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sabato 27 Luglio 2024
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Fenomeno Boomerang Employees: piace lo stesso posto di lavoro prima di Covid-19 ma non lo smart working

Secondo un sondaggio condotto nel Regno Unito, Irlanda e Stanti Uniti su oltre 3.000 professionisti da Robert Walters, società leader a livello mondiale nella ricerca e selezione specializzata nel middle managementsenior management ed executive search, il 71% di questi afferma che non gli dispiacerebbe tornare nell’azienda per cui lavorava prima della pandemia. Inoltre, la metà di essi ammette che le ragioni per cui avevano presentato le dimissioni non sono più valide nell’attuale contesto del mercato del lavoro.

Lo stesso sondaggio ha rivelato anche che il 45% dei professionisti che si sono dimessi dopo il lockdown sono stati motivati da uno stipendio più allettante e il 35% dalla ricerca di una cultura aziendale più allineata ai loro valori personali.

Ora, a distanza di due anni, il 48% dei professionisti ammette che l’azienda nella quale si trovano attualmente non soddisfi più le proprie aspettative, e, di questi, una persona su tre conferma che ciò è dovuto all’aumento del costo della vita e che il modello di lavoro da remoto non risulti più così attraente (24%).

“Dopo la pandemia, quando la situazione sociale e sanitaria è tornata alla calma, abbiamo assistito a un’ondata di professionisti che cercavano di cambiare lavoro, quella che conosciamo come “la Grande Dimissione Aziendale” spiega Davide Maccagni, Country Director di Robert Walters Italia. “Tuttavia- prosegue – in alcuni Paesi, stiamo assistendo ai primi segnali di quello che potremmo chiamare “Il Grande Pentimento”, con il 71% dei talenti disposti a tornare nell’azienda dove lavoravano in precedenza  solo 18 mesi dopo averla lasciata”.

Pensiamo, per esempio, ai casi di Regno Unito, Irlanda e Stati Uniti, dove questo fenomeno sembra aver preso sempre più piede.  Ma il risultato non cambia anche nel momento in cui guardiamo ad altri contesti come la Francia, la Germania, i Paesi Bassi e il Messico dove uno studio condotto tra 2020 e 2022 da UKG , un’azienda statunitense che fornisce soluzioni di gestione del personale, rivela che il 61% dei professionisti avrebbe affermato che il lavoro precedente fosse migliore di quello attuale.

Insomma, se sul piano globale nel corso del 2021 abbiamo assistito alla concessione di stipendi record, accompagnati da promesse di una cultura ibrida e flessibile, oggi, molti di quei salari sono stati congelati e, dato l’aumento del costo della vita, molti professionisti non vedono più il loro lavoro e la loro azienda sotto la stessa luce. Questo è uno dei motivi per cui si assiste a un crescente turnover nelle aziende. Al giorno d’oggi, i talenti più preparati e ricercati cambiano impresa ogni 6-12 mesi alla ricerca di un piccolo miglioramento salariale o di benefit, senza alcun tipo di impegno o senso di appartenenza.

E in Italia?

il fenomeno dei boomerang employees, si legge ancora nel rapporto, sta gradualmente guadagnando popolarità, anche se non esistono dati specifici sulla sua diffusione nel Bel Paese. Tuttavia, è possibile osservare alcune tendenze e ragioni che ne contribuiscono alla diffusione.

In generale, l’Italia ha una cultura lavorativa tradizionalmente legata alla stabilità e alla fedeltà all’azienda. Tuttavia, negli ultimi anni, si è verificato un cambiamento nel mercato del lavoro, con un aumento della mobilità professionale e una maggiore considerazione per l’acquisizione di esperienze diverse.

I boomerang employees in Italia spesso lasciano un’azienda per svariati motivi, come la ricerca di nuove opportunità di carriera, migliori condizioni economiche e di responsabilità professionale, o la volontà di acquisire competenze aggiuntive. Successivamente, potrebbero tornare alla stessa azienda, attratti da vantaggi come una cultura aziendale positiva, buone condizioni di lavoro o la possibilità di sfruttare le competenze precedentemente acquisite” commenta Maccagni.

Cosa pensano le aziende dei Boomerang Employees

L’82% dei professionisti intervistati ammette di aver mantenuto i contatti con il proprio precedente manager nell’ultimo anno, e il 29% conferma di averlo fatto in caso di nuove opportunità di lavoro.

Solo un professionista su cinque ha chiuso completamente la porta al suo ex datore di lavoro, mentre il 18% ha dichiarato di non avere contatti con il suo ex manager.

Secondo l’indagine, il 44% dei responsabili delle assunzioni (sia profili HR che team leader) dichiara di esitare a riprendere un dipendente che ha lasciato l’azienda. D’altra parte, solo un manager su 5 conferma che prenderebbe in considerazione il candidato solo se fosse stato una persona esemplare ed eccezionale nel suo lavoro.

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