Una smussata alla “gobba” delle aliquote effettive che gravano sui contribuenti nel tratto mediano della curva dell’Irpef, via la ritenuta d’acconto per gli autonomi, un sistema premiale per coloro che ancora pagano regolarmente le tasse, estensione a tutti i soggetti dell’obbligo della fatturazione elettronica e per il resto sostanziosi tagli alle tasse su redditi da capitale, rendite finanziarie e sulle società “per aiutare la crescita”. E’ tutta qui la riforma fiscale delineata dalle Commissioni Finanze della Camera e del Senato nella bozza del documento parlamentare dal quale il governo Draghi dovrebbe trarre l’indirizzo per la predisposizione della legge delega che si è impegnato a presentare entro il 31 luglio. Ventuno pagine, compreso l’indice e l’introduzione, che sembrano ben poca cosa rispetto all’articolazione e al livello di approfondimento tecnico delle undici leggi-delega consegnate al Parlamento dal primo governo Prodi per dare gambe all’iter della riforma Visco del ’97 o alla storica riforma Cosciani del ’74.
Primo: ridurre le imposte sui profitti
In piena controtendenza planetaria, dopo il giro di vite dell’amministrazione Biden sulla tassazione dei profitti delle società che sta finanziando la ripresa post covid negli Usa, il documento italiano propone di ridurre drasticamente il prelievo sui capital gain. l’aliquota del 26% applicata su redditi da capitale e rendite finanziarie dovrebbe scendere al 23%, equiparandola al primo scaglione dell’Irpef (e al prelievo sui redditi da lavoro dipendente più bassi).
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Irpef ammorbidita per redditi medio-alti
Le Commissioni concordano che la struttura dell’Irpef vada sostanzialmente ridefinita, ma tutto dipenderà delle risorse a disposizione. Il ministro Franco ha già avvertito che non verranno accolti interventi che non permettano l’equilibrio dei saldi di finanza pubblica. Gli obiettivi imprescindibili indicati dal documento si riducono quindi a due: abbassamento dell’aliquota media effettiva nella fascia di reddito 28.000-55.000 e eliminazione delle discontinuità più brusche. Gli estensori auspicano in questo senso un deciso intervento semplificatore su scaglioni, aliquote e detrazioni per tipologia di reddito “incluso l’assorbimento degli interventi del 2014 e del 2020 riguardanti il lavoro dipendente” come il bonus Renzi. In subordine si ipotizza un sistema ad aliquota “continua”, ma solo per le fasce di reddito medie. Inoltre è prevista l’introduzione di una maxi-deduzione senza obbligo di dichiarazione per tutti i redditi. Per quanto concerne le spese fiscali, la giungla di detrazioni e deduzioni vera responsabile dell’impazzimento dell’Irpef, le Commissioni chiedono una riduzione della loro numerosità, per semplificare il sistema ma soprattutto per reperire le risorse per ridurre l’aliquota media effettiva sull’attuale terzo scaglione. L’ammorbidimento della tassazione sul segmento intermedio della curva andrà a beneficiare ovviamente anche i contribuenti che dichiarano redditi superiori ai 55mila euro e oltre.
Ritenuta d’acconto da abolire ma solo per gli autonomi
Anche la ritenuta d’acconto sui compensi a favore dei lavoratori autonomi è una forma di prelievo che secondo la bozza del documento appesantisce i bilanci e va rapidamente superata, insieme alle attuali scadenze di versamento delle imposte dirette da osservare per i lavoratori autonomi. Le Commissioni concordano sulla necessità di istituire un nuovo meccanismo di rateizzazione, con il versamento del saldo e del primo acconto in sei rate mensili di uguale importo senza l’applicazione di alcuna sanzione e interesse. Il sistema della ritenuta viene giudicata di conseguenza valida solo per il lavoro dipendente.
L’Irap vada in pensione
L’imposta regionale sulle imprese, caratterizzata da una bassa aliquota e una larga base imponibile, fu introdotta con la precedente riforma del ’97 per finanziare il sistema sanitario nazionale. Allora servì ad abolire ben sei regimi fiscali “tradizionali”. Le Commissioni raccomandano un riassorbimento del gettito Irap “nei tributi attualmente esistenti”, ma davanti a aumenti di imposte Confindustria e sindacati hanno già alzato un muro pregiudiziale. La trattativa si preannuncia in salita, con il rischio che a rimetterci sia il livello dei servizi erogati e le politiche pubbliche finanziate con il gettito Irap.
Tagliare l’Ires con gli incentivi
Le Commissioni avvertono l’esigenza di avviare una complessiva opera di semplificazione dell’Imposta sul Reddito delle Società (Ires) riavvicinando i criteri di redazione del bilancio ai fini fiscali a quelli a fini civilistici, meno onerosi. Si propone l’introduzione di incentivi, sotto forma di sconto d’imposta, per comportamenti in linea con la transizione ecologica; per le aggregazioni di imprese di dimensioni minori e per il reinvestimento degli utili in azienda.
Iva: ridurre l’aliquota ordinaria
Le Commissioni chiedono una semplificazione e una riduzione di un punto dell’aliquota ordinaria attualmente applicata.
Lotta all’evasione
L’ultimo capitolo è dedicato a uno scarno elenco di misure anti-evasione. La principale – l’unica concreta – è la “chiusura del perimetro” dell’obbligo di fatturazione elettronica, che si richiede venga estesa a tutti i soggetti esentati. Fa subito da contraltare una sospetta critica al meccanismo recentemente introdotto del “reverse charge”, l’Iva trattenuta alla fonte, che secondo tutte le statistiche fiscali ha favorito al contrario un robusto recupero di imposta evasa. Tuttavia nel documento si auspica di “valutare attentamente il suo effettivo impatto sul recupero del gettito evaso”.
Premialità per chi non ruba
L’elemento fondamentale dell’auspicato “nuovo Patto con i contribuenti” è un meccanismo di premialità per i contribuenti leali. Con una certificazione di avvenuto rispetto delle obbligazioni tributarie si ottengono in maniera automatica benefici come le riduzioni dei termini di controllo e accertamento e dei tempi di rimborso fiscale. L’apparato sanzionatorio dovrebbe inoltre escludere i casi di omesso versamento per errore o per grave carenza di liquidità.
Aspre critiche ali paletti messi dalle Commissioni parlamentari al testo di legge-delega in preparazione a Palazzo Chigi vengono dai sindacati. In un documento unitario Cgil, Cisl e Uil elencano quello che non va. Per cominciare i redditi sottoposti a regimi forfetari vari e i canoni d’affitto devono essere riportati nella progressività. Addio quindi a flat tax e cedolari secche. Il punto di arrivo deve essere un’Irpef valida per tutti che comprenda anche i redditi da capitale, come era all’origine. Poi si chiede una svolta vera nella lotta all’evasione fiscale, considerata propedeutica a ogni ridisegno dell’architettura del sistema. E soprattutto giù le mani dall’Irap, il grande polmone di finanziamento del sistema sanitario nazionale. Sotto accusa sono i binari paralleli sui quali viaggiano ancora, a diverse velocità, le tasse sui dipendenti, i pensionati, gli autonomi e le rendite finanziarie. Una logica confermata e anzi rafforzata dalla proposta parlamentare di riforma. Ancora ieri in una serie di colloqui con diversi esponenti parlamentari, i segretari confederali sono tornati a chiedere un’inversione di tendenza alla fuga dalla progressività dell’Irpef, che finora ha portato sconti di imposta e trattamenti speciali solo per società di capitali, autonomi e redditieri, e una riduzione significativa dell’imposizione su chi le tasse le paga senza scampo grazie alla ritenuta alla fonte, ma che si vorrebbe togliere invece ai lavoratori autonomi. Al fondo rimane la questione della realizzazione di una vera equità “orizzontale” tra contribuenti che hanno la stessa capacità contributiva e “verticale” riprendendo a perseguire la progressività prevista nell’articolo 53 della nostra Costituzione.
Il documento parlamentare enuncia il problema ma, lontano dal risolverlo, lo aggrava. Secondo gli stessi dati riportati nella relazione, l’aliquota implicita di tassazione sul lavoro è pari al 42,7%, la terza più alta nell’area Euro. L’aliquota implicita di tassazione sul capitale è in Italia al 29,2%, contro la media europea del 23%. Gli autonomi pagano generalmente sui redditi meno del 15%.
Nella relazione parlamentare, annotano i sindacati, si propone la riduzione dell’imposta proporzionale su tutti i redditi da capitale e le rendite finanziarie, per farla coincidere con la prima aliquota, progressiva, sui redditi da lavoro. L’imposizione passerebbe dal 29,2 al 23%. Per quanto riguarda l’Irpef si chiede un ammorbidimento dell’aliquota media effettiva nella fascia di reddito 28 -55mila euro, che porterebbe a una riduzione dell’imposizione anche per lo scaglione successivo da 55mila e oltre.
La flat tax del 15% sui lavoratori autonomi, applicata fino a un fatturato di 65mila euro (vengono così ricompresi nel regime agevolato praticamente tutti quelli che dichiarano attualmente un reddito autonomo) decurtato dei costi, viene messa “a regime”.
Secondo alcune stime i tagli indiscriminati alle imposte vagheggiati dai parlamentari costerebbero al bilancio dello Stato 40 miliardi di euro da reperire per Luigi Marattin, presidente della Commissione Finanze della Camera e estensore del documento, con l’abolizione di spese fiscali (compreso il bonus Renzi) e maggior deficit. Il ministro dell’Economia Daniele Franco, vista l’aria, ha già mandato a dire che una riforma si farà, ma non a carico dei saldi di finanza pubblica.