La lotta all’evasione fiscale si regge essenzialmente sull’azione di controllo e di repressione dell’Agenzia delle entrate e dalla Gdf. L’esecutivo non riesce a varare misure strutturali in grado di rendere realmente rischioso e antieconomico evadere.
di Oreste Saccone
Il contrasto ai fenomeni di evasione ed elusione fiscale non fa passi avanti. La forte indignazione contro gli evasori più volte espressa dal premier Mario Monti fatica a tradursi in azione effettiva in grado di allargare le basi imponibili e ridurre le sacche di evasione. Emerge sempre più la distanza tra le affermazioni del capo del governo impegnato a indicare il contrasto all’evasione come un fatto di civiltà e gli strumenti normativi messi in campo. Una discrasia che sempre più alimenta il dubbio che a guidare realmente la politica antievasione non sia il premier ma la tecnostruttura di via venti settembre. E cioè gli uomini scelti a suo tempo da Tremonti. Gli stessi che hanno condiviso e gestito lo scudo fiscale e i vari condoni e che hanno consentito l’uso strumentale delle tax expeditures. Gli stessi che gestivano la macchina fiscale nel 2008, quando, con l’avvento del quarto governo Berlusconi, con Tremonti ministro dell’Economia, furono aboliti gli istituti di contrasto all’evasione introdotti dal precedente governo guidato da Romano Prodi. In quell’anno i redditi di lavoro autonomo, di impresa e di partecipazione registrarono un improvviso e sensibile decremento rispetto al 2007, palesemente non in linea col pur modesto incremento del Pil (1,41%). Fu l’inizio di una involuzione che non può essere modificata solo dalle buone intenzioni del premier.
Nel 2012 il recupero da evasione viene stimato poco superiore a quello del 2011, pari a circa 7,2 miliardi, che costituisce appena il 6%[1] del tax gap italiano. L’evasione fiscale italiana è superiore al doppio di quella degli altri maggiori Paesi europei. A livello mondiale, l’Italia si colloca al terzo posto fra i Paesi dell’area Ocse, alle spalle di Turchia e Messico, in quanto a peggiore performance fra il gettito effettivo Iva e quello teorico che si genererebbe se a tutta la base imponibile teorica si applicasse l’aliquota ordinaria e non si verificasse né evasione, né erosione[2][3]. Nel 2011 l’imposta evasa è stata certamente maggiore di 120 miliardi di euro[4]. Dai risultati dell’azione di accertamento del 2011 pubblicati dall’Agenzia delle entrate emerge che nel 2011 sono state recuperate maggiori entrate (imposte, sanzioni, interessi) per 12,7 miliardi di euro con un incremento del 15,5 % rispetto al 2010, di cui 7,2 mld di euro da accertamento e controllo formale (+12,5%) e 5,5 mld da liquidazione (+19,6%), derivanti cioè non dall’accertamento di maggiori imposte evase, bensì da imposte regolarmente dichiarate e non versate.
Dei 7,2 mld di euro derivanti dall’azione di accertamento, 1,7 mld di euro sono stati riscossi a mezzo ruolo (-5,6%) e 5,5 mld a seguito di versamenti diretti (+ 19,6). Delle somme riscosse dai versamenti diretti 3.186 milioni derivano da adesione all’accertamento (58%), 786 milioni da acquiescenza (14%) e 530 milioni da conciliazione giudiziale ( 10%)[5]. Per l’anno 2102 l’Amministrazione finanziaria ha previsto un ulteriore incremento del gettito derivante dal recupero dell’evasione fiscale, mediante il miglioramento dei criteri di selezione dei contribuenti da sottoporre a controllo, anche grazie alle norme antievasione introdotte dal governo Monti[6].
E’ di tutta evidenza che in termini assoluti il recupero annuale di gettito effettivo da evasione è poca cosa rispetto al tax gap , visto che le maggiori entrate riscosse nel 2011, pari a circa7,2 miliardi, corrispondono ad appena il 6%[7] del totale delle imposte evase. Ma ciò che rende più preoccupante lo scenario è che, nonostante le buone performance dell’amministrazione finanziaria, l’azione di controllo non ha prodotto negli ultimi anni effetti dissuasivi, anzi l’evasione fiscale dopo il 2007 risulta in sensibile aumento. Il problema, dunque, non è operativo, non è cioè imputabile all’Agenzia delle entrate e alla Guardia di finanza, che fanno del loro meglio per arginare il fenomeno evasivo, bensì è dovuto principalmente alla inadeguatezza degli strumenti che il legislatore ha messo a disposizione dell’Af e alla convenienza ad evadere, che negli ultimi 4 anni è sensibilmente aumentata per le scelte di politica fiscale adottate dal precedente governo[8].
