Fisco Equo pubblica una relazione di Fabio di Vizio* che analizza, con casi pratici, i pregi e difetti del nuovo sistema sanzionatorio penale tributario appena entrato in vigore. (Vai al documento)
Un arsenale di nozioni e classificazioni per ingabbiare le diverse (e mutevoli) forme di evasione fiscale in definizioni statiche e precostituite. La revisione del sistema sanzionatorio penale tributario da poco entrata in vigore, d’altra parte, serve in primis proprio a rassicurare capitali esteri e grandi contribuenti mostrando loro una bella cornice giuridica per invogliarli a investire in Italia. In nome della crescita e in barba al diritto tributario. Perché il filo rosso che lega larga parte delle disposizioni è che all’attenzione definitoria non corrisponde una effettiva risposta sanzionatoria, col risultato che la certezza formale dei precetti resta un bell’abito e nulla più. Anzi, alla lunga potrebbe avere effetti controproducenti, perché la distinzione tra evasione di rilievo amministrativo da quella con valenza penale e la rigorosa irrilevanza dell’infedeltà per evasione valutativa ed interpretativa rischiano da un lato di offrire preziosi alibi fiscali agli evasori; dall’altro di inibire il contrasto ai fenomeni evasivi più gravi ed estesi.
In buona sostanza, quel che emerge dal testo è un rimedio ingenuo e in parte dettato dalla volontà di limitare i margini di interpretazione dei giudici, che difficilmente risulterà capace di garantire un sistema fiscale più equo e trasparente.
Ma ciò che più colpisce e inquieta è lo spirito della riforma, secondo cui la maggiore competitività fiscale non può che essere assicurata attraverso lo “svuotamento” del sistema penale e un’ ingiustificata disparità di trattamento fra piccoli e grandi contribuenti. Prova ne è l’innalzamento delle soglie di irrilevanza penale per i reati tributari più insidiosi, così come la nuova normativa dell’abuso del diritto che, da sola, basta a garantire l’immunità penale agli elusori. Su queste stesse fondamenta è istituito pure il particolare regime dell’adempimento collaborativo, che, per stessa ammissione del legislatore, è destinato prevalentemente “alle imprese con un volume d’affari o ricavi non inferiori a dieci miliardi di euro”, che in Italia sono appena ventitré. Insomma, i “grandi” potranno godere di un rapporto privilegiato con l’amministrazione finanziaria e, in caso di elusione, pagare il dovuto senza rischiare le manette. Vantaggi che i “piccoli” continueranno a sognarsi.
Certo, fa sorridere ricordare oggi le parole che pronunciò Renzi in diretta tv, non più tardi di sette mesi fa: “Oggi sentiamo che l’Agenzia ha accertato 100 milioni e poi porta a casa 1 – 1,2 milioni con una transazione. Cosi non funziona. O dai la possibilità a tutti di avere gli stessi criteri, oppure avrai sempre un sistema con cittadini di serie A e cittadini di serie B”. Appunto.
* L’autore è sostituto procuratore della Repubblica presso il tribunale di Pistoia