Svizzera, Olanda, isola di Jersey, Irlanda e Lussemburgo sono tra i primi dieci paesi che si offrono come sponda a multinazionali, grandi imprese, ricchi professionisti, affaristi e malavitosi per evadere il fisco. Rispetto al 2021 la situazione dell’Europa è peggiorata con l’ingresso dell’Irlanda nella top ten mondiale dei paradisi fiscali globali. L’ascesa dell’Irlanda è dovuta in gran parte alla mancanza di cambiamenti nelle sue leggi anti-abuso fiscale, che l’hanno portata a rimanere indietro rispetto agli altri paesi della graduatoria. All’inizio di settembre la Corte di giustizia dell’Unione europea, ha condannato Apple a pagare 13 miliardi di euro (più interessi) di tasse non versate all’Irlanda dal 2003 al 2013, anni in cui aveva beneficiato di un regime fiscale agevolato, evidentemente giudicato ancora non sufficiente dagli amministratori di Cupertino.
In testa alla classifica mondiale ci sono ancora le Isole vergini britanniche al primo posto, Isole Cayman al secondo e Bermuda al terzo. Seguono la Svizzera, Singapore, Hong Kong, Olanda, Jersey, la new entry Irlanda al nono posto e il Lussemburgo al decimo. L’Italia compare alla 29ma posizione della classifica su 70 paesi che offrono agevolazioni fiscali a non residenti, preceduta da Panama e seguita da Curaçao.
Il nuovo Corporate tax haven index è stato compilato dall’organizzazione non governativa Tax justice network, che da anni monitora le giurisdizioni fiscali di tutto il mondo e ne valuta gli effetti sull’economia. Secondo gli esperti dell’organizzazione, due terzi delle violazioni fiscali che vengono realizzati ogni anno nel mondo sono commessi da multinazionali che trasferiscono i loro profitti all’estero. Il rimanente è riconducibile a individui che nascondono al fisco nazionale le loro finanze offshore.
Nello studio di Tax justice network emerge che attraverso i primi dieci paesi della classifica transita il 44,6% degli investimenti esteri diretti effettuati dalle multinazionali nei 70 Stati monitorati.
Si tratta di fondi “fantasma” che transitano senza lasciare impronte nei conti degli Stati di provenienza e di destinazione.
Tax justice network ha calcolato che le 70 giurisdizioni considerate nel Corporate tax haven index rappresentano l’86,67% di tutti gli investimenti diretti esteri globali. Gli Stati Uniti hanno la quota più grande con il 13,5%, seguiti dai Paesi Bassi con il 9,6% e dal Lussemburgo con il 7,6%.
Le Isole vergini britanniche, le Cayman e le Bermuda restano la minaccia più grande per le casse pubbliche degli altri paesi. I tre paradisi fiscali britannici al vertice del Corporate tax haven index hanno ottenuto i peggiori punteggi possibili (100 su 100) in tutti i 18 indicatori utilizzati.
Le Isole vergini britanniche e le Cayman attualmente non impongono imposte sulle imprese mentre le Bermuda prevedono una leggera minimum tax che si applica solo alle società che fanno parte di un gruppo multinazionale con almeno 750 milioni di euro di fatturato consolidato. Le tre giurisdizioni non impongono nemmeno la ritenuta alla fonte sui dividendi in uscita, non hanno regole anti-abuso fiscale e non richiedono la presentazione e la pubblicazione dei conti aziendali, per citare solo alcune delle pratiche abusive.
Gli esperti di Tax justice network stimano che globalmente gli Stati perdano 84 miliardi di dollari all’anno in imposte sulle società solo dalle multinazionali che utilizzano il Regno Unito e le isole britanniche per pagare meno tasse.
La perdita sale a 169 miliardi di dollari se si includono gli ammanchi derivanti da individui benestanti che usano il Regno Unito e i suoi paradisi. I paesi dell’Unione europea sono responsabili di un terzo del mancato gettito fiscale dalle imprese mentre per gli Stati africani la percentuale si ferma al 4% e per quelli latinoamericani al 3%.
Alcuni Stati della Ue hanno apportato miglioramenti alle norme sulle royalties e sulle commissioni per i servizi intercompany, rendendo più difficile per le multinazionali sfruttare questi sistemi per versare meno tasse. Tra i miglioramenti più significativi, la ricerca di Tax justice network segnala quelli di Belgio, Danimarca, Italia e Portogallo.
I miglioramenti registrati in questi paesi sono stati però vanificati da importanti scappatoie trovate nelle norme della direttiva anti-elusione fiscale della Ue sulle società controllate estere.
Secondo il rapporto del Tax Justice Network dello scorso anno, nel prossimo decennio a livello globale gli Stati perderanno 4,8 trilioni di dollari a causa del drenaggio di risorse favorito dai paradisi fiscali.
Europa “paradiso” dei paradisi fiscali
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