenze ACE. In particolare, nel 2026 tali componenti potranno essere utilizzati solo fino al 45 per cento del maggior reddito imponibile derivante dalle disposizioni della legge di bilancio 2025, mentre nel 2027 il limite è più ampio (54 per cento) e si applicherà al reddito aggiuntivo prodotto dalle sospensioni di DTA previste nella legge di bilancio 2026. Il maggior carico fiscale per le banche è stimato in circa 1,6 miliardi (Prometeia). 

Il gettito della misura in esame è stimato in 3.331 milioni, ripartito in 1.188 milioni nel 2026 e 2.143 milioni nel 2027.

In definitiva, considerando gli effetti finanziari netti (che includono i recuperi di imposta impliciti nel differimento delle deduzioni), il gettito fiscale atteso dalle cinque misure è di circa 10 miliardi nel periodo 2026-2028. Le misure sono in gran parte a carico del settore bancario, ad eccezione dell’aggravio Irap che riguarda anche il settore assicurativo. 

La definizione agevolata dei carichi fiscali 

21. 

Il d.d.l. prevede anche un intervento per la definizione agevolata dei carichi fiscali affidati all’agente della riscossione (art. 23) e una disciplina di principio da applicarsi da parte delle Regioni e degli Enti locali (art. 24).

Innanzitutto, è prevista la possibilità di definizione agevolata per i carichi affidati all’agente della riscossione fino al 31 dicembre 2023, limitatamente alle somme risultanti dalle dichiarazioni annuali presentate ma non versate, cioè, scaturenti dai controlli di liquidazione effettuati. Sono esclusi, quindi, i carichi fiscali derivanti da ogni altro tipo di accertamento, ivi compreso quello conseguente alla mancata dichiarazione. Inoltre, la possibilità di aderire alla sanatoria è limitata all’imposta sul reddito e all’imposta sul valore aggiunto, oltre che ai contributi dovuti all’istituto nazionale della previdenza sociale e alle sanzioni per violazione del codice della strada, accertate da organi delle Amministrazioni dello Stato.

sebbene l’introito atteso dal provvedimento sia positivo, ammontando a 9 miliardi circa entro il 2036, esso verrebbe di fatto compensato dagli effetti negativi sulla riscossione ordinaria, quantificati in 9,7 miliardi nello stesso periodo. Inoltre, il profilo decennale della misura implica che nei primi anni si registri un saldo negativo, parzialmente compensato dal saldo positivo atteso a partire dal 2030, sempreché gli aderenti osservino i piani di pagamento. 

La quantificazione considera proprio le caratteristiche dell’insieme dei contribuenti interessati dalla rottamazione, rappresentata da persone che hanno dichiarato tali importi. Difatti, secondo la relazione tecnica “l’introduzione della nuova misura agevolativa produrrà una flessione della riscossione in quanto una parte dei carichi per i quali si stima l’adesione alla nuova misura agevolativa, sarebbero stati prevedibilmente riscossi, al lordo delle componenti abbuonate, attraverso l’ordinaria attività di recupero oppure per il tramite di rateizzazioni di pagamento”, come evidenziato, peraltro, da questa Corte nell’ambito della citata Audizione. 

22. 

In definitiva, l’intervento proposto limita le possibilità di ricorrere alla definizione agevolata ai soli casi nei quali il contribuente ha omesso il versamento delle imposte sul reddito e sul valore aggiunto dovuta in base alle dichiarazioni presentate o scaturente dai controlli formali eseguiti. 

Se anche il perimetro è limitato, escludendo i casi di mancato versamento delle somme e le violazioni contestate tramite accertamento, l’intervento sconta, comunque, le criticità più volte sottolineate dalla Corte, e, in particolare, la possibilità che la misura possa ridurre la compliance fiscale, il rischio che l’Erario possa diventare un “finanziatore” dei contribuenti morosi, incentivando l’omesso versamento come forma di liquidità, l’incertezza sugli effetti sui saldi di finanza pubblica, potenzialmente negativi, soprattutto se le adesioni dovessero superare le stime iniziali. 

Inoltre, nell’arco temporale di un decennio si tratterebbe della quinta rottamazione, situazione che evidenzia che, perlomeno sino ad oggi, l’istituto non si è dimostrato strumento idoneo a risolvere i problemi endemici della riscossione, dimostrati dal sempre più elevato magazzino fiscale. 

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