back to top
sabato 12 Luglio 2025
spot_img
spot_img

Globalizzazione, fisco, proprietà e diritti sociali: quali prospettive?

Fisco Equo pubblica uno stralcio del libro “Verità e metodo in giurisprudenza”, nel quale Giuseppe Melis* analizza gli effetti della globalizzazione sulla fiscalità e, più in generale, sulle dinamiche sociali. (Vai al documento)

Da anni si parla, e si discute, di globalizzazione. Un fenomeno per certi versi nuovo che affonda le sue radici nel principio della libera circolazione di beni e servizi, e che deve ancora essere inquadrato e analizzato compiutamente. Solo di recente, infatti, si è iniziato a indagare sugli effetti collaterali che la globalizzazione ha provocato (e sta provocando) sui sistemi di finanziamento statale.

Si pensi ad esempio al fenomeno più o meno recente della delocalizzazione delle aziende, sempre più orientate a trasferirsi nei paesi fiscalmente più accomodanti e con minori tutele sul lavoro, che ha determinato per molti paesi la perdita di importanti segmenti dell’ attività produttiva, e a cascata la riduzione di posti di lavoro, produzione e base imponibile.

Ma non è l’unica criticità. Perché nell’epoca del mercato libero, l’asimmetria fra i diversi ordinamenti giuridici ha generato un altro fenomeno, quello dello “stateless income” (letteralmente: “reddito senza stato”), che indica quella dinamica con la quale le grandi multinazionali dislocano interi rami d’azienda nei paradisi fiscali per ottimizzare ( e in alcuni casi evitare del tutto) il carico fiscale. Un problema, quello dell’erosione, sempre più dirimente, al punto che anche la comunità europea sembra essersi decisa a intervenire a tutela dei singoli paesi membri e a garanzia dei rispettivi sistemi di welfare.

Già, il welfare. Perché l’erosione della base imponibile, e la contestuale riduzione del gettito, stanno effettivamente mettendo a rischio l’intera impalcatura dello stato sociale. Ci si chiede, insomma, se per reperire le risorse si debba aumentare l’imposizione fiscale o ridurre la spesa pubblica. In questo senso, negli ultimi anni si è fatta strada l’idea di stampo liberista di abbassare il carico fiscale attraverso una riduzione delle spese sociali (si pensi al dibattito su federalismo fiscale e “flat tax”), secondo il principio per cui il dovere contributivo debba essere sempre valutato in relazione al suo impatto sulla proprietà privata.

Una seconda strada potrebbe essere quella di bilanciare le esigenze private con quelle sociali, comprimendo in parte le prime in favore delle seconde. Eppure qui ci si affaccia su un’altra questione, a lungo dibattuta: esiste un limite, non solo etico e morale, ma anche dal punto di vista della funzionalità economica, all’imposizione? Per rispondere occorre indagare nel principio della capacità contributiva, in particolare nella sua interpretazione qualitativa, che sta avendo un peso sempre maggiore: non di rado negli ultimi anni, infatti, si è cercato di aggredire posizioni di vantaggio dalle quali, in realtà, non derivavano arricchimenti patrimoniali e materiali. Il caso della “Robin hood tax” italiana, (poi dichiarata incostituzionale dalla Consulta) è in questo senso esemplificativa ed emblematica: con la crisi finanziaria molti stati hanno cercato di reperire risorse “inventando” nuove forme di prelievo, connotandoli spesse volte come etici. Ha preso forma l’idea del “tax the guilty”, ossia di tassare quei soggetti ritenuti colpevoli della crisi, in quanto appartenenti a settori di mercato nei quali si ritiene esistano sovraprofitti.

Vi è poi da considerare l’aspetto quantitativo della capacità contributiva. Con la crisi, in Italia si è assistito ad un inasprimento fiscale che ha certamente avuto ripercussioni negative, tanto sul ciclo economico quanto sull’aumento dell’evasione fiscale. Spesse volte si è dimenticato che la sovra-tassazione finisce inevitabilmente col danneggiare le stesse politiche redistributive, per effetto dell’erosione della base imponibile. D’altro canto, però, non è neppure accettabile l’idea di taglieggiare senza freni la spesa pubblica, soprattutto quella  destinata ai servizi indispensabili. Per sciogliere questo nodo, ormai cruciale, occorre quindi un forte contrasto a elusione ed evasione, accompagnato da un appropriato uso delle risorse disponibili. Solo così lo Stato potrà dimostrare di “meritare” quanto chiede ai suoi consociati. (Vai al documento).

 

*L’autore è docente di Diritto tributario presso la LUISS Guido Carli di Roma. 

Dello stesso autore

RISPONDI

Please enter your comment!
Please enter your name here

Altro in Analisi

Rubriche