Fare dell’Isee uno strumnento di equità evitando che chi evede le imposte abbia anche un vantaggio in termini di prestazioni sociali agevolate. Un primo passo avanti arriva con le misure contenute nel decreto ‘salva Italia’. Ma occorre fare di più affidandone le gestione direttamente all’Agenzia delle entrate e migliorando i controlli.
di Lelio Violetti
La revisione dell’Isee prevista dalla manovra Monti (legge 201 del 22 dicembre 2011) pone le premesse per avviare a superamento le principali criticità che caratterizzano l’Indicatore della situazione economica equivalente. Viene aperta la strada per una sua trasformazione in un effettivo strumento di equità in grado di garantire trasparenza nella ridistribuzione delle risorse pubbliche alle famiglie in condizioni di svantaggio economico. E’ prevista la revisione delle attuali modalità di determinazione dell’indicatore con particolare riferimento ad una migliore definizione di “reddito disponibile che includa la percezione di somme, anche se esenti da imposizione fiscale”, la valorizzazione in “misura maggiore” della “componente patrimoniale” e la possibilità di differenziare l’indicatore per le diverse tipologie di prestazioni. Sarà ora il regolamento attuativo a definire in concreto il nuovo Isee. Restano tuttavia le lacune sul versante della gestione dello strumento che andrebbe affidata direttamente all’Agenzia delle entrate e sulla necessità di prevedere una specifica attività di controllo mirata ad eliminare l’accesso alle prestazioni a chi evade il fisco.L’attuale normativa esclude dal calcolo della componente reddituale dell’indicatore le pensioni e gli assegni, erogati dagli enti previdenziali, esenti dall’IRPEF, così come le pensioni d’invalidità o le indennità di accompagnamento, ecc. e sembra opportuno, per equità, tenerne conto. Con l’avvio dell’Imposta Municipale Unica il reddito sulle “seconde case” non sarà più assoggettato ad Irpef e non entrerà, pertanto, nella determinazione del reddito complessivo. Per questa fattispecie sembra appropriato adottare lo stesso criterio seguito a suo tempo, nel calcolo dell’indicatore, per il reddito dell’abitazione principale, che è considerata una deduzione dal reddito complessivo, a meno che non si valorizzi in modo diverso la componente patrimoniale derivante da questo tipo di abitazioni a disposizione. Auspicabile anche un intervento sul contributo all’indicatore della componente patrimoniale che attualmente pesa per il 20%. Tenendo conto dell’elevato livello dell’evasione Irpef, una percentuale maggiore della componente patrimoniale o l’inserimento di altri beni, come i veicoli, darebbero maggiore attendibilità al calcolo dell’indicatore.
Per rendere, infine, più equo lo strumento e favorire chi ha minori possibilità di evadere, come i lavoratori dipendenti e i pensionati, i cui redditi sono tracciati attraverso il sostituto d’imposta, si potrebbe ipotizzare di riconoscere a questi ultimi una deduzione forfetaria del tipo della detrazione per “spese di produzione del reddito” prevista, sempre per questi soggetti, dalla riforma originaria dell’Irpef del 1973. Oltre alla possibilità di differenziare lo strumento per tipo di prestazione la nuova norma prevede anche la eventuale revisione dei “pesi dei carichi familiari, in particolare dei figli successivi al secondo e di persone disabili a carico”. In merito a tali argomenti sarà necessario tener presente che l’indicatore ha lo scopo di misurare in modo oggettivo la ricchezza d’un nucleo familiare per renderla confrontabile con quella delle altre famiglie. Introdurre nel calcolo e nei pesi attribuiti ai componenti del nucleo elementi estranei che perseguono obiettivi diversi dalla valutazione obiettiva, di tipo esclusivamente economico, potrebbe alterare i fini che persegue lo strumento come è già avvenuto in alcune esperienze locali (regioni e comuni) che hanno tentato di modificare il metodo di determinazione dell’indicatore, stabilito della legge nazionale, per renderlo più compatibile alla prestazione erogata o per dare maggior sostegno ai nuclei familiari più numerosi.
Uno dei punti di maggiore criticità dell’Isee resta il controllo di veridicità di quanto auto-dichiarato dai cittadini per accedere ai servizi e alle prestazioni sociali. È un limite storico che trae origine principalmente da tre fatti tra loro fortemente connessi: l’elevata evasione delle imposte sui redditi; la struttura del nostro prelievo che ha sempre, fin dalla riforma del 1973, privilegiato il reddito come fonte principale delle entrate fiscali; la poca attenzione del nostro sistema fiscale alle “manifestazioni di ricchezza” dovuta all’assenza d’una imposizione organica sul patrimonio.
