Il direttore nell’evidenziare i limiti di Sogei dimentica il suo ruolo. E’ stato nel Cda della società informatica fino al 2011, mentre alla guida dell’Agenzia non ha dato un significativo contributo in termini di progetti per l’ammodernamento informatico.
di Obi
il direttore dell’Agenzia delle entrate Attilio Befera in una recente audizione in Commissione parlamentare di vigilanza sull’Anagrafe tributaria, dedicata al processo di aggiornamento dell’Anagrafe in rapporto all’attuazione degli obiettivi dell’Agenda digitale, ha posto l’attenzione su questioni che vanno al di là del tema su cui era chiamato a parlare. Ha evidenziato un “progressivo affaticamento” di Sogei che ne ha “diminuito le potenzialità di traino all’innovazione che per molto tempo l’avevano caratterizzata”. Da qui la richiesta di un nuovo progetto industriale che ne riveda l’organizzazione e ne ridefinisca il ruolo e la richiesta di una maggior libertà dell’Agenzia nel gestire le proprie risorse nel campo dell’innovazione tecnologica. Temi senza dubbio interessanti e sui quali vale la pena di soffermarsi, anche in considerazione di alcune evidenti discontinuità tra quanto enunciato e la storia degli ultimi quindici anni.
Tramite il suo direttore, l’Agenzia rivendica il proprio pieno coinvolgimento nello sviluppo dell’e-government che “sta determinando una progressiva riprogettazione del sistema informativo della pubblica amministrazione”. Viene condivisa l’idea che “nuovi standard e infrastrutture applicative di interoperabiltà evoluta” costituiscano i fattori abilitanti per “ridurre gli oneri a carico delle amministrazioni accelerando il processo di cambiamento”, ed affermata la necessità di attuare “semplificazioni architetturali” che “risolvano la complessità di tutti i sistemi che parlano di tutto direttamente e automaticamente con tutti gli altri sistemi”.
In questo scenario, l’Agenzia delle entrate partecipa alla realizzazione degli obiettivi indicati come prioritari dall’Agenda digitale. Sono stati, infatti, già ultimati il Sistema di Interscambio per il transito delle fatture elettroniche, e il Sistema di Interscambio Dati (Sid), attraverso il quale transitano i saldi dei conti correnti dei contribuenti, e verrà realizzata la toponomastica nazionale di riferimento. Inoltre, sui processi gestiti dall’Agenzia, avrà forte impatto l’istituzione di altre banche dati di interesse nazionali, seppur di competenza di altri enti, come l’Anagrafe nazionale della popolazione residente e l’Indice nazionale degli indirizzi di posta elettronica certificata.
Dal punto di vista quantitativo, l’Agenzia è l’owner di oltre il 50% dei dati dell’Anagrafe tributaria e questo dà il valore dimensionale della sua partecipazione. Di conseguenza contribuisce significativamente alla spesa informatica ma, per il raggiungimento dei compiti istituzionali, è tenuta per legge ad operare in via esclusiva con la Sogei, la società pubblica che opera sotto il controllo del ministero dell’Economia e delle Finanze, a sua volta pesantemente coinvolta nel processo di ammodernamento e riaccorpamento dei punti di competenza Ict della Pubblica amministrazione.
Di qui la preoccupazione per il “progressivo accentramento delle Basi dati di interesse nazionale, e delle relative piattaforme di sviluppo e gestione, verso la Sogei”, chiamata ad operare su più versanti e, quindi, a far fronte contemporaneamente sia al consolidato rapporto di esclusività di partnership con l’Agenzia, sia ai nuovi impegni attribuiti per legge.
Per questo il direttore chiede per l’azienda un nuovo progetto industriale che ne riveda l’organizzazione e ne ridefinisca il ruolo, sottolineando che la richiesta è stata già fatta, da tempo, al Dipartimento delle finanze.
In sostanza, l’Agenzia paga molti soldi, ma è vincolata per legge ad un fornitore che rischia di sfuggire al suo quasi esclusivo controllo. Quindi vorrebbe avere maggior libertà nel gestire le proprie risorse con il placet dell’organismo che dovrebbe essere il suo riferimento, il Dipartimento delle finanze.
Secondo il direttore dell’Agenzia, Sogei mostra i segni di un “progressivo affaticamento” che ne ha “diminuito le potenzialità di traino all’innovazione che per molto tempo l’avevano caratterizzata” (fino all’inizio degli anni 2000). La questione è, però, più ampia perché, fino alla nascita delle agenzie, l’intervento della Sogei si era esteso (forse anche impropriamente) ben oltre gli aspetti tecnologici, fino a coprire, in virtù delle competenze acquisite sulla materia fiscale, anche le carenze dell’Amministrazione finanziaria in campo amministrativo.
A partire dal 2001, proprio la nascita delle Agenzie fiscali, della quale l’attuale direttore dell’Agenzia delle entrate è stato uno dei protagonisti, ha segnato l’inversione di questa tendenza, secondo un “disegno” che avrebbe dovuto assegnare all’allora ministero delle Finanze la funzione di indirizzo politico dell’azione amministrativa e alle neonate agenzie il compito di attuarne le direttive, avvalendosi, in modo esclusivo vista la delicatezza dei temi trattati, del supporto informatico di Sogei, la società controllata.
