Le WebSoft grazie ai paradisi fiscali hanno risparmiato 48 miliardi di euro di tasse. Questo è quanto emerge dal rapporto dell’area Ricerche e studi di Mediobanca. Lo studio prende in esame 21 Software & Web Companies (websoft) che operano nei settori dell’internet retailing, nello sviluppo di software e negli internet services (social, search engine, web portal). Stiamo parlando di Amazon, Alphabet, Microsoft, Jd.com, Facebook, Oracle, Alibaba, Tencent, Sap, Paypal, Baidu, Booking, Automatic Data processig, Netflix, Vipshop, Salesforce, Qurate retail, Expedia, e Bay, Nintendo e Rakuten. Nel 2017 hanno rappresentato il 4,8% del giro d’affari aggregato delle maggiori multinazionali mondiali, il 4,7% della forza lavoro, l’8,1% dei profitti e addirittura il 19,4% del valore di Borsa, con ricavi più che raddoppiati dal 2013. Nel report si legge che nel 2017 circa due terzi dell’utile ante imposte delle WS è stato tassato in paesi a fiscalità agevolata, con un risparmio di imposte pari a 12,1 mld di euro, grazie a un tax rate effettivo del 31%, contro il 41% previsto. Nell’arco del quinquennio 2013-2017 il risparmio cumulato supera i 48 mld di euro. Negli Stati Uniti la riforma fiscale varata nel dicembre 2017 ha generato un gettito fiscale più ampio, con le WebSoft che hanno contabilizzato quasi 18 miliardi di euro di imposte in più, in gran parte motivate dalla one-time transition tax conseguente al rimpatrio degli utili cumulati all’estero. In particolare Alphabet dovrà versare al fisco statunitense 8,5 mld di euro, Oracle 6,5 mld e Facebook 2,1 mld. In Europa i colossi del web hanno la loro sede legale in paesi dalla fiscalità agevolata, come Olanda o Irlanda. Per questo è difficile costringere queste aziende a versare quanto dovuto all’erario. In Italia, purtroppo, prevale la logica del condono. Google ha chiuso il suo contenzioso con l’Agenzia delle Entrate versando 306 milioni di euro. È andata meglio a Facebook e Amazon che se la caveranno con 100 milioni.
A fine 2017 complessivamente le 21 WebSoft valevano €3.623 mld, oltre sei volte il valore dell’intera Borsa Italiana e più del Pil della Germania; la sola Alphabet valeva più dell’intera Borsa italiana che contava 325 società a fine 2017; al 23 novembre 2018 complessivamente le 21 WebSoft valevano €3.555 mld
Le 21 WebSoft detengono quasi €425 mld di liquidità, pari a oltre un terzo del totale attivo (tre volte di più della media delle corporate industriali)
Parte della liquidità detenuta dalle WebSoft è investita in titoli con scadenza a breve: circa €285 mld, pari al 25% del totale attivo, percentuale superiore a quella registrata mediamente da un istituto finanziario
Benchmark banche: le maggiori banche mondiali detengono in titoli il 21% del loro totale attivo; in particolare quelle statunitensi il 23%
Benchmark MNEs industria: le multinazionali industriali detengono in titoli il 3,1% del totale attivo; in particolare quelle nord americane il 5,8%
Le principali tipologie di titoli in cui investono principalmente le WebSoft negli Usa sono:
– Titoli di stato Usa (48%)
- Obbligazioni societarie (28%)
- MBS e ABS (6%)
- Titoli emessi da agenzie governative Usa (4%) – Titoli di stato di altri Paesi (3%)
La presenza in Italia di questi giganti mondiali del WebSoft avviene tramite controllate italiane, la cui sede è collocata per la quasi totalità nelle province lombarde di Milano e Monza – Brianza, con l’eccezione della romana Booking.com (Italia) s.r.l.
L’aggregato delle controllate italiane ha dimensioni abbondantemente superiori a quelle di una media impresa, ma è più piccolo di una multinazionale e ha un peso minimo se confrontato al totale mondiale WebSoft: nel 2017 il fatturato supera gli 1,8 € mld (pari allo 0,3% del totale WebSoft e occupa oltre 7.700 unità (pari allo 0,5% del totale WebSoft)
L’aggregato presenta un’elevata stabilità finanziaria con un capitale netto tangibile quasi sette volte più elevato dei debiti finanziari e una bassa liquidità (8,0% del totale attivo), in linea con le caratteristiche tipiche di ogni filiale di un grande gruppo estero; le branch italiane di Amazon, Microsoft, Booking e SAP trasferiscono parte della loro liquidità alle relative controllanti che gestiscono in modo accentrato la tesoreria del Gruppo (cash pooling).