back to top
venerdì 24 Ottobre 2025
spot_img
spot_img

Cassazione, nullo l’atto impositivo emesso senza consultare il contribuente

Per i giudici dlla Suprema corte il contribuente ha diritto di conoscere per tempo le azioni che l’amministrazione intende intraprendere per assicurare la pretesa tributaria. Un principio già ampiamente recepito dall’Agenzia delle Entrate.

di Pasquale Fabbrocini

Le Sezioni unite della Corte di Cassazione, con una sentenza destinata a fare scuola[1], hanno sancito l’obbligo per il fisco, prima di emettere un atto impositivo, di sedersi ad un tavolo di confronto con il contribuente interessato (c.d. “obbligo del previo contraddittorio”). Invero, già prima di tale pronuncia della Suprema Corte, l’Agenzia delle Entrate, nell’ambito degli indirizzi operativi sull’attività di accertamento per il 2014[2], aveva prescritto, in via generale, la necessità del preventivo confronto con il contribuente prima di addivenire alle proprie determinazioni finali.

{jcomments on}

E’, innanzitutto, utile evidenziare quale sia la fattispecie concreta esaminata dalle Sezioni unite, in quanto i principi di diritto sanciti dalla Corte di Cassazione non possono essere estrapolati in modo asettico, poichè risentono della materia del contendere esaminata dai giudici di legittimità. Orbene, le Sezioni unite sono state chiamate a stabilire se l’agente della riscossione non sia tenuto, ove sia decorso un anno dalla notifica della cartella di pagamento, prima di procedere all’iscrizione di ipoteca sugli immobili del contribuente[3], a notificargli un avviso che contenga l’intimazione ad eseguire, entro cinque giorni, il pagamento delle somme iscritte a ruolo[4]. Tale questione si è posta anteriormente all’entrata in vigore della riforma del 2011[5], a norma della quale “l’agente della riscossione è tenuto a notificare al proprietario dell’immobile una comunicazione preventiva contenente l’avviso che, in mancanza del pagamento delle somme dovute entro il termine di trenta giorni, sarà iscritta l’ipoteca di cui al comma 1[6].”.

Pertanto, tale sentenza delle Sezioni Unite assume rilievo per i principi di diritto esposti in motivazione, piuttosto che per la soluzione della questione controversa, che è oramai superata[7]. Ciò posto, occorre evidenziare che i giudici di legittimità hanno collocato l’iscrizione di ipoteca sugli immobili del contribuente nell’ambito di un’attività esecutiva alternativa all’espropriazione forzata, disciplinata dal codice di procedura civile[8]. Ciò ci autorizza a ritenere validi i principi di diritto  applicati dalla Corte anche all’attività di accertamento tributario in senso lato. A tal proposito, la Corte ha, innanzitutto, ritenuto applicabile il principio, contenuto nella legge che disciplina l’azione amministrativa in generale, per il quale  la persona, che è destinata a subire gli effetti sfavorevoli di un atto amministrativo, deve   essere informata del fatto che sta per essere emesso un atto per lei  pregiudizievole[9] (e gli atti impositivi sono evidentemente pregiudizievoli per i contribuenti destinatari). Inoltre, la Corte ha  chiarito la funzione di tale obbligo di preavviso, affermando che: “tale comunicazione è strutturalmente funzionale a consentire e a promuovere, da un lato, il reale ed effettivo esercizio del diritto di difesa del contribuente a tutela dei propri interessi e, dall’altro, l’interesse pubblico ad una corretta formazione procedimentale della pretesa tributaria e dei relativi mezzi di realizzazione”.

Tali conclusioni, a parere della Corte, costituiscono anche applicazione dei principi costituzionali di imparzialità e buon andamento dell’azione amministrativa[10] e del principio di leale collaborazione, previsto dallo statuto dei diritti del contribuente[11]. Ma, soprattutto, i giudici di legittimità hanno sancito il diritto del contribuente a partecipare all’attività di accertamento che lo riguarda, sebbene secondo le modalità stabilite dalle leggi speciali che disciplinano l’accertamento e la riscossione dei tributi[12]. In definitiva, conclude la Corte, dal complesso delle norme contenuto nello statuto del contribuente, “emerge chiaramente che la pretesa tributaria trova legittimità nella formazione procedimentalizzata di una “decisione partecipata” mediante la promozione del contraddittorio.”. La medesima Corte aveva già avuto modo di precisare che il contraddittorio non deve avere un carattere meramente formale (risolvendosi, ad esempio, in una semplice richiesta di documenti), ma deve essere un momento di confronto reale tra Fisco e contribuente[13].

Orbene, l’Agenzia delle Entrate, già prima del pronunciamento delle Sezioni Unite, aveva assegnato agli Uffici operativi “il compito di presidiare la centralità del rapporto con il contribuente che, nellambito dellattività di controllo, si declina attraverso la partecipazione del cittadino al procedimento di accertamento mediante il contraddittorio, sia nella fase istruttoria sia nellambito degli istituti definitori della pretesa tributaria. (…) Un adeguato confronto con il contribuente consente, da un lato, di rendere lo stesso partecipe, in modo tangibile e trasparente, dello sforzo che l’Agenzia quotidianamente persegue, di esercitare i compiti istituzionali ad essa affidati in un contesto di leale collaborazione e buona fede, dimostrando capacità di ascolto, professionalità e chiarezza nelle spiegazioni. Dall’altro lato, permette all’ufficio di individuare con maggior attendibilità la sussistenza dei presupposti dell’atto in corso di definizione, con effetti positivi diretti sullaffidabilità dei controlli[14]”. 

Note

[1] Si fa riferimento a Corte Cass., SS.UU., sentenza n. 19667, dep. Il 18/09/2014.

[2] Si veda la Circolare dell’Agenzia delle Entrate n. 25/E del 6/08/2014, par. 1 – Premessa.

[3] Si rammenta che in base all’art. 77 del D.P.R. n. 602/1973, l’agente della riscossione, decorso il termine di 60 giorni per il pagamento delle somme indicate nella cartella di pagamento, può iscrivere ipoteca (legale) sugli immobili del contribuente per un valore pari al doppio delle somme dovute.

[4] Tale obbligo era già previsto dall’art. 50, c. 2, del D.P.R. n. 602/1973 nell’ambito dell’espropriazione forzata immobiliare; si veda l’ordinanza n. 18007 del 24/07/2013, con la quale la VI Sez. Tributaria della Corte Cass. Ha rimesso la questione alle SS.UU..

[5] Si tratta dell’art. 7, c. 2, lett. u-bis) del D.L. n. 70/2011, conv. Con mod. nella L. n. 106/2011. 

[6] La novella legislativa riportata alla nota precedente ha introdotto il comma 2-bis all’art. 77 del D.P.R. n. 602/1973, il cui contenuto è riportato nel testo.

 

[7] Va segnalato che le Sezioni Unite, nella pronuncia in commento, hanno acclarato il carattere innovativo e non interpretativo del disposto del comma 2, lett. u-bis) dell’art. 7 del D.L. n. 70/2011, il quale, quindi, non ha efficacia retroattiva.

[8] Anche sotto tale profilo, la sentenza in commento è fortemente innovativa: basti pensare che le medesime Sezioni Unite, con la sentenza n. 6594/2009, avevano qualificato l’iscrizione ipotecaria, ai sensi dell’art. 77 del D.P.R. n. 602/1973, quale atto propedeutico all’espropriazione immobiliare e, quindi, assorbita alla disciplina di quest’ultima, come regolata dal codice del rito civile.

8) Invero, l’art. 10-bis della L. n. 241/1990 limita l’obbligo di preavviso ai provvedimenti sfavorevoli da emettere al termine di procedimenti innescati da un’istanza di parte: invece, l’accertamento tributario è sempre il frutto di un procedimento ad iniziativa d’Ufficio, a meno di non volere qualificare l’autodichiarazione dei redditi come una istanza di accertamento dei propri redditi. Le uniche ipotesi che si intravedono di procedimenti tributari ad iniziativa di parte sono quelli attinenti ai rimborsi ed alle richieste di agevolazioni fiscali.    

[10] Tali principi sono sanciti dall’articolo 97 della Costituzione.

[11] Si veda l’art. 10 della L. n. 212 del 27/07/2000 (statudo dei diritti del contribuente).

[12] Su tale punto, la Corte ha opportunamente chiarito che l’esclusione, prevista dall’art. 13 della L. n. 241/1990, dei procedimenti tributari dall’ambito applicativo degli istituti partecipativi, previsti dagli artt. Da 7 a 12 della medesima L. n. 241/1990, non implica che a tali procedimenti il contribuente non possa in alcun modo partecipare, ma che tale partecipazione è disciplinata dalle leggi speciali in materia tributaria.

[13]In tal senso, si veda, da ultimo, Corte Cass., sentenza n. 20420/2014.

[14] Si veda la nota 2.

Dello stesso autore

RISPONDI

Please enter your comment!
Please enter your name here

Altro in Attualità

Rubriche