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venerdì 12 Dicembre 2025
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Paradisi fiscali, conto salato per l’Europa: 480 miliardi in fumo ogni anno (Milano Finanza)

Di Anna Di Rocco

«Ogni secondo il mondo perde l’equivalente dello stipendio annuale di un’infermiera a causa dei paradisi fiscali». Non è un’iperbole, bensì una stima concreta contenuta nei report del Tax Justice Network, organizzazione che promuove la giustizia fiscale a livello globale e collabora con istituzioni internazionali – inclusa l’Unione Europea – nella lotta contro l’elusione e l’evasione fiscale.

Nel Vecchio Continente il quadro non è dei migliori. «La sostenibilità delle casse pubbliche europee è a rischio, minacciata da elusione ed evasione fiscale», ha dichiarato a MF-Milano Finanza Pasquale Tridico, capo delegazione del M5S al Parlamento europeo e presidente della sottocommissione per le questioni fiscali.

«Il mancato gettito nelle casse pubbliche europee è enorme e ammonta, secondo recenti stime, a 480 miliardi di dollari ogni anno, due terzi dei quali provengono dalle multinazionali che dirottano i loro profitti verso i paradisi fiscali, interni ed esterni all’Unione europea».

Tutte le fragilità del sistema fiscale europeo

Secondo studi internazionali, almeno il 40% dei profitti esteri delle multinazionali viene contabilizzato in giurisdizioni a bassa o nulla imposizione, con aliquote effettive comprese tra il 5% e il 10%, o addirittura nulle. E, contrariamente all’immaginario comune, i paradisi fiscali non si trovano soltanto in territori esotici o extraeuropei: l’Irlanda, il Lussemburgo o i Paesi Bassi offrono regimi estremamente vantaggiosi che attraggono profitti da tutto il mondo.

Il sistema fiscale europeo, di fronte a questi meccanismi, rivela tutte le sue fragilità. Le norme attuali consentono ampie zone grigie e scappatoie legali, dando spesso vita a fenomeni come la doppia non imposizione e la fuga di capitali su larga scala. Non si parla di evasione nel senso stretto del termine, ma di tasse teoricamente dovute e di fatto non versate grazie a strategie di ottimizzazione fiscale aggressive.

Il “problema” dei tax ruling

Tra gli strumenti più controversi figurano gli Advance Tax Ruling: accordi preventivi tra aziende e amministrazioni fiscali che stabiliscono in anticipo criteri, formule e modalità di calcolo del carico tributario. Come li definisce il Parlamento europeo, si tratta di «documenti scritti che chiariscono come verranno tassati i profitti di una multinazionale e quali regole si applicheranno».

Meccanismo finito al centro del dibattito pubblico. «I tax ruling applicati dall’Irlanda ad Apple», ha ricordato Tridico, «sono stati giudicati illegali dalla Corte di Giustizia europea e la multinazionale americana è stata condannata a restituire 13 miliardi di elusione fiscale. Da questa strada non si torna indietro: la cooperazione fiscale deve essere la stella polare dell’Unione europea».

Il contrasto all’evasione

Per contrastare il fenomeno, nel 2021, l’Unione Europea ha aderito all’accordo quadro sulla tassazione delle multinazionali promosso dall’Ocse, firmato da oltre 140 Paesi. Il primo pilastro del trattato chiede che le tasse vengano pagate laddove le multinazionali generano effettivamente valore, anche in assenza di una presenza fisica.

Il secondo pilastro, noto come Global Minimum Tax, introduce un’aliquota minima del 15% per le imprese con ricavi superiori a 750 milioni di euro. Un sistema che punta a contrastare la corsa al ribasso fiscale e a generare oltre 150 miliardi di dollari in nuove entrate a livello globale.

Verso un accordo di libero scambio con gli Emirati Arabi Uniti

Se è vero che alcuni paradisi fiscali si trovano dentro l’Unione, è altrettanto vero che molte zone grigie sono fuori dai confini: Emirati Arabi Uniti, Singapore, Isole Vergini Britanniche, Bermuda. Paesi che offrono regimi impositivi ultra-leggeri, spesso abbinati a scarsa trasparenza societaria e limitato scambio di informazioni finanziarie. Ed è con questi attori che l’Unione Europea sta cercando di intraprendere un dialogo volto a una maggiore cooperazione, per facilitare lo scambio di informazioni finanziarie.

Tridico, reduce da una missione ufficiale del Parlamento europeo ad Abu Dhabi, ha rivelato che l’Unione sta esplorando un possibile accordo di libero scambio con gli Emirati. «Abbiamo constatato progressi e la voglia di dialogare, tuttavia esistono ancora, in alcune aree della federazione, zone grigie che potrebbero favorire riciclaggio di denaro, elusione ed evasione fiscale», ha spiegato l’ex presidente dell’Inps.

«Si tratta di operazioni di diversificazione commerciale con i Brics+ molto importante, soprattutto alla luce delle politiche aggressive di Trump sui dazi. Tuttavia resta doveroso inserire il capitolo della cooperazione fiscale nelle trattative». 

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