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venerdì 24 Ottobre 2025
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Alla lotteria del Catasto: così gli immobili sono quotati un terzo del loro valore reale (Il Sole 24 Ore)

La realtà dei singoli contribuenti è ancora più complessa di quella fotografata dalle medie: perché circa il 5% degli immobili italiani ha un valore reale pari o inferiore a quello catastale, mentre un gruppo analogo viaggia sul mercato a livelli fra 8 e 10 volte superiori rispetti ai numeri scritti in Catasto

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di Gianni Trovati

Il Catasto è bellissimo. Ritoccarlo sarebbe un vero peccato. Soprattutto per i proprietari di circa un quarto delle case italiane, trattati con i guanti bianchi da un fisco che attribuisce ai loro immobili un valore medio pari al 26% di quello riconosciuto dal mercato. Il sistema è invece assai meno attraente agli occhi dei proprietari di un altro quarto delle case, per le quali il valore prodotto da estimi e rendite arriva al 62,5% di quello delle compravendite.

Per questo secondo gruppo, infatti, l’aliquota implicita (imposta da pagare su valore reale del bene) che si applica fuori dalle abitazioni principali pesa 2,4 volte di più di quella chiesta al primo gruppo. Rispetto alla media nazionale, in cui il valore catastale si attesta al 34,5% di quello reale, i fortunati hanno un conto effettivo alleggerito del 24%, agli sfortunati ne arriva invece uno appesantito dell’81%.

Ma la realtà dei singoli contribuenti è ancora più complessa di quella fotografata dalle medie: perché circa il 5% degli immobili italiani ha un valore reale pari o inferiore a quello catastale, mentre un gruppo analogo viaggia sul mercato a livelli fra 8 e 10 volte superiori rispetti ai numeri scritti in Catasto. Nel mondo reale, quindi, l’aliquota implicita del gruppo di testa pesa anche il 90% in meno di quella chiesta a chi sta in fondo a questa caotica gerarchia catastale.

IL VALORE DEGLI IMMOBILI

Il problema è tutto qui. Lo ha ricordato a ottobre l’Ufficio parlamentare di Bilancio, quando in un’audizione ha sottolineato che «l’incapacità dell’attuale sistema catastale di restituire un’adeguata valorizzazione degli immobili si riflette nell’iniquità della distribuzione del prelievo». In quell’occasione l’Upb ha richiamato le cifre citate all’inizio, frutto di un’analisi finora unica condotta dall’agenzia del Territorio su oltre 163mila immobili nel 2015. Nel frattempo salite e discese dei mercati locali hanno rimescolato ulteriormente le carte, senza modificare la questione di fondo. Che assume tratti diversi da Regione a Regione, come mostra un altro studio delle Entrate del 2019. E soprattutto distingue metropoli e piccoli centri, separa nella stessa città zone centrali e periferiche, case vecchie e nuove, generalmente premiando le prime e castigando le seconde. In una girandola che però sembra seguire una regola di fondo: «La sperequazione tende a favorire i segmenti della popolazione con maggiore ricchezza abitativa», spiega sempre l’Upb.

Nascono da questi fattori i ripetuti tentativi fin qui sempre bloccati di rimettere mano al Catasto, in un dibattito eterno che ora incrocia con una vena di surreale il dramma della guerra in Ucraina. Fino a inseguire il presidente del Consiglio a Bruxelles dopo il bilaterale con la presidente della commissione Ursula Von Der Leyen sulle misure per contrastare la guerra, gestire l’esodo dei profughi e combattere lo shock energetico. «Nessuno pagherà più tasse», ha detto Draghi rispondendo ai giornalisti.

Il punto è che l’articolo 6 della delega fiscale, che dopo aver spaccato la maggioranza giovedì scorso tornerà oggi al voto in commissione Finanze alla Camera su un emendamento soppressivo presentato dagli ex grillini di «L’alternativa c’è», appare solo il primo passo di un cammino. E i timori di critici e oppositori si concentrano sull’eventuale traguardo.

La delega prevede solo un lavoro pluriennale per affiancare dal 2026 agli indicatori attuali un «valore patrimoniale e una rendita attualizzata in base, ove possibile, ai valori normali espressi dal mercato», specificando che questi dati non andranno «utilizzati per la determinazione della base imponibile dei tributi». Ma è complicato immaginare che un’operazione del genere sia messa in piedi per puro amore di conoscenza. L’obiettivo è l’emersione complessiva delle sperequazioni citate all’inizio, che metterebbe in chiaro a chi conviene la difesa del Catasto così com’è.

Ma la clausola di «invarianza fiscale», ispirata dal tentativo (fallito) di spegnere una polemica sempre incendiaria nell’Italia dei proprietari, ha il difetto di non essere chiara negli obiettivi finali del ricalcolo dei valori; e nel rapporto con le Raccomandazioni Ue, fra le basi del Pnrr di cui la delega fiscale è una riforma «di accompagnamento», che indicano nell’aggiornamento del Catasto una leva per «spostare la pressione fiscale dal lavoro». Perché un conto è redistribuire il carico fra i fortunati e gli sfortunati della lotteria catastale, un altro è cercare nel mattone le risorse per tagliare le tasse sul lavoro. Ma un dato è certo. Senza numeri il dibattito gira a vuoto. E i numeri, se la riforma supererà gli ostacoli in commissione, in Aula e al Senato, arriveranno nel 2026.

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