Nelle ultime settimane la stampa nazionale è tornata a parlare con una certa frequenza di “lotta all’evasione” come di una delle priorità del governo per fronteggiare l’enorme debito accumulato e per mostrare all’Europa la volontà del nostro paese di mettere seriamente mano, nell’ambito dell’attuazione del Piano nazionale ripresa resilienza (Pnrr), ad una delle piaghe che affliggono la nostra economia. Certo, rispetto ai precedenti capi di governo, la credibilità nei confronti dell’Europa del nostro attuale Presidente del Consiglio è profondamente diversa e questo fa ben sperare che questa volta siamo effettivamente di fronte all’avvio d’un percorso virtuoso di recupero, con un vero e proprio piano operativo, della montagna di risorse illecitamente e fraudolentemente sottratte al bilancio pubblico.
Fa, inoltre, ben sperare che per la prima volta si parli, oltre che di rafforzare l’impiego delle nuove tecnologie, estendendo al massimo la tracciatura digitale delle transazioni economiche fino alla precompilazione della dichiarazione Iva per i soggetti che esercitano un’attività commerciale e professionale, contemporaneamente anche di irrobustire le risorse umane e strumentali dell’Agenzia delle entrate.
Se effettivamente si vuole incidere sul fenomeno, riducendone in modo significativo la portata, l’uso corretto dell’innovazione tecnologica e la qualità dell’amministrazione finanziaria sono, infatti, i due principali strumenti attorno a cui costruire un progetto credibile, efficace e valido per il recupero dell’evasione.
In verità, molto spesso, per quanto riguarda la tecnologia in passato si è ricorso ad altisonanti annunci che avevano esclusivamente come scopo prioritario la comunicazione immediata ma che all’atto pratico hanno nel tempo scarsamente inciso sul fenomeno così allo stesso modo, in questi ultimi anni, si è assistito ad un graduale depotenziamento della capacità operativa dell’Agenzia e ad una progressiva perdita della sua autonomia con un incremento della sua subalternità alla politica. In merito a questi due obiettivi primari, tecnologia e competenze umane, o meglio contatto preventivo e continuativo con il contribuente e recupero dell’autonomia organizzativa e gestionale dell’Agenzia, occorre osservare che, sebbene siano auspicabili ed attesi, c’è bisogno d’uno spirito innovativo e di modernizzazione che in questi ultimi dodici anni si è perso. Se effettivamente si vuole mettere in moto qualcosa di efficace duraturo c’è, pertanto, bisogno d’una forte volontà politica per raggiungere risultati
soddisfacenti.
Per comprendere quest’ultima basilare considerazione è utile fare riferimento a quanto è accaduto nell’ambito tecnico e organizzativo per la gestione delle entrate nel periodo 1996-2008. A metà degli anni Novanta del secolo scorso le negative esperienze dei periodi precedenti misero in moto, nel mondo del governo delle entrate, una vera e propria rivoluzione che prese avvio dall’interno della struttura, ovvero dall’amministrazione stessa, e che una politica accorta, non invasiva ed intelligente fece propria assecondandola, supportandola e fornendo strumenti per attuarla. In quegli anni l’allora Dipartimento delle entrate seguiva e partecipava attivamente con i propri dirigenti ai gruppi di lavoro Ocse, in particolare a quello per “la lotta all’evasione e alle frodi fiscali”, e probabilmente proprio da questi incontri e scambi di esperienze prese avvio, anche in Italia, l’innovazione di transitare da un costoso modello di gestione per tributo (Imposte dirette, Iva e Registro) a uno per contribuente. Questo nell’accertamento significava che una volta sottoposta a controllo si poteva verificare l’intera posizione fiscale del soggetto. Da un punto di vista amministrativo una impostazione di questo tipo comportava conseguentemente
l’aggregazione delle diverse attività in un solo Ufficio, chiamato delle Entrate, che si basò sul concetto organizzativo di “servizio” che veniva fornito per tutti i tributi in due aree: quella di supporto al contribuente e quella di supporto alla collettività per il mantenimento dell’equità (accertamento). Vennero su questa spinta unificate le modalità dichiarative e di pagamento. Con il supporto e la
partecipazione del partner tecnologico venne rivista e progettata l’automazione dei nuovi processi gestionali e nel 2000 la nostra amministrazione ricevette un premio dall’Unione Europea a Lisbona come il primo Paese al mondo che riceveva in tempo reale tutti i dati dichiarativi in modo digitale.
In analogia a quanto contemporaneamente avveniva nelle migliori pratiche estere anche da noi si puntò a dare autonomia gestionale, negli obiettivi e nei risultati, alla struttura amministrativa e nacque l’Agenzia delle entrate. Tecnologia ed amministrazione s’integravano producendo risultati concreti. A questo proposito basta citare il colossale recupero d’imposta che si ottenne con la dichiarazione Unica Imposte dirette e Iva. Nel 2008 iniziò l’inversione di questa straordinaria evoluzione e gradatamente, senza scosse, nonostante
alcuni meritevoli tentativi, cominciò a scemare lo slancio innovativo. Pian piano si tornò alla normalità in cui l’autonomia amministrativa era subalterna della politica e prese avvio nel mondo della gestione delle entrate una lenta e progressiva involuzione, che non faceva più riferimento alle le migliori pratiche delle amministrazioni estere. Tutto ciò mentre dal confronto internazionale emergevano con chiarezza delle tendenze che nei paesi esteri che le hanno adottate sono ormai a pieno regime. In particolare, tre erano le linee di indirizzo che da noi sono state colpevolmente ignorate ovvero:
‒ la transizione dalla gestione per contribuente a quella per tipo di contribuente suddiviso in due categorie: il semplice (lavoratore dipendente e pensionato) e quello che esercita un’attività economica a sua volta suddiviso in tre categorie (piccolo, medio e grande);
‒ il controllo preventivo, nella fase predichiarativa, della massa dei medi e piccoli soggetti che esercitano un’attività economica, monitorando in tempo reale l’andamento dei pagamenti Iva e utilizzando tutti i dati disponibili nel sistema informativo dell’amministrazione per aiutarli ad adempiere correttamente all’obbligo dichiarativo;
‒ riduzione dei costi sociali degli adempimenti, con particolare riferimento all’obbligo dichiarativo dei contribuenti più semplici, lavoratori dipendenti e pensionati; l’orientamento è quello di semplificare al massimo quest’obbligo se non addirittura eliminarlo. Rispetto alle “pratiche migliori” In poco più di dodici anni, dal 2008 ad oggi, in Italia si è andati esattamente nella direzione opposta in quanto oggi:
‒ la struttura organizzativa degli uffici è rimasta sostanzialmente immutata e le spinte a specializzare le risorse disponibili per tipologia di contribuente sono state timide e poco incisive; per di più c’è stato un depauperamento della struttura dirigenziale con perdita di autonomia e con un sostanziale annullamento della capacità propositiva;
‒ l’accertamento è tuttora a posteriori e avviene dopo molti anni, assorbendo un’enorme quantità di risorse dell’amministrazione nei confronti di contribuenti di cui è difficile, visto il tempo trascorso, dimostrare l’illecito quando addirittura, ed accade sovente, questo contribuente non esiste più perché la società è stata sciolta o è fallita o la persona fisica titolare è morta; anche il lodevole
tentativo di quella che viene chiamata “lettera di compliance” che sembrava propedeutico alla precompilazione della dichiarazione dei soggetti esercenti un’attività economica si è pian piano arenato;
‒ il contribuente semplice ogni anno è costretto, con l’assistenza d’un esperto, ad un rito dichiarativo dal costo sociale altissimo con un prezzo che ogni anno si aggrava. La strada da percorrere è, quindi, lunga ed ha bisogno d’un progetto complessivo da dettagliare nelle fasi e nei tempi; ma soprattutto ha bisogno dell’apporto convinto dell’amministrazione finanziaria nella sua autonomia.
Non resta che augurarci che il presidente Draghi e il ministro Franco nelle loro indubbie competenze e nel loro innegabile rigore riescano nell’impresa.
Lotta all’evasione, utilizzare il Pnrr per un progetto credibile
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