In realtà le agenzie hanno gradualmente travalicato il perimetro delle attribuzioni per cui erano state costituite. Sia sul fronte tecnologico, sul quale avrebbero dovuto limitarsi ad un ruolo di committenza, sia su quello dell’azione amministrativa, nella quale avrebbero dovuto agire sotto indirizzo e controllo del potere politico.
Per quanto riguarda il primo aspetto, infatti, ci sono dati oggettivi di consistenza numerica e di tipologia delle strutture costituite in seno alle agenzie, che testimoniano come siano state acquisite in modo massiccio competenze informatiche con la creazione di centri di competenza interni che invadevano il campo tecnologico ed entravano in competizione diretta per l’utilizzo delle risorse economiche a questo destinate. La nascita di queste funzioni surrettizie ha contribuito a sterilizzare la capacità propulsiva di Sogei, certo spogliandola di quello che le era improprio, ma diminuendo anche quello che avrebbe dovuto correttamente essere il suo valore aggiunto in termini di iniziativa e innovazione. E, ovviamente, tutto questo è avvenuto, anche in seno a Sogei, sotto il diretto controllo delle agenzie fiscali, presenti nel Consiglio di amministrazione dell’azienda. Fra l’altro, fino al 2011, nella persona dello stesso direttore dell’Agenzia delle entrate.
Ma nello stesso periodo, fatto ancor più grave, facendo leva sulla ownership dei dati, le Agenzie delle Entrate e del Territorio non hanno dato il contributo atteso alle (confuse) iniziative dell’autorità politica di avviare progetti sistemici di cooperazione istituzionale attraverso l’interoperabilità dei sistemi informatici delle pubbliche amministrazioni. E si trattava, in alcuni casi, di iniziative finanziate con soldi pubblici, promosse al livello istituzionale adeguato al grado di coordinamento richiesto (Presidenza del Consiglio) e con il coinvolgimento degli enti necessari (Agenzia, Anci, Upi, Regioni, Comuni, ecc.).
Con la stessa logica, tra il 2002 e il 2005, è stato abbandonato a se stesso il tentativo di lanciare una società a partecipazione pubblica (Sogei It) che avrebbe dovuto avere proprio la missione di collegare l’informatica fiscale centrale con quella locale.
L’inerzia opposta ai tentativi di dare una soluzione sistematica e architetturale ai problemi dell’interoperabilità è uno dei motivi principali per i quali la Pubblica amministrazione è oggi nello stato in cui si trova. Il potere che la proprietà dei dati e la mancanza di una funzione autorevole di indirizzo danno alle agenzie, è enorme. E’ bastato negare l’utilizzo dei dati, o consentirlo solo in forme e modalità antiquate e inadeguate, per ridimensionare in modo decisivo ogni iniziativa. Basti pensare alla rilevanza che hanno i dati gestiti dall’Agenzia delle entrate: reddituali, anagrafici, economici, ecc.. Oggi a questi, per l’accorpamento dell’Agenzia del territorio, si aggiungono anche quelli catastali, sempre gelosamente sottratti ad utilizzi informatici evoluti per nasconderne una cattiva qualità cui non si è mai posto rimedio.
Viene da chiedersi dove fosse tutto l’entusiasmo per la cooperazione istituzionale e l’interoperabilità dei sistemi mentre accadeva tutto questo, visto che, ad esempio, proprio l’attuale direttore è nell’Agenzia delle entrate dalla sua nascita, prima come direttore centrale (Enti esterni e poi Amministrazione) e dal 2008 come Direttore generale. Oltre ad aver assunto, dal 2006 la carica di presidente di Equitalia.
Che dire poi dell’immancabile accenno alle “attività di analisi per la prevenzione e il contrasto all’evasione”? Vista la dimensione del fenomeno è difficile negare almeno una corresponsabilità. In tema di cooperazione istituzionale, ad esempio, quale è stato il contributo fornito dall’amministrazione centrale, negli ultimi cinque anni, alla tanto pubblicizzata partecipazione degli enti territoriali alla lotta all’evasione?
Come ha detto il Commissario di Governo per l’attuazione dell’Agenda digitale ai membri della Commissione parlamentare di vigilanza sull’anagrafe tributaria sul tema della realizzazione di un’architettura di riferimento dei sistemi di informatica pubblica, “… se non si fanno queste cose, non prendetevela con i tecnologi: guardatevi allo specchio. … perché i fornitori, dalla Sogei in poi, fanno quello che si è chiesto loro di fare e se la funzione obiettivo è quella di iniziare a dare una funzione e una qualità del servizio migliore al cittadino, allora bisogna adeguarsi. Al momento, nessuno ha dato una tale missione.”
Se, invece, usando ancora le parole dello stesso Commissario, “l’interesse è di creare delle posizioni di potere in cui la bassa velocità del dato crea un ubi consistam per l’amministrazione, le assicuro che vado esattamente nella direzione opposta”.
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