L’accusa all’Agenzia delle Entrate è di poca imparzialità nei contenziosi . E nel passaggio al Senato della delega fiscale arriva la proposta di porre un limite alla possibilità per il Fisco di ricorrere al secondo e al terzo grado di giudizio nei processi tributari.
L’attacco all’Agenzia delle Entrate viene dal partito della presidente del Consiglio Giorgia Meloni, Fratelli d’Italia, che accusa l’Agenzia di protrarre il contenzioso anche dopo essere stata sconfitta nel primo e nel secondo grado di giudizio. Una sorta di accanimento nei confronti del contribuente che non paga le tasse. Ad attivare il contenzioso non è l’Agenzia delle Entrate, ma il contribuente stesso che contesta quanto gli viene chiesto di pagare.
Al Governo si chiede di inserire, quindi, nella delega fiscale una norma che preveda una modifica all’attuale procedimento penale e che impedisca, in caso di sconfitta dell’Agenzia dell’Entrate, di non poter ricorrere in appello nei gradi di giudizio successivi se non in casi eccezionali. Fino ad ora l’Amministrazione finanziaria ha prevalso in tre pronunce su quattro prendendo in considerazione tutti e tre i gradi di giudizio.
Quanto proposto da Fratelli d’Italia non è un emendamento, ma un ordine del giorno che non diventerà, se accolto, parte integrante del provvedimento.
Non è solo questa la novità che potrebbe rallegrare chi le tasse non le paga, fanno notare le opposizioni. Sono stati presentati diversi emendamenti che andrebbero a favorire gli evasori come ad esempio una sanatoria preventiva attuabile prima dell’arrivo della cartella esattoriale. O quello che vorrebbe la riduzione da cinque a tre anni per i termini di decadenza per l’accertamento da parte delle Entrate.
Insomma, meno tempo per effettuare controlli, oltre al fatto di non poter procedere oltre il primo grado di giudizio, cui si potrebbero aggiungere l’adempimento collaborativo e le sanzioni penali ridotte per chi decide di uscire allo scoperto, ma dopo essere stato scoperto.














