Di Pasquale Fabbrocini
La crescente complessità delle operazioni economiche poste in essere sui mercati e la sempre maggiore internazionalizzazione dei processi produttivi determina una domanda di servizi che il tradizionale professionista individuale non riesce a soddisfare. A ciò si aggiunga che spesso l’esercizio moderno delle attività professionali richiede l’utilizzo di strumentazioni sofisticate (si pensi, ad esempio, nel campo della diagnostica) che richiedono ingenti impieghi di capitale. Perciò, si è registrata da diversi lustri la tendenza da parte di professionisti aventi specializzazioni differenziate e complementari (magari anche stabiliti in luoghi lontani tra loro), ad aggregarsi, dando luogo a vere e proprie società di servizi. Tuttavia, da un punto di vista fiscale, le aggregazioni tra professionisti, fino al periodo di imposta in corso al 31 dicembre 2023, non godevano di un sistema di neutralità fiscale analogo a quello previsto per le aggregazioni tra società commerciali e, perciò, esse risultavano spesso non vantaggiose.
LA RIFORMA
Nell’ambito della riforma dell’Imposta sul reddito delle persone fisiche (IRPEF), in attuazione della legge delega per la riforma fiscale, è stata fornita una sistemazione organica alla disciplina del reddito di lavoro autonomo, contenuta negli articoli da 54 a 54-septies del testo unico delle Imposte sul Reddito (D.P.R. n. 917/1986, in seguito TUIR). In particolare, la riforma del reddito degli esercenti arti e professioni è avvenuta ad opera dell’art. 5 del D.Lgs. 13 dicembre 2024, n. 192, emanato come detto in attuazione della legge delega per la riforma fiscale (Legge del 9 agosto 2023 n. 111). Tale riforma ha operato un importante ravvicinamento della disciplina del reddito di lavoro autonomo a quello delle imprese minori.
Per i profili che maggiormente interessano in questa sede, è utile osservare che, anche se il reddito di lavoro autonomo resta saldamente ancorato al principio di cassa (cioè i componenti reddituali diventano rilevanti al momento della loro effettiva monetizzazione – art. 54 TUIR), la riforma ha rafforzato e sistematizzato un sistema di tassazione delle plusvalenze maturate sui beni materiali e immateriali utilizzati nell’esercizio della professione (articolo 54-bis TUIR), a cui corrisponde, specularmente, un sistema di deduzione delle minusvalenze (art. 54-quater TUIR).
Inoltre, anche se nei confronti dei lavoratori autonomi la disciplina fiscale non parla espressamente di azienda, si fa comunque riferimento a “un complesso unitario di attività materiali e immateriali, inclusa la clientela e ogni altro elemento immateriale, nonché di passività, organizzato per l’esercizio dell’attività artistica o professionale” (art. 177-bis, comma 1, TUIR).
Occorre tenere presente che l’attuale sistema del reddito di lavoro autonomo è retto dal c.d. principio di onnicomprensività, sancito dal novellato comma 1 dell’art. 54 TUIR, in forza del quale sono attratti a tassazione tutti i compensi comunque denominati e a qualunque titolo percepiti “in relazione” allo svolgimento dell’attività professionale. Per cui anche la cessione della clientela o di altri elementi immateriali utilizzati nell’esercizio dell’attività professionale è suscettibile di dare luogo a plusvalori imponibili. Senonchè, l’art. 17, comma 1, lett. G-ter del TUIR ammette alla tassazione separata i corrispettivi di tali cessioni, ancorchè percepiti in più rate nel medesimo periodo d’imposta.
Riguardo ai beni materiali, come accennato, l’art. 54bis del TUIR, al comma 1, prevede che:” Le plusvalenze dei beni mobili strumentali, esclusi gli oggetti d’arte, di antiquariato o da collezione di cui all’articolo 54 septies, comma 2, concorrono a formare il reddito se:
a) sono realizzate mediante cessione a titolo oneroso;
b) sono realizzate mediante il risarcimento, anche in forma assicurativa, per la perdita o il danneggiamento dei beni;
c) i beni vengono destinati al consumo personale o familiare dell’esercente l’arte o la professione o a finalità estranee all’arte o professione.”.
In buona sostanza, così come avviene per il reddito d’impresa, la fuoriuscita di un bene dalla sfera dei beni inerenti l’esercizio dell’attività professionale implica la tassazione dei (eventuali) plusvalori latenti nei beni stessi e generatesi per effetto dell’esercizio dell’attività professionale medesima.
Di conseguenza, anche il trasferimento a qualunque titolo “in blocco” del complesso delle attività (materiali ed immateriali) e passività organizzate in funzione dell’esercizio di un’attività professionale è suscettibile di determinare plusvalenze imponibili.
Tale sistema di tassazione delle plusvalenze è del tutto analogo a quello vigente nel regime del reddito di impresa per le imprese e società esercenti attività commerciali.
Da tanto ne è derivata la necessità (ma anche la possibilità sul piano sistematico) di delineare un sistema di tassazione delle operazioni di aggregazione e di riorganizzazione delle attività professionali del tutto analogo a quello previsto per le società commerciali con le discipline dellefusioni, scissioni, trasformazioni e conferimenti di azienda.
Nel caso delle riorganizzazioni tra società o associazioni esercenti attività professionali vanno, tuttavia, rispettate Alcune cautele, in quanto i soggetti coinvolti possono essere titolari di redditi di natura diversa, cioè di lavoro autonomo o di impresa, soggetti i primi al principio di cassa (tassazione al momento dell’incasso e deduzione al momento del pagamento) e i secondi a quello di competenza (cioè di tassazione o deduzione al momento della maturazione fiscale del componente reddituale considerato).
LA NUOVA NEUTRALITA’ PER LE AGGREGAZIONI PROFESSIONALI
Tale disciplina è contenuta nel nuovo art. 177-bis del TUIR, introdotto dal succitato D.lgs. n. 192/2024 e integrato recentemente ad opera del D.L. 17 giugno 2025, n. 84.
Riguardo all’ambito soggettivo, il nuovo regime di neutralità fiscale delle aggregazioni professionali riguarda tutte le società esercenti attività regolamentate dagli Ordini professionali, previste dall’articolo 10 della legge 183/2011, cioè le società tra professionisti (Stp). Trattasi non di un tipo di società ulteriore rispetto a quelli previsti dal codice civile, ma, in estrema sintesi, trattasi di una ordinaria società commerciale di persone o di capitali, il cui oggetto sociale è l’esercizio di un’attività professionale protetta (c.d. “ordinistica”), ossia, per l’esercizio della quale è necessaria l’iscrizione presso un Ordine professionale. Alle predette STP si aggiungono altre forme di società tra professionisti iscritte in Ordini professionali, come, ad es., le società tra avvocati, previste dall’articolo 4-bis della Legge n. 247/2012. Inoltre, il regime di neutralità si estende anche ai tradizionali studi associati, cioè alle associazioni tra professionisti, equiparate alle società semplici, menzionate dall’art. 5 del TUIR. L’Agenzia delle Entrate, nella risposta n. 148/2025, ha avuto modo di chiarire, con specifico riferimento ad una società tra dentisti, che tutte le società esercenti attività regolamentate dagli Ordini professionali possono beneficiare del regime di neutralità. In definitiva, la neutralità fiscale si applica alle operazioni dappresso indicate intercorrenti tra STP, tra altre forme di società tra professionisti riconosciute da leggi speciali, tra associazioni di artisti e professionisti o, infine, la neutralità opera sulle operazioni “eterogenee”, intercorrenti tra categorie differenti di società o enti collettivi esercenti attività professionali.
Riguardo all’ambito oggettivo, L’articolo 177-bis del Tuir stabilisce che i conferimenti di attività materiali e immateriali e di passività, riferibili ad attività professionali in società tra professionisti (Stp) o altre società costituite per l’esercizio della professione, non generano plusvalenze o minusvalenze qualora: il soggetto conferente assuma quale valore delle partecipazioni un importo corrispondente alla somma algebrica dei valori fiscalmente riconosciuti delle attività e passività conferite; il soggetto conferitario, in ordine a quanto ricevuto, subentri nella posizione del conferente; il soggetto conferitario si impegni a redigere un prospetto di riconciliazione con i dati esposti nelle scritture contabili e i valori fiscalmente riconosciuti.
la neutralità riguarda anche le operazioni di trasformazione, fusione e scissione tra i soggetti prima indicati, nonché, i trasferimenti per causa di morte o per atto gratuito. Con riferimento a quest’ultima operazione, si segnala che la neutralità si applica anche qualora, a seguito della cessazione dell’attività in forma associata tra gli eredi, entro cinque anni dall’apertura della successione, la stessa attività continui ad essere svolta da uno solo di essi.
Si ritiene utile ribadire che, con riferimento a tutte le operazioni sopra indicate, affinchè il trasferimento di beni materiali ed immateriali non determini plusvalenze imponibili è necessario che l’oggetto dell’operazione sia il complesso di attività e passività e non beni singolarmente considerati.
Si evidenzia, altresì, che La neutralità fiscale è prevista anche ai fini dell’IVA. Infatti, l’art. 2, comma 3, lett. F) del D.P.R. n. 633/1972 (Decreto IVA), stabilisce che non sono soggette ad Iva le cessioni e i conferimenti in società o altri enti che hanno per oggetto un complesso unitario di attività materiali e immateriali, inclusa la clientela e ogni altro elemento immateriale, nonché di passività, organizzato per l’esercizio dell’attività artistica o professionale nonché i passaggi di beni in dipendenza di fusioni, scissioni o trasformazioni di società e di analoghe operazioni attuate da altri enti, inclusi quelli costituiti per l’esercizio dell’attività artistica o professionale, purchè l’ente ricevente abbia il diritto pieno alla detrazione dell’IVA. Queste fattispecie sono soggette ad Imposta di Registro nella misura fissa di 200 euro.
CAUTELE.
Come accennato, le predette operazioni possono segnare il passaggio da un ente sottoposto alla disciplina del lavoro autonomo a quella d’impresa e viceversa. Ad esempio, si considerino la trasformazione da Stp in associazione professionale, oppure, la scissione di una Stp in cui una beneficiaria è uno studio associato.
In questi casi avviene un passaggio sia tra imposte applicabili (da Ires ad Irpef) sia tra le discipline di determinazione del reddito (da reddito di impresa a reddito di lavoro autonomo). Mutatis mutandis, le medesime problematiche si pongono in caso di percorso inverso, cioè nell’ipotesi in cui l’ente avente causa (che riceve i beni o che risulta dalla trasformazione) è sottoposto alle regole del reddito d’impresa, mentre il dante causa (cioè l’ente che trasferisce i beni o che viene trasformato) è sottoposto al regime del lavoro autonomo.
In questi casi, l’art. 177-bis, comma 4, stabilisce che: “4. Al fine di evitare salti o duplicazioni di imposizione, nel caso di passaggio, per effetto delle disposizioni di cui ai commi precedenti, da un periodo di imposta soggetto alla determinazione del reddito di lavoro autonomo ai sensi dell’articolo 54 a un periodo di imposta soggetto alla determinazione del reddito d’impresa ai sensi degli articoli 56 e 83, i componenti positivi e negativi che hanno già concorso alla formazione del reddito, in base alle regole del regime di determinazione del reddito di lavoro autonomo, non assumono rilevanza nella determinazione del reddito d’impresa dei periodi di imposta successivi; corrispondenti criteri si applicano per l’ipotesi inversa di passaggio da un periodo di imposta soggetto alla determinazione del reddito d’impresa a un periodo d’imposta soggetto alla determinazione del reddito di lavoro autonomo. Si applica, in quanto compatibile, l’articolo 170, commi 3 e 4, anche in caso di fusioni e scissioni.”. In sintesi, le operazioni di conferimento, scissione e fusione tra gli enti esercenti attività professionali sono disciplinate in larga misura sul modello della trasformazione “eterogenea” (cioè implicante la trasformazione da una società soggetta all’IRPEF ad una soggetta all’IRES e viceversa) di cui all’art. 170, commi 2, 3 e 4 del TUIR.