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mercoledì 2 Luglio 2025
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Il redditometro non colpisce l’Iva e l’Irap evasa da professionisti e imprenditori

L’impiego automatico e generalizzato del nuovo strumento rischia di favorire ulteriormente l’evasione dell’Iva e dell’Irap da parte di professionisti e imprenditori. Sul maggior reddito determinato in maniera sintetica si paga solo l’Irpef.

di Oreste Saccone 

Il redditometro, sul quale sembra aver puntato con decisione il governo nella lotta all’evasione, rischia di essere un’arma poco efficace soprattutto nei confronti di professionisti e imprenditori. E ciò perchè dal raggio di applicazione dello strumento restano fuori l’Iva e l’Irap. In pratica è come se il reddito del professionista o dell’imprenditore fosse tassato solo con l’Irpef senza tener conto che nella normalità dei casi il maggior reddito occultato da tali contribuenti, rilevato mediante l’accertamento sintetico, cioè in base al tenore di vita e alle spese sostenute, deriva da compensi o ricavi non dichiarati provenienti dalla sua attività lavorativa abituale e dovrebbe scontare anche Irap e Iva. Una scelta che potrebbe essere contestata dalla Ue in quanto configurerebbe una rinuncia ad accertare l’eventuale Iva evasa.

Sarebbe stato logico e ragionevole attribuire, in via presuntiva, al maggior reddito determinato sinteticamente la stessa natura del reddito derivante dall’attività abituale del contribuente, facendo salva la prova contraria. Non è stata questa la scelta del legislatore che se, per un verso, ha introdotto il nuovo redditometro come strumento di controllo di massa, dall’altro, non ha collegato il maggior reddito accertato in base al tenore di vita alla fonte di reddito tipica del professionista o dell’imprenditore, preferendo imputare il maggior imponibile determinato in via sintetica genericamente al reddito complessivo. Con la conseguenza che la rettifica effettuata con metodo sintetico acquista rilievo solo ai fini Irpef e non anche ai fini Irap e Iva. 

Supponiamo, ad esempio, che l’avvocato Rossi abbia dichiarato per il periodo d’imposta 2009 il reddito complessivo di 15.000 euro (Irpef relativa 3.450 euro), e che, applicando gli indicatori del nuovo redditometro, venga accertato a suo carico sinteticamente il reddito complessivo di 55.000 euro (Irpef dovuta 17.220 euro), dall’accertamento del maggior imponibile di 40.000 euro scaturisce una maggiore imposta Irpef pari a 13.770 euro, più sanzioni ed interessi, senza alcuna conseguenza ai fini Iva e Irap. Qualora il maggiore imponibile di 40.000 euro, invece, venisse attribuito, com’è ragionevole presumere, a compensi professionali non dichiarati, accanto al recupero della maggiore imposta Irpef evasa di 13.770, verrebbe recuperata la maggiore imposta sul valore aggiunto (Iva), dovuta su detti maggiori compensi in nero pari a 8.000 euro. Inoltre sarebbe dovuta una maggiore imposta Irap di circa 1.560 euro. In conclusione, il nostro avvocato, che, salvo prova contraria, ha evaso redditi professionali per 40.000 euro, con l’applicazione del nuovo redditometro beneficia di una sanatoria Iva ed Irap risparmiando circa 9.560 euro, più relative sanzioni ed interessi . E’ evidente che per il potenziale evasore, che sia imprenditore o esercente arti o professioni, la determinazione sintetica del reddito complessivo può costituire un ottimo escamotage per non pagare l’Irap e l’Iva, eventualmente evase.

A questo punto appare necessario un nuovo intervento legislativo, che corregga questa stortura e recepisca quella che costituisce una semplice regola di buon senso, che può assurgere a presunzione legale relativa, e cioè : se il tenore di vita del contribuente evidenzia un reddito sinteticamente determinabile maggiore di quello dichiarato e il contribuente è un imprenditore o lavoratore autonomo, il maggior reddito rilevato in via sintetica è imputabile quale reddito d’impresa o di lavoratore autonomo, salvo prova contraria.Con la conseguenza che la rettifica operata sinteticamente ai fini delle imposte dirette ha effetto anche per l’Imposta regionale sulle attività produttive e per l’Imposta sul valore aggiunto, relativamente alle fattispecie per esse rilevanti. Per la definizione dell’Imposta sul valore aggiunto si potrebbe mutuare il criterio individuato in sede di accertamento con adesione dall’art. 2 del dl.gs 218/97, in base al quale l’imposta è liquidata applicando, sui maggiori componenti positivi di reddito rilevanti ai fini della stessa, l’aliquota media risultante dal rapporto tra l’imposta relativa alle operazioni imponibili , diminuita di quella relativa alle cessioni di beni ammortizzabili e di quella considerata detraibile forfettariamente in relazione ai singoli regimi speciali adottati, e il volume d’affari incrementato delle operazioni non soggette ad imposta e di quelle per le quali non sussiste l’obbligo di dichiarazione.

Diversamente, come estrema ratio, si potrebbe ripristinare la disciplina originaria del procedimento di rettifica fiscale delle persone fisiche, di cui all’art. 38 del Dpr. 600/73, che consentiva all’ufficio fiscale di determinare sinteticamente il reddito complessivo solo qualora, dopo aver proceduto alla ricostruzione analitica dei singoli redditi (ad esempio d’impresa, di lavoro autonomo, di capitale, etc. etc.), emergeva comunque un reddito complessivo inferiore a quello fondatamente attribuibile al contribuente. Non è escluso che, in assenza dell’auspicato intervento da parte del legislatore nazionale, l’applicazione massiva e automatica del nuovo redditometro nei confronti dei professionisti e degli imprenditori individuali, che produce di fatto una sanatoria dell’imposta sul valore aggiunto, possa costringere la Commissione UE ad aprire una procedura d’infrazione nei confronti dell’Italia per violazione degli articoli 2 e 22 della sesta direttiva e dell’art. 10 CE, che non consentono agli Stati membri di disporre misure di condono in relazione all’IVA, in quanto imposta armonizzata.

Pubblicato il 27/10/10 in Analisi

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