L’esperienza insegna che non basta rafforzare l’attività di controllo e di repressione per ridurre seriamente la montagna di imposte sottratte ogni anno al fisco italiano dagli evasori, se mancano adeguati strumenti in grado di favorire l’emersione delle basi imponibili e se il sistema sanzionatorio non è realmente punitivo. E’ un’idea riduttiva e perdente pensare che la tax compliance possa essere migliorata solo attraverso il processo di controllo e repressione.
In concreto oggi, in termini di costi/ benefici per il piccolo imprenditore e il professionista, cioè per l’evasore di massa che dichiara 30.000 euro e ne incassa 100.000, l’evasione è ancora molto conveniente e poco rischiosa[9].
E ciò perché:
1- Il controllo è eventuale e non certo. L’Agenzia delle entrate effettua ogni anno poco più di 200.000 accertamenti sulle piccole imprese e sui professionisti ( su non meno di 5 milioni di partite iva attive).
2- Il controllo più pericoloso per l’evasore, cioè quello assistito da indagini bancarie, è possibile ma del tutto improbabile, visto che ogni anno interessa poco più di 10/11.000 soggetti su 40 milioni di contribuenti.
3- Può sempre sopravvenire un condono che azzera l’accertamento dell’ufficio. Anche quest’anno è già passato, senza dare nell’occhio, un condono minore. In sede di conversione del decreto legge milleproproghe, è stato approvato un emendamento che ha riaperto il provvedimento di sanatoria delle liti fiscali pendenti fino a 20.000 euro. In tal modo è stata vanificata la stragrande maggioranza degli accertamenti notificati nel 2011, visto che il valore medio della maggiore imposta accertata è stato sicuramente inferiore a 20.000 euro[10] e il condono costa appena il 30% della maggiore imposta accertata.
4- In caso di controllo con il redditometro il contribuente sottoposto ad accertamento paga molto meno di quello che avrebbe pagato se avesse esposto in dichiarazione il reddito occultato. Difatti l’accertamento sintetico (a differenza di quello ordinario) recupera solo l’Irpef evasa, ma non colpisce l’Iva, l’Irap e gli oneri previdenziali, poiché non identifica la fonte del reddito non dichiarato.
5- Sempre in caso di redditometro, il mancato controllo analitico della contabilità dell’impresa e delle modalità di svolgimento dell’attività (consumi, personale, magazzino, dimensione locali, beni strumentali impiegati, ciclo produttivo, etc .etc.) non costringe il contribuente interessato ad adeguare i redditi degli anni successivi ai maggiore valori accertati per l’anno sottoposto a controllo.
6- In caso di adesione al processo verbale di constatazione o alla proposta di accertamento o di acquiescenza la sanzione amministrativa è risibile. In concreto, quantunque sia stata da poco aumentata, la sanzione è pari ad 1/6 del minimo o dell’irrogato (in caso di acquiescenza), cioè corrisponde al 16,6% dell’imposta evasa. Poco più degli interessi di un finanziamento a breve, ma senza dover offrire garanzie.
7- Il valore medio della maggiore imposta evasa non rientra nei parametri del reato di infedele dichiarazione e quindi l’evasione non viene sanzionata penalmente[11].
In questa prospettiva appare risibile enfatizzare i risultati della lotta all’evasione fiscale e l’andamento crescente del gettito recuperato negli ultimi anni attraverso i controlli fiscali, comunque modesto rispetto al valore assoluto del gettito evaso, se, poi, non si dice con la stessa chiarezza che, a causa delle misure fiscali prese dal precedente governo (abrogazione delle principali misure anti evasione volute dal governo Prodi, ulteriore riduzione delle sanzioni in caso di adesione e acquiescenza, scudo fiscale, varie sanatorie per le liti fiscali pendenti, etc.), l’ammontare complessivo del tax- gap , cioè l’ammontare complessivo delle entrate tributarie evase negli stessi anni, nonostante i controlli dell’Agenzia delle entrate e della Guardia di finanza, non è diminuito, anzi è ampiamente aumentato, attestandosi ad oltre 120 miliardi di euro l’anno. Risultato che attribuisce all’Italia il secondo posto dopo la Grecia nella speciale classifica dei Paesi con più alto tasso di evasione nella Ue.
In realtà, nonostante le misure volute dal Governo Monti e approvate dal Parlamento (rafforzamento delle indagini finanziarie, tracciamento dei pagamenti dai 1.000 euro in su e il ripristino dell’elenco clienti e fornitori, regime premiale), l’attuale politica antievasione continua a reggersi essenzialmente sull’azione di controllo e di repressione esercitata dall’Agenzia delle entrate e dalla Guardia di finanza. Sarebbe invece necessario porsi obiettivi più ambiziosi, pianificando la drastica riduzione del nocciolo duro dell’evasione fiscale nel giro di qualche anno e la stabilizzazione del maggior gettito. In particolare mediante il ripristino di alcune misure a suo tempo abrogate dal governo Berlusconi-Tremonti e l’introduzione di pochi altri provvedimenti di sicuro valore dissuasivo e di agevole applicazione, tutti intesi a far emerge ex ante spontaneamente le basi imponibili. Qui di seguito si citano i più rilevanti:
1- tracciabilità dei pagamenti ai professionisti sopra ai 100 euro e conto dedicato;
2- trasmissione telematica dei corrispettivi per i commercianti al minuto;
3- aumento delle risibile sanzioni previste per gli evasori che fanno adesione o acquiescenza;
3- tracciamento degli incassi tramite distributori automatici;
4- chiusura dei locali in caso di mancata emissione degli scontrini fiscali dopo tre violazioni anche nella stessa giornata;
5- uso diretto e ordinario delle indagini finanziarie in sede di controllo fiscale;
6- applicazione del redditometro anche ai fini IVA, Irap e oneri previdenziali;
7- ripristino della responsabilità degli amministratori di società;
8- ripristino del valore di mercato come valore presunto nelle vendite di immobili salvo prova contraria,);
9-tracciabilità di tutte i pagamenti riguardanti le spese che danno luogo a deduzione o detrazione;
10- disposizioni attuative che disciplini la confisca per equivalente a carico di chi porta i capitali all’estero.
Note:
[1] I 7,2 miliardi di euro di maggiori entrate da evasione riscosse nel 2011 corrispondono al 5/6% dell’ammontare complessivo delle imposte evase nello stesso anno, stimato in 120/150 miliardi di euro.
[2] Secondo l’Ocse l’Italia si colloca al terzo posto fra i Paesi dell’area (alle spalle di Turchia e Messico) quanto a peggiore performance sulla base di un indicatore rappresentato dal rapporto fra il gettito effettivo IVA e quello teorico che si genererebbe se a tutta la base imponibile teorica si applicasse l’aliquota ordinaria e non si verificasse né evasione, né erosione ( Audizione Corte dei Conti alla Commissione Finanze e Tesoro del Senato, pag. 5, nota 1,3.10.2012)
[3] Le dimensioni dell’evasione fiscale è un fenomeno peculiare italiano, che pone L’Italia tra i primi Paesi nella black list delle Nazioni UE con maggior tasso di evasione L’evasione fiscale italiana è superiore al doppio di quella degli altri maggiori Paesi europei.
[4] L’Ufficio studi Confindustria nel giugno 2010 ha calcolato un evasione maggiore di 125,5 miliardi. Attualmente viene stimata in 120/150 miliardi di euro ( il sole24 ore del 27.8.2012).
[5]Per quanto riguarda i volumi della complessiva attività di controllo del 2011, dai dati di sintesi emerge che sono stati eseguiti 697.248 accertamenti ai fini IIDD, IVA e Irap di cui :
1) 349.919 accertamenti parziali IIDD automatizzati;
2) 271.615 definiti con adesione o acquiescenza;
3) 347.329 non automatizzati, di cui 2.763 nei confronti di grandi contribuenti, 16.080 nei confronti di imprese di medie dimensioni, 178.263 nei confronti di piccole imprese e lav. autonomi (- 19%), 150.223 riguardanti persone fisiche (relativi a redditi diversi da quelli di impresa e lavoro autonomo).
4) 36.390 accertamenti sintetici (+ 20%) di cui 13.058 definiti in adesione o acquiescenza.
5) 10.869 accertamenti assistiti da indagini finanziarie(+16%) , che hanno realizzato ottime performance di gettito;
[6] Nell’audizione del 31.1.2012 presso la commissione finanze della camera dei deputati il direttore dell’Agenzia delle entrate ha fatto presente che “l’attività sarà diretta, nel corso del 2012, a incrementare ulteriormente la qualità e la capacità dissuasiva , attraverso la selezione mirata dei soggetti da sottoporre a controllo sulla base dell’analisi del rischio effettuata per ciascuna macro- tipologia di contribuenti. Tale obiettivo potrà essere conseguito anche grazie alle recenti previsioni normative. In particolare mi riferisco : all’accertamento sintetico – nuovo redditometro, al c.d. speso metro, alle nuove funzionalità dell’Archivio dei rapporti finanziari, al tutoraggio dei Grandi contribuenti”.
[7] I 7,2 miliardi di euro di maggiori entrate da evasione riscosse nel 2011 corrispondono al 5/6% dell’ammontare complessivo delle imposte evase nello stesso anno, stimato in 120/150 miliardi di euro.
[8] La recente indagine conoscitiva sul reddito delle persone fisiche condotta dall’ing. Lelio Violetti per conto dell’associazione Lef sulla base dei dati statistici sulle dichiarazioni Irpef pubblicati sul sito del Dipartimento delle Finanze relativo ai periodi d’imposta dal 2003 al 2010, ha rilevato che nel periodo considerato, l’andamento dei redditi di lavoro dipendente e da pensione è stato in linea con l’incremento del pil ( ad esempio 2006 – 2007 l’incremento del reddito di lavoro dipendente è stato del 4,49 quello del pil del 3,91, nel 2007 rispettivamente del 4,62% e del 4,09%). Diversamente l’andamento dei redditi da lavoro autonomo, d’impresa e di partecipazione è stato fortemente condizionato dalle scelte di politica fiscale, in particolare quelle riguardanti il contrasto all’evasione fiscale, adottate dal governo pro tempore in carica. Difatti nel 2006, in concomitanza con l’introduzione di norme di contrasto all’evasione particolarmente incisive sul piano della dissuasione (in particolare elenco clienti e fornitori e tracciamento dei pagamenti superiori a 100 euro per i professionisti) e l’abbandono di qualsiasi prospettiva di sanatoria fiscale, i redditi da lavoro autonomo, d’impresa e di partecipazione hanno avuto una percentuale d’incremento a due cifre rispettivamente del 10,36%, 17,38% e 13,87%. Nell’anno 2008, invece, con l’avvento del nuovo Governo Berlusconi (ministro dell’economia e delle finanze Tremonti) e la conseguente abrogazione degli istituti di contrasto all’evasione introdotti dal governo Prodi ( vice ministro dell’economia e finanze V. Visco), i redditi di lavoro autonomo, di impresa e di partecipazione hanno registrato un decremento molto vistoso non in linea col pur modesto incremento del pil (1,41%). Da questi pochi dati emerge in modo palese l’inadeguatezza dell’ attuale politica di contrasto ai fenomeni di evasione fiscale, basata essenzialmente sull’attività di controllo ex post e la repressione.
[9] Si riprendono, aggiornandole, le argomentazione svolte sullo stesso tema in ” Lotta all’evasione, slogan e trovate mediatiche non preoccupano evasori” ,del 12.3.2102
[10] Nel 2010 è stato di circa 12.599 euro – Dato rilevato dalla “Relazione concernente i risultati derivanti dalla lotta all’evasione fiscale al 31.12.2010, presentata al Senato dal Ministro dell’economia e delle finanze (Monti) e comunicata alla Presidenza il 20.12.2011, pag. 26, tabella 14”.
[11] La maggiore imposta media accertata in via sintetica per il 2010 è stata pari a circa16.456 euro. Il reato di infedele dichiarazione in materia di IIDD e IVA, di cui all’art. 4 del dlgs 74/2000, scatta quando, congiuntamente, l’imposta evasa è superiore, con riferimento a alle singole imposte, a 50.000 euro e l’ammontare degli elementi attivi sottratti a tassazione è superiore al 10% dell’ammontare complessivo degli elementi attivi indicati in dichiarazione o comunque a 2.000.000 di euro)]