di Luciano Cerasa
Il leader della maggiore formazione politica del paese uscita dalle ultime consultazioni elettorali, il M5s, ha pubblicato alla vigilia delle consultazioni al Quirinale sul blog del Movimento un intervento dedicato alla riforma del fisco. Luigi Di Maio si richiama ad alcune ricerche recentemente pubblicate che testimoniano ancora una volta la complessità del sistema italiano, da cui derivano alti costi di gestione, adempimenti vessatori per cittadini e imprese e in definitiva scarsa efficienza, soprattutto nel recupero o meglio nello scoraggiare, l’evasione fiscale Una ricerca della Fondazione nazionale dei commercialisti appena pubblicata certifica che il titolare di uno studio professionale impiega in media 122 giorni l’anno per gli adempimenti fiscali di base.
Uno studio precedente della stessa Fondazione segnalava “un aumento esponenziale del costo complessivo degli adempimenti fiscali per tutte le imprese e i professionisti”. Dal 2015 al 2017 “per i sei milioni di soggetti interessati si è passati da 58,1 a 60,4 miliardi di euro circa, con un incremento in valore assoluto di 2,4 miliardi di euro, corrispondente a una media di 514 euro, passando da 9.577 euro a 10.091 euro per ogni singola partita IVA”. Sempre maggiori adempimenti e sempre maggiori costi a fronte di risultati molto contraddittori sul recupero dell’evasione. Solo per la comunicazione Iva oggi imprese e lavoratori autonomi devono soddisfare 8 adempimenti annui. Il fisco, conclude Di Maio, è diventato un rischio d’impresa in piena regola, che allontana onesti contribuenti ed investitori. L’obiettivo dei Cinque stelle è quindi la riduzione della pressione fiscale, attraverso il dimezzamento dell’Irap e la riforma degli scaglioni Irpef, investendo nella digitalizzazione e nell’accorpamento delle banche dati della Pa e tramite l’abolizione di meccanismi come lo spesometro. Le risorse sono in gran parte già state stanziate, come dimostrano i 5,7 miliardi di Agenda Digitale, ma vengono spese poco e male. La soluzione di sistema indicata è il fisco digitale, con la fatturazione elettronica “che andrà estesa, seppur progressivamente e con una adeguata sperimentazione, anche tra privati senza digitalizzare la burocrazia e garantendo la semplicità di utilizzo dello strumento non arrivando in ritