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sabato 12 Luglio 2025
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Big data e intelligenza artificiale contro evasione, ora investire di più su persone Agenzia

Il direttore Ernesto Maria Ruffini ha annunciato che l’Unione europea finanzierà il progetto dell’Agenzia
delle entrate per combattere le frodi Iva e ridurre l’evasione attraverso le tecnologie dei big data e
dell’intelligenza artificiale che consentiranno di selezionare i comportamenti non corretti tra i miliardi di
informazioni raccolte negli archivi dell’Anagrafe Tributaria e di altri sistemi informativi come quello della
previdenza. Si tratta di sfruttare le più recenti metodiche dell’innovazione tecnologica, in questo caso i big data e
l’intelligenza artificiale, nella lotta all’evasione fiscale così come in passato si è fatto con la condivisione e
l’accesso a più banche dati e ancora più indietro nel tempo con l’incrocio d’informazioni provenienti da
diversi archivi digitali.
Per di più questa volta per la realizzazione del progetto, ed è questo motivo di orgoglio, si utilizzeranno i
soldi dei cittadini europei e non quelli, impiegati sino ad oggi, dei contribuenti italiani.
È ormai dall’inizio degli anni Novanta del secolo scorso che si parla con nomi diversi e tecnologie differenti
in sostanza di processi informatici che estraggono dalla moltitudine di banche dati disponibili, attraverso la
correlazione dell’identificazione del soggetto contribuente, il codice fiscale, tutte le informazioni d’interesse
che lo riguardano per definirne il profilo ed individuare, attraverso situazioni anomale e condotte irregolari,
la sua propensione ad evadere.
Sarebbe utile questa volta valutare e quantificare a posteriori, nella logica costi-benefici, quanto questi
strumenti, piuttosto dispendiosi, riducano effettivamente l’area dell’evasione.
Infatti, spesso in passato si è puntato molto sull’effetto annuncio del loro costoso uso, tralasciando poi di
misurane la loro effettiva convenienza e utilità pratica.
Da questo punto di vista se analizziamo i dati dell’ultimo rapporto Irpef della nostra associazione (presenti
sul sito www.fiscoequo.it), almeno nel periodo 2003-2018, l’adozione di queste tecnologie sofisticate
sembra aver inciso poco o nulla sull’aumento dell’importo dichiarato nell’adeguamento spontaneo dai
contribuenti Irpef con le tipologie di reddito in cui sono maggiori i comportamenti non corretti.
Del pari è indubbio che l’Anagrafe Tributaria, dal punto di vista gestionale, è un contenitore d’informazioni
di valore inestimabile sugli oggetti (tributi, pagamenti, patrimonio, ecc.) e sui soggetti (i contribuenti
persone fisiche e persone giuridiche). Ciò in quanto le procedure d’automazione realizzate nel tempo e le
modalità d’archiviazione attraverso la chiave unica del codice fiscale rendono il nostro sistema informativo
fiscale uno dei più efficienti al mondo.
C’è, quindi, da chiederci se l’utilizzo di questi strumenti non debba essere accompagnato da altri interventi
che valorizzino la componente umana dell’Agenzia. Può essere questa l’occasione per l’Agenzia di mettere
a punto un analogo progetto, magari anch’esso da sottoporre all’Unione Europea per il suo finanziamento,
che a fianco all’impiego della tecnologia d’indagine e di analisi rivaluti la professionalità del funzionario
dell’amministrazione che la usa, migliorando l’automazione dei processi che lo supportano.
In questa prospettiva la strada da seguire sembra ormai quella adottata da gran parte delle amministrazioni
fiscali dei paesi economicamente comparabili con il nostro che prevede di seguire ed interfacciare con i
contribuenti a maggior rischio di evasione, in particolare i piccoli che esercitano un’attività economica, man
mano che si formano i loro ricavi e supportarli nella fase dichiarativa con tutte le informazioni disponibili
negli archivi digitali posseduti dall’amministrazione.
Alla fine, è sempre l’intervento umano con ciò che è noto all’amministrazione, almeno con i contribuenti a
rischio maggiore di evasione, che porta a dichiarare il giusto ed a comportarsi correttamente. E questo va
fatto prima e non quattro anni dopo la presentazione della dichiarazione.
L’obiettivo del progetto dovrebbe essere di mettere a punto dei protocolli comportamentali che prevedano
il supporto alla precompilazione della dichiarazione dei contribuenti che esercitano un’attività economica;
andrebbero, quindi, definite, nell’ambito dell’uso delle nuove tecnologie, come quella dei big data e dell’intelligenza artificiale, le modalità operative di segnalazione che attivino l’intervento del funzionario
per aumentare l’adesione spontanea all’obbligo (la “compliance”).
Da ultimo sarebbe anche un modo di spostare l’attenzione della rilevante spesa informatica in campo
fiscale dalla massa dei contribuenti più comuni, i lavoratori dipendenti e pensionati, a quelli a maggior
rischio di evasione.
In Italia dal 2008 in poi il legislatore ha fatto la scelta di complessificare al massimo con la concessione d’una
miriade di agevolazioni di tutti i tipi e per tutti i settori economici la vita e la dichiarazione Irpef di tutti i
contribuenti. Alla fine, si è stati quasi costretti ad investire ingenti risorse economiche in informatica per
supportare ed assistere per fare la dichiarazione quelli più deboli ovvero gli oltre venti milioni di dipendenti
e pensionati con la costosa applicazione del 730 precompilato che gestisce e mette in correlazione decine di
migliaia di soggetti e miliardi e miliardi d’informazioni, si pensi alle spese mediche.
Forse sarebbe sato più utile, certamente più proficuo, semplificare gli adempimenti dei contribuenti più
deboli e puntare su un maggiore controllo, anche con l’uso dell’automazione (fatturazione elettronica,
tracciatura dei corrispettivi al consumo finale, ecc.) di quelli più a rischio.
A questo proposito sembra utile riflettere su questo fatto. Il Presidente Draghi nel suo discorso
d’insediamento ha parlato di prendere a modello della riforma dell’Irpef, la Danimarca, elogiando la
modalità con cui qui si è proceduto ed illustrando le modalità adottate. Non ha fatto cenno, tuttavia, alla
qualità, a nostro avviso più importante del sistema fiscale danese, che è di tipo organizzativo in quanto in
Danimarca la stragrande maggioranza dei contribuenti, dipendenti e pensionati, per l’imposizione
personale si limita ad accettare ogni anno quanto proposto dall’amministrazione o segnala i pochi dati da
aggiornare. In, Danimarca, il rito annuale che vede le file di decine di contribuenti davanti ai centri di assistenza
fiscale per fare la dichiarazione è completamente sconosciuto.

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