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venerdì 24 Ottobre 2025
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Anche McDonald’s finisce nel mirino: sospetta elusione fiscale da un miliardo di euro

Il consorzio di sindacati europei e Usa accusano la multinazionale di aver nascosto in Lussemburgo royalty per 3,7 miliardi di euro. Chiesto l’avvio di indagini alla Commissione Europea.

Di norma, una società con tredici dipendenti che vanta un fatturato da 3,7 miliardi di euro può destare dei sospetti. Se poi la società in questione ha sede legale in Lussemburgo ed è controllata nientemeno che da McDonald’s, allora gli indizi iniziano a costituire la prova di un’elusione miliardaria. Se ne sono accorti i sindacati del comparto pubblico europeo e statunitense, Epsu e Seiu, che lo scorso 26 febbraio hanno presentato a Bruxelles un corposo dossier dal titolo “Unhappy Meal, l’elusione fiscale di Mcdonald’s in Europa”, in cui denunciano le pratiche aggressive della multinazionale a stelle e strisce, che avrebbe trasferito i proventi delle royalties nel Granducato e pagato, su 3,7 miliardi, solo 16 milioni di euro di tasse nel periodo 2009-2013. In pratica un’aliquota dello 0,43%, bassa anche per il paradisiaco Lussemburgo, che alimenta il sospetto di un accordo fiscale tra le autorità e l’azienda. Se così fosse non sarebbe una novità per il Granducato, che già nell’ottobre scorso venne travolto dello scandalo “Luxleaks” per i tax ruling concessi a decine di grandi aziende, da Amazon a Ikea. In quell’inchiesta finì nel mirino anche l’ex primo ministro lussemburghese Jean Claude Junker, attuale presidente di quella Commissione Europea alla quale si chiede ora di indagare sulla vicenda McDonald’s. Secondo i sindacati, il gigante dei fast food avrebbe eluso al Fisco italiano 74 milioni di euro.

Royalty in paradiso. Il meccanismo elusivo – secondo il rapporto cui hanno partecipato anche i sindacati del comparto alimentare e del turismo (Effat), la lega dei lavoratori Usa “Change to win” e l’Ong britannica “War on Want”- avrebbe inizio nel 2009. La multinazionale decide una forte riorganizzazione aziendale che, oltre al trasferimento della sede europea da Londra a Ginevra, porta alla costituzione di una società in Lussemburgo, la “McD Europe Franchising Sàrl”. È qui che iniziano a confluire le royalties, ossia i canoni fissati al 5% e dovuti dai franchisee europei alla casa madre per lo sfruttamento dei diritti d’autore. Un sistema già conosciuto e praticato da altre grandi aziende, che avrebbe permesso a McDonald’s di pagare tasse ad aliquote quasi azzerate: secondo i sindacati tra il 2009 e il 2013, la società lussemburghese avrebbe pagato 16 milioni di euro su un fatturato complessivo di 3,7 miliardi. Ancora più sorprendenti i dati dei singoli anni: nel 2012 su 816 milioni di incassi da royalty, ha versato 2,6 milioni di imposte; nel 2013 3,3 milioni su un profitto di 833, in pratica lo 0,39%. Percentuale bassa anche per la generosa fiscalità lussemburghese, che non coincide con l’aliquota ordinaria del 29% sulle società né con il regime agevolato al 5,8% previsto per gli investimenti in ricerca e sviluppo, di cui peraltro non c’è traccia nei conti della Mcd Sarl. Per i sindacati, insomma, le conclusioni sono due: la prima, che il Granducato abbia stretto un “patto” fiscale con McDonald’s, come già successo in passato; la seconda, che con questo meccanismo l’azienda avrebbe eluso alle autorità fiscali di mezza Europa una somma pari a 1,06 miliardi di euro.

L’elusione in Italia. Nel Belpaese, dove McDonald’s vanta oltre 500 fast food e un giro d’affari superiore al miliardo, le royalties nascoste al Fisco nel quinquennio 2009-2013 sarebbero pari a 237 milioni di euro. Il rapporto stima che su questa somma l’amministrazione italiana potrebbe recuperare complessivamente 223 milioni, di cui 74 da tassazione ordinaria e 149 da sanzioni, ipotizzate al 200%. 

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