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mercoledì 18 Giugno 2025
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Manovra, ai Comuni armi spuntate nella lotta all’evasione

Il potenziamento della partecipazione dei Comuni all’accertamento dei tributi statali rischia di trasformarsi nell’ennesimo proclama antievasione. Si torna ai Consigli tributari comunali, uno strumento che risale al 1945 e che era stato abbandonato per la scarsa efficacia.

La nuova strategia antievasione del governo punta con decisione sul ruolo dei comuni. Con glii emendamenti alla manovra di agosto presentati dall’esecutivo vengono introdotte significative modifiche alla partecipazione dei Comuni all’attività di accertamento dei tributi statali. Tre gli interventi fondamentali: l’aumento della quota di evasione recuperata spettante ai comuni, il potenziamento del ruolo dei Consigli tributari e la  pubblicazione sui siti dei Comuni delle dichiarazioni dei redditi. Da una prima analisi delle proposte del governo appare evidente che l’esecutivo ha scelto comunque una strada tortuosa e complessa che porterà ad un appesantimento burocratico e ad un allungamento dei tempi sia per quanto riguarda i Consigli tributari che la pubblicazione delle dichiarazioni, compito quest’ultimo che l’Agenzia delle entrate può svolgere con rapidità e in modo omogeneo.

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Nel dettaglio analizzando la proposta emendativa presentata dal ministro dell’Economia si possono estrapolare tre passaggi chiave di modifica di una parte dell’attuale quadro normativo che disciplina la partecipazione dei Comuni all’accertamento dei tributi statali: l’aumento dal 50% al 100% della quota spettante ai Comuni riferita alle maggiori somme relative a tributi statali riscosse a seguito dell’intervento degli enti locali che abbiano contribuito all’accertamento; l’assegnazione ai cosiddetti Consigli tributari delle funzioni che l’art. 44 del DPR n. 600 del 1973 aveva assegnato ai Comuni e cioè: l’acquisizione e l’analisi dei dati dichiarativi dei contribuenti e delle segnalazioni relative agli accertamenti sintetici che l’Agenzia delle entrate avvia su contribuenti residenti nel territorio del Comune, la possibilità di inviare all’Agenzia delle entrate elementi utili ai fini di tali accertamenti, il potere di richiedere dati e notizie alle amministrazioni ed enti pubblici i quali hanno l’obbligo di rispondere gratuitamente; la pubblicazione sui siti dei Comuni dei dati relativi alle dichiarazioni dei redditi dei contribuenti in essi residenti. Proposte che, ad avviso  del ministro dell’Economia renderanno la partecipazione dei Comuni all’accertamento “effettiva, necessaria e non solo teorica”.

Sul primo intervento è appena il caso di evidenziare che l’aumento della quota di compartecipazione vale solo per 3 anni, dal 2012 al 2014: come affermare che l’aiuto degli enti locali per contrastare il fenomeno dell’evasione non deve essere strutturale ma momentaneo e finalizzato esclusivamente a recuperare le risorse virtualmente cifrate accanto all’intervento emendativo per dare copertura alla manovra. Forse ci si dimentica anche che i Comuni necessitano di tempo (forse proprio 2-3 anni) e risorse per attrezzarsi e formare il personale ai fini investigativi su materie sino ad oggi mai trattate (i tributi statali).

In merito al secondo intervento, forse ancora oggi sfugge al ministro e ai suoi tecnici che il Consiglio tributario è una istituzione pensata e disciplinata quasi 70 anni fa, esattamente da una norma del 1945 che lo stesso Governo si è scordato di incenerire nel rogo delle leggi vetuste e burocraticamente vincolanti per il Paese. Tale legge dispone che i componenti del Consiglio tributario devono essere “eletti” e che il diritto di partecipare a tali elezioni “compete a tutti gli iscritti nelle liste elettorali amministrative”, ad esclusione del personale dell’amministrazione finanziaria, “dei condannati per violazione delle leggi finanziarie costituente delitto, dei contribuenti morosi per sei rate consecutive al pagamento di imposta erariale o locale definitivamente accertate, finché dura lo stato di morosità e di coloro che non siano assoggettati ad alcuna imposta diretta fino a quando perdura lo stato di non contribuente”.

La proposta del Governo, quindi, porta alla conclusione che si voglia dare il potere di accesso alle informazioni dell’anagrafe tributaria nonché alle informazioni relative all’attività di indagine condotte dagli Uffici dell’Agenzia delle entrate a soggetti esterni rispetto ai funzionari comunali e alla polizia municipale i quali, forse, potevano essere le uniche figure realmente capaci e affidabili a cui attribuire un compito così delicato come quello delle investigazioni ai fini fiscali. Non solo: pare ancor di più sfuggire ai tecnici del ministero, impegnati a ritracciare ed eliminare gli sprechi della pubblica amministrazione, che l’affiancamento dei Consigli tributari ai Comuni nel ruolo chiave di collaboratori degli ispettori del fisco comporterà una chiara duplicazione di funzioni, sovrapposizione di competenze e duplicazione di investimenti per fornire gli strumenti di lavoro (pc, software, auto, ecc.), nonché il rischio che i membri di tali strutture possano essere eletti all’interno di un sistema clientelare.

Infine, la proposta di pubblicare sui siti dei Comuni l’elenco dei dati dichiarativi dei contribuenti in essi residenti, sempre dopo che si sarà trovato un accordo tra gli efficienti tecnici del ministero e i rappresentanti della Conferenza Unificata. Sul punto sorge una domanda spontanea: se l’obiettivo è quello di fare deterrenza, ridurre gli sprechi ed efficientare la Pubblica amministrazione, perché ci si deve spendere tempo e risorse per stabilire come, quando e dove i Comuni devono pubblicare dati che vengono loro forniti dall’Agenzia delle entrate quando quest’ultima potrebbe farlo di fatto a costo zero e da subito? Forse, per il vero potenziamento dell’attività di partecipazione dei Comuni all’accertamento non occorreva tanta fantasia, bastava andare a vedere le realtà, sempre più numerose, dove il processo già funziona, grazie soprattutto alla capacità organizzativa e alle professionalità degli enti locali e degli uffici dell’Agenzia delle entrate, premiando tali enti con l’erogazione immediata o anche preventiva delle somme ad essi spettanti (cosa che, pare, ancora non sia avvenuta a distanza di 3 anni dall’inizio dell’invio delle segnalazioni da parte dei Comuni) e provocando, così, un po’ di invidia nei Comuni inerti.

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