Tutto ciò non ha sicuramente agevolato, sul piano pratico attuativo, l’uso di strumenti, quali quello dell’Isee che pur nelle intenzioni del legislatore dovevano servire a garantire l’equità. È quindi indispensabile porre con forza il tema dei controlli che, se non adeguatamente effettuati, rischiano di aggravare il problema, o meglio la “piaga”, dell’evasione fiscale trasferendo ulteriori risorse economiche aggiuntive ai “furbi” a danno dei cittadini onesti. Più specificamente l’evasore fiscale, oltre a non contribuire col pagamento delle tasse alla spesa pubblica, viene ad usufruire di servizi sociali con modalità agevolate e quindi lucra ulteriormente sulle risorse pubbliche.
È augurabile, pertanto, che l’attuazione di quanto previsto dal riordino dell’Isee ponga una attenzione particolare a come potenziare l’efficacia dei controlli, avviando azioni e miglioramenti che rendano più incisiva l’attività di deterrenza, contribuendo così anche a ridurre l’evasione fiscale.
Probabilmente l’intervento prioritario da fare è di individuare, quale punto di riferimento esclusivo di controllo dell’Isee la struttura specificatamente delegata dallo Stato all’accertamento dell’evasione: l’Agenzia delle Entrate, come aveva già fatto il governo Prodi con la Legge del 24 dicembre 2007 n. 244, successivamente modificata dalla Legge del 4 novembre 2010 n. 183.
Non è solo un problema di esperienza e capacità professionali nell’esecuzione dei controlli, ma è anche una necessità tecnico-organizzativa e informatica in quanto l’Anagrafe Tributaria (la banca dati dell’Agenzia delle entrate), come organo nazionale descrittivo della posizione fiscale e patrimoniale del contribuente, può giocare un ruolo determinante nella verifica in tempo reale dell’auto-dichiarato ai fini Isee dai cittadini in quanto consente di
– identificare correttamente, attraverso il codice fiscale, i soggetti che fanno parte del nucleo familiare;
– verificare i redditi dichiarati dai singoli componenti;
– accertare e validare eventuali contratti di locazione o se una casa ai fini della dichiarazione dei redditi è stata indicata come abitazione principale;
– controllare diritti, consistenza e valore del patrimonio immobiliare (terreni e fabbricati) dei componenti.
Resterebbero fuori solo i redditi da capitale, sottoposti a ritenuta a titolo definitivo, e il patrimonio mobiliare (conto corrente, depositi, obbligazioni, azioni, ecc.). Tuttavia l’Anagrafe Tributaria è già collegata in via informatica con l’Anagrafe dei Conti; in linea teorica, previe le necessarie autorizzazioni, si potrebbe verificare anche l’attendibilità di alcuni dati della parte patrimoniale mobiliare.
Per migliorare l’attuale gestione del flusso dei dati e incrementare l’azione di deterrenza si potrebbe ipotizzare anche di trasmettere l’auto-dichiarazione Isee in via telematica, anch’essa attraverso gli stessi canali dei Caf e dei professionisti utilizzati per la dichiarazione dei redditi, direttamente all’Agenzia delle Entrate. In questa eventualità non ci sarebbe più necessità che il cittadino compili la parte reddituale (ed in parte quella patrimoniale) che potrebbe essere riempita direttamente in modo informatico dalla stessa Agenzia. Oggi, infatti, i dati delle dichiarazioni dei redditi, corretti ed affidabili, sono disponibili, praticamente in tempo reale, per essere utilizzati subito dopo la loro ricezione per via telematica.
In questo modo il controllo automatico (formale) dei dati auto-dichiarati ai fini Isee si farebbe in linea e si realizzerebbe una verifica generalizzata di congruenza dei dati dichiarati al fisco con quelli auto-dichiarati ai fini dell’Isee che potrebbe evidenziare, subito in modo automatico, eventuali difformità.
Sarebbe, infine, utile per migliorare l’efficacia dell’azione di controllo predisporre un Piano annuale, a livello nazionale, con definizione di criteri da seguire e numero di soggetti da verificare da inserire nella Convenzione tra Ministro dell’Economia e Agenzia delle entrate.
Gli interventi proposti rafforzano l’attività di controllo, semplificano gli adempimenti dei cittadini e garantiscono gli enti erogatori dei servizi sulla validità dei dati a base del calcolo dell’indicatore.













