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giovedì 8 Maggio 2025
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Norme antiriciclaggio, riflessi reali sul reato e sull’utilizzabilità fiscale dei dati acquisiti

Pubblichiamo una sintesi dell’intervento del sostituto procuratore della Repubblica presso il tribunale di Pistoia durante la cerimonia di consegna del Premio Lef in cui si analizza la reale efficacia del sistema amministrativo antiriciclaggio alla luce delle più recenti risultanze statistiche.
di Fabio Di Vizio

Utilizzare i dati antiriciclaggio a fini fiscali. E’ questa l’opportunità offerta dal sistema amministrativo alla luce di alcune novità statistiche nella gestione e nell’analisi delle segnalazioni di operazioni sospette secondo lo studio svolto da Fabio Di Vizio, sostituto procuratore della Repubblica presso il tribunale di Pistoia. Per dimostrare questa tesi lo studio si confronta con la critica latente mossa dai destinatari della normativa antiriciclaggio al sistema delineato dalla d.lgs. n. 231/2007. Ovvero quella di imporre impegni organizzativi sproporzionati a fronte dei risultati giudiziari conseguiti. Attraverso l’illustrazione delle specificità del sistema antiriciclaggio vigente (logica preventiva e sensibilità al sospetto ragionevole in presenza di operazioni anomale), l’analisi spiega e rivendica le ragioni della non indifferenza al sospetto imposta dal sistema originato dalla Terza direttiva comunitaria antiriciclaggio. Dopo aver offerto una considerazione delle tematiche del dolo eventuale e dell’individuazione di posizioni di garanzia nei destinatari degli obblighi antiriciclaggio, la riflessione si posa sulle ragioni del limitato contributo al sistema segnaletico antiriciclaggio sin qui offerto dai professionisti.

 

La difesa dall’accusa di inefficacia. Per la prima volta dall’entrata in vigore del decreto, alla fine del 2013 il volume delle segnalazioni di operazioni sospette ricevute dall’UIF con un flusso di segnalazioni pari a 64.601, si è attestato su valori numerici assoluti inferiori rispetto a quelli dell’anno precedente. Nel 2012, infatti, le “sospette” avevano raggiunto una superiore soglia numerica (67.047), in quell’anno triplicando i valori assoluti del 2009 (21.066), quasi doppiando quelli del 2010 (37.321) e segnando una crescita percentuale ancora portentosa rispetto al 2011 (49.075). Alla riduzione delle segnalazioni – pari al 3,6% su base percentuale annua – ha fatto da contro-altare lo straordinario incremento dei volumi dell’analisi delle “sospette” svolta dall’UIF, capace di esaurire nel 2013, sostanzialmente, l’arretrato, esaminando 92.415 segnalazioni, con un incremento percentuale pari a circa il 54% rispetto al 2012 (allorché l’analisi aveva riguardato 60.078 segnalazioni), periodo in cui s’era già raddoppiato il numero di sospette vagliate rispetto al 2011 (30.596). Può dirsi, dunque, che, con la fine del 2013, l’organizzazione dell’attività di analisi e di approfondimento impostata con la creazione della nuova istituzione e attraverso gli strumenti dei quali la stessa ha saputo dotarsi, ha prodotto i suoi frutti, liberando risorse per ulteriori attenzioni da dedicare alle operazioni sospette poste in rilievo dalle segnalazioni più recenti. Situazione che dovrebbe consentire di potenziare ulteriormente la prospettiva di efficace attivazione della procedura di sospensione, ai sensi dell’articolo 6, co.7, lettera c) del decreto, già nel 2013 conclusasi con esito positivo in 64 casi. A fronte di 92.415 segnalazioni esaminate e di un flusso di segnalazioni aggregate che, nel solo secondo semestre del 2013, ha avuto ad oggetto 50 milioni di record, corrispondenti a 160 milioni di operazioni per un valore di 11 miliardi di euro, nel 2013 le denunce penali ex a. 331 c.p.p. inoltrate dall’UIF sono state 190. Di queste, 12 sono state trasmesse direttamente all’A.G. e 178 sono state effettuate nell’ambito della relazione tecnica trasmessa agli organi investigativi.

La percentuale del contributo offerto dai professionisti. La percentuale del contributo offerto dai professionisti al sistema segnaletico antiriciclaggio risulta consistentemente minoritaria (0,6 % nel 2009, 0,6 % nel 2010, 1,0% nel 2011, 3,5 % nel 2012 e 4,4% nel 2013) rispetto a quella riferibile agli intermediari finanziari (99,4% nel 2009, 99,4% nel 2010, 99,0 % nel 2011, 96,5% nel 2012 e 95,6 % nel 2013). La disaggregazione del dato, poi, avvalora il concetto espresso, che conviene non sottovalutare. Sul complesso di 1985 segnalazioni inoltrate nel 2013 dai professionisti, ben 1824 provengono da notai e dal Consiglio Nazionale del Notariato, mantenutisi sui valori del 2012 (1.876). Seriamente debole resta l’apporto di dottori commercialisti, esperti contabili e consulenti del lavoro (98 segnalazioni nel 2013 a fronte delle 90 nel 2012) e pressoché ininfluente l’incidenza delle segnalazioni inoltrate dagli avvocati: 14 nel 2013, a fronte delle 4 del 2012 (dato solo limitatamente accrescibile considerando le segnalazioni degli studi associati, società interprofessionali e tra avvocati, attestate a 21 segnalazioni nel 2013 e 10 nel 2012). I revisori contabili chiudono la classifica, “saliti” dalle 5 segnalazioni del 2012 alle 10 del 2013. Sono in parte note le ragioni di questa situazione, conseguenza anche di un’obiettiva e comprensibile limitazione legale dei doveri segnalateci in ragione della rilevanza primaria dei diritti presidiati dall’attività dei professionisti, primo fra tutti il diritto di difesa. Ad essa può aggiungersi la maggiore personalizzazione del rapporto che si instaura con il cliente e il tradizionale vincolo del segreto professionale, per la cui deroga l’intervento volto alla rassicurazione operato dall’articolo 41, co. 6 del decreto, a taluno, può non apparire bastevole. A fronte di una platea nazionale di oltre 247 mila avvocati e di oltre 113 mila dottori commercialisti, per citare solo alcune categorie di professionisti, i dati esposti in punto di segnalazioni di operazioni sospette appaiono testimonianza di una collaborazione attiva insoddisfacente.

L’utilizzabilità fiscale dei dati acquisiti dell’ambito degli adempimenti, delle verifiche e degli approfondimenti antiriciclaggio, in unione con i contenuti particolari dell’adeguata verifica e del sospetto che innesca la segnalazione. La pubblicazione del decreto Salva Italia (d.l. n. 201/2011, convertito con legge n. 214/2011) ha portato ad attuazione un processo quarantennale di travolgimento del segreto bancario, rispetto all’amministrazione finanziaria, presso gli operatori finanziari. Un percorso avviato con la legge 825/1971, prima per le imposte dirette (a. 35 DPR n. 600/73), poi per l’IVA (art. 51 bis D.P.R. n. 633/72, inserito dal D.P.R. 15 luglio 1982, n. 463), con ulteriori tappe intermedie rappresentate dal D.P.R. n. 605/1973, dalla Legge 30 dicembre 1991, n. 413, dalla Legge 30 dicembre 2004, n. 311, dal D.L. 4 luglio 2006, n. 223, convertito nella Legge 4 agosto 2006, n. 248 e dall’art. 63 del d.lgs. 21 novembre 2007, n. 231. Attualmente, tutti gli operatori finanziari sono obbligati a comunicare periodicamente all’Anagrafe Tributaria, per ciascun cliente, la movimentazione dei rapporti, l’importo delle operazioni ed ogni relativa informazione necessaria ai fini di controllo fiscale. Lo sviluppo di una tendenza alla collaborazione con il Fisco per i dati dei clienti, attraverso la definizione di un sistema trasparente e con profili di automaticità, ampiamente entrata nella prassi operativa degli intermediari finanziari, sconta qualche difficoltà, non solo culturale, a declinarsi rispetto all’attività dei professionisti.

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