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sabato 25 Ottobre 2025
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Frodi fiscali, delega fa chiarezza sui termini per l’accertamento

Per le frodi il fisco potrà disporre del raddoppio dei termini per le attività di controllo solo quando la segnalazione del comportamento fraudolento viene fatta entro i termini ordinari di accertamento.

di Pasquale Fabbrocini

La delega fiscale disciplina, tra l’altro, una questione molto rilevante nell’ambito dell’attività di contrasto alle frodi fiscali, ossia, quali siano i presupposti in base ai quali l’Amministrazione Finanziaria può disporre di termini raddoppiati per svolgere i controlli di competenza ed emanare l’atto impositivo. Il decreto attuaivo in arrivo stabilisce che la denuncia penale dovrà essere fatta comunque entro i termini ordinari di accertamento. Sono comunque fatti salvi gli atti emanati fino al varo della nuova disciplina in linea con quanto stabilito da una sentenza della Consulta. I giudici della Corte hanno stabilito la validità del raddoppio dei termini anche nei casi un cui il comportamento fraudolento sia stato segnalato successivamente ai termini ordinari per l’accertamento.

 

Occorre evidenziare, innanzitutto, che il Fisco può eseguire i propri controlli entro termini di decadenza ben precisi (entro il quarto anno successivo a quello di presentazione della dichiarazione, ovvero, entro il quinto anno successivo a quello nel quale la dichiarazione avrebbe dovuto essere presentata,  in caso di omissione della dichiarazione medesima).[1] Orbene, nel 2006, il c.d. decreto Visco – Bersani’, allo scopo di affilare le armi contro gli evasori fiscali, ha previsto che, nel caso in cui la condotta del contribuente  fosse da qualificare illecita non solo sotto il profilo amministrativo-tributario ma anche sotto quello penal-tributario, il Fisco può disporre di termini raddoppiati per eseguire i propri controlli[2].

In tali ipotesi, l’Ufficio finanziario è obbligato a produrre tempestiva denuncia dei fatti penalmente rilevanti all’Autorità Giudiziaria[3]. Da tale contesto normativo  era emersa una questione di cruciale importanza concernente il fatto se, ai fini del suddetto raddoppio dei termini, l’Ufficio finanziario fosse obbligato a produrre la suddetta denuncia prima dello spirare dei termini di decadenza ordinari per l’esercizio del potere accertativo o, invece, se tale denuncia potesse essere effettuata anche successivamente. Si era parlato anche di incostituzionalità della norma che ha introdotto tale raddoppio dei termini, nella parte in cui non prevedeva che la denuncia penale doveva essere effettuata prima della ordinaria decadenza dal potere di accertamento[4]. Su tale questione la Commissione tributaria provinciale di Napoli[5], la quale aveva formalmente investito della questione la Corte Costituzionale, aveva posto l’accento sul fatto che se la denuncia per una violazione relativa ad un determinato periodo d’imposta viene effettuata in una data successiva al termine di decadenza ordinario per emettere l’accertamento, per quel medesimo periodo d’imposta di fatto si “riaprono” i termini per l’azione accertatrice.

La Corte costituzionale[6] ha invece ritenuto tale raddoppio dei termini pienamente legittimo giacché non si sarebbe in presenza di una “riapertura o proroga di termini scaduti” né di “reviviscenza di poteri di accertamento ormai esauriti”, ma di termini fissati direttamente dalla legge operanti automaticamente in presenza di una speciale condizione obiettiva (obbligo di denuncia penale per i reati tributari), senza che all’amministrazione sia riservato alcun margine di discrezionalità per la loro applicazione. Pertanto, la Consulta ha acclarato che è indifferente se la denuncia penale sia prodotta prima o dopo gli ordinari termini di accertamento[7]. Orbene, l’emanando decreto legislativo di attuazione della legge delega per la riforma fiscale, tra l’altro, prevede che la denuncia penale deve essere effettuata entro i termini ordinari di decadenza, facendo salvi, tuttavia, i controlli fiscali eseguiti sino all’entrata in vigore del Decreto medesimo. Pertanto, sono salvi tutti gli accertamenti notificati sino alla suddetta data ed emanati sulla base dei termini raddoppiati computati alla luce della sopra riportata pronuncia della Consulta.  


[1] Si vedano, ai fini delle Imposte Dirette, l’art. 43, c. 1, del D.P.R. n. 600/1973 ed, ai fini IVA, l’art. 57 del D.P.R. n. 633/1972.

[2] Si fa riferimento all’art. 37, c. 26, del D.L. n. 223 del 4/07/2006.

[3] Tale obbligo è sancito dall’art. 331 del codice di procedura penale.

[4] Per approfondimenti si veda, ex pluribus, Fabio Graziano, Massimo Procopio, “Il raddoppio dei termini per l’accertamento dopo la sentenza n. 247 del 2011 della Corte costituzionale: problemi risolti e problemi aperti”, in Dir. E Prat. Trib., 6, 2011, pagg. 1129 e ss.

[5] La Ctp di Napoli – Sez. I – aveva sollevato la pregiudiziale costituzionale in merido alla legittimità costituzionale del citato art. 37 del Dl n. 223 del 2006, con ordinanza del 29 aprile 2010, pubblicata sulla Gazzetta ufficiale n. 39 del 29 settembre 2010. 

 

[6]Si veda: Corte cost., sentenza del 25 luglio 2011, n. 247

[7] La Consulta ha evidenziato che il dovere, in capo all’Amministrazione Finanziaria, di eseguire tempestivamente la denuncia penale costituisce garanzia dell’imparzialità del Fisco, il quale non gode di alcun potere discrezionale nel determinare il raddoppio dei termini per l’accertamento. Infatti, ha precisato la Consulta: “il sistema processuale tributario consente, inoltre, al giudice tributario di controllare, se richiesto con i motivi di impugnazione, la sussistenza dei presupposti dell’obbligo di denuncia, compiendo una valutazione ora per allora circa la loro ricorrenza e accertando, quindi, se l’Amministrazione finanziaria abbia agito con imparzialità o abbia, invece, fatto un uso pretestuoso e strumentale delle disposizioni per fruire di un più ampio termine di accertamento.”.

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