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giovedì 1 Maggio 2025
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Imu, abolizione prima casa scelta regressiva che non migliora equità sistema

I maggiori vantaggi ai redditi medio alti, mentre un eventuale recupero da parte dei comuni aumentando le addizionali Irpef graverebbe principalmente su redditi da lavoro dipendente e pensionati.

di Lelio Violetti

L’abolizione totale dell’Imu sulla prima casa, se attuata da governo e Parlamento, non migliorerebbe l’equità del sistema fiscale. Anzi si tratterebbe di un intervento di natura regressiva con effetti redistributivi a rovescio con vantaggi maggiori per i redditi medio alti e minori o inesistenti per quelli bassi. Addirittura, qualora i comuni fossero costretti a recuperare parte delle minori risorse a seguito del venir meno del gettito Imu prima casa, intervenendo sulle addizionali, si realizzerebbe un aggravio ulteriore per i redditi di lavoro dipendente e di pensione che, rappresentano ormai l’82% dell’imposta sulle persone fisiche. Una analisi di Lef evidenzia che a beneficiare dell’abolizione sarebbero i redditi oltre 35.000 euro, mentre per i redditi più bassi, l’eventuale vantaggio sarebbe molto più contenuto. Altro aspetto da non sottovalutare è il doppio vantaggio per chi evade l’Irpef in caso di recupero da parte dei comuni attraverso le addizionali. Mentre l’Imu è un’imposta con un tasso di evasione molto basso l’Irpef lo è molto meno. Con il risultato che chi evade l’Irpef ed è proprietario di prima casa avrà un vantaggio certo dall’abolizione dell’Imu e un aggravio incerto e comunque contenuto sull’Irpef.

La vicenda dell’abolizione dell’Imu rappresenta, dunque, un esempio evidente di come il dibattito sul fisco nel nostro paese sia totalmente slegato dall’analisi dei dati e degli effetti che gli interventi proposti comportano sui contribuenti. In presenza di un sistema fiscale caratterizzato da una tassazione eccessiva sul lavoro e sui redditi delle persone fisiche ci si concentra paradossalmente sulla tassazione degli immobili e in particolare della prima casa. E’ vero che l’Imu, nella forma decisa dal governo Monti, presenta degli aspetti che possono essere rivisti e migliorati. Si può allargare la base imponibile, prevedere sgravi per gli immobili strumentali delle imprese e per la prima casa anche dare la possibilità ai comuni di prevedere l’esenzione totale magari per alcune fattispecie. Ma appare del tutta priva di razionalità la battaglia ideologica sulla sacralità della prima casa condotta da alcune forze politiche. Come se, in ultima analisi, i proprietari di prima casa non fossero in larga parte gli stessi che pagano l’Irpef o che potrebbero essere chiamati a pagare beni e servizi con un’Iva più elevata a partire da luglio. Sarebbe, dunque, auspicabile che, partendo dai problemi della eccessiva tassazione del lavoro e dell’aumento già programmato dell’Iva, si facciano le scelte più logiche e utili per la ripresa economica e per i bisogni delle persone. Cercando di evitare scelte che finirebbero col rendere ancora più squilibrato ed iniquo il nostro sistema tributario.

Dalle statistiche sulle dichiarazioni dei redditi, presentate nel 2012 e relative all’anno d’imposta 2011, pubblicate di recente dal Dipartimento delle Finanze e dagli altri dati sugli immobili presenti nel sito dell’Agenzia del Territorio (ora Agenzia delle Entrate), analizzati da Lef, emergono elementi di particolare interesse. Al 31 dicembre 2011 i dati dell’Agenzia del Territorio dimostrano che erano iscritte in catasto 33.429.399 abitazioni e che l’abolizione dell’Imu sulla prima abitazione le interessa praticamente tutte in quanto quelle di lusso sono solo 89.857, una percentuale sul totale del tutto marginale pari allo 0,27%. I dati evidenziano che in Italia il 91,29% delle abitazioni sono di proprietà di persone fisiche e il 64,37% delle abitazioni appartenenti a persone fisiche sono prime abitazioni. Inoltre il valore catastale medio della prima abitazione, comprensiva di pertinenze, ai fini dell’Imu (rendita rivalutata del 5% e moltiplicata per 1,6) è pari a 97.609,38 euro a cui corrisponderebbe un’imposta media (al netto della detrazione di 200 euro e con una aliquota dello 0,4%) di 190,44 euro. L’importo medio non elevato del valore catastale è conseguenza del mancato aggiornamento delle rendite ai valori di mercato con il passaggio nella stima dagli attuali vani ai metri quadri. Una situazione si riflette negativamente anche sulla tassazione degli immobili originando iniquità ed ingiustizie; si pensi, tra l’altro, che il valore dell’immobile entra anche nel calcolo dell’Isee.

Dai dati sulla deduzione per abitazione principale in dichiarazione dei redditi emerge che l’importo dedotto va da circa 400 euro per i redditi fino a 10.000 euro a 1.230 euro per i redditi oltre 200.000 euro. Tenendo conto che la deduzione è per contribuente e non per abitazione e che molti sono proprietari di una quota (ad esempio coniugi in comunione dei beni) si può affermare con sufficiente approssimazione che il beneficio derivante dal mancato pagamento dell’Imu sulla prima abitazione sarebbe assai consistente per i circa tre milioni di soggetti con un reddito superiore ai 35.000 euro in quanto il mancato pagamento o la restituzione dell’imposta andrebbe da 300 euro a 1.000 euro medi ad abitazione.

In pratica, dunque, lo sconto Imu maggiore andrebbe proprio a queste fasce di contribuenti. Senza dimenticare che, come già evidenziato, per i soggetti che evadono e che occupano un’abitazione il cui valore catastale è di molto superiore alla media, l’abolizione dell’Imu sulla prima abitazione costituisce un “regalo” doppio: al mancato pagamento si aggiunge il vantaggio da evasione in presenza di un suo ipotetico
trasferimento sulle addizionali Irpef, come già si verificò con l’abolizione dell’Ici sulla prima abitazione, che comportò un notevole aumento delle aliquote.

Per una maggiore equità del sistema, perciò, più che abolire l’Imu sulla prima abitazione in maniera indiscriminata, sarebbero necessari e prioritari tre interventi: aggiornamento delle rendite catastali ai valori di mercato; rimodulazione dell’Irpef per attenuare la progressività (è più equo restituire i soldi dell’Imu ai contribuenti onesti attraverso l’Irpef); facoltà ai comuni di concedere una ulteriore detrazione Imu fino ad azzerarla per la prima casa se le finanze dell’Ente lo consentono. Per il resto si potrebbe valutare l’opportunità di una imposta sul patrimonio, finalizzata alla riduzione del prelievo sul reddito, che colpisca oltre agli immobili anche altri cespiti.

Qui il documento completo

 

 

PATRIMONIO DI ABITAZIONI AL 31 DICEMBRE 2011

CATEGORIA CATASTALE

NUMERO

PERCENTUALE

A/1 – Abitazioni di tipo signorile

36.154

0,11%

A/2 – Abitazioni di tipo civile

11.580.391

34,64%

A/3 – Abitazioni di tipo economico

12.061.170

36,08%

A/4 – Abitazioni di tipo popolare

5.683.426

17,00%

A/5 – Abitazioni di tipo ultrapopolare

1.035.957

3,10%

A/6 – Abitazioni di tipo rurale

782.429

2,34%

A/7 – Abitazioni in villini

2.193.650

6,56%

A/8 – Abitazioni in ville

35.007

0,10%

A/9 – Castelli e palazzi artistici o storici

2.519

0,01%

A/11 – Abitazioni tipici dei luoghi

18.696

0,06%

Totale

33.429.399

100,00%

 

 

                              

CLASSI DI REDDITO COMPLESSIVO IN EURO

DEDUZIONE PER ABITAZIONE PRINCIPALE

FREQUENZA

DISTRIBUZIONE PERCENTUALE

IMPORTO (in migliaia di €)

IMPORTO MEDIO IN €

IMPORTO IMU MEDIO IN €

Fino a 10.000

3.183.291

18,15%

1.285.531

403,84

58,46

da 10.000 a 20.000

5.259.420

29,98%

2.221.194

422,33

70,29

da 20.000 a 35.000

6.100.749

34,78%

2.916.107

477,99

105,91

da 35.000 a 50.000

1.586.190

9,04%

960.430

605,49

187,52

da 50.000 a 70.000

691.245

3,94%

487.917

705,85

251,75

da 70.000 a 100.000

415.033

2,37%

330.858

797,18

310,20

da 100.000 a 200.000

251.953

1,44%

236.902

940,26

401,77

oltre 200.000

55.173

0,31%

71.493

1.295,80

629,31

TOTALE

17.543.054

100,00%

8.510.432

485,12

110,47

 

 

 

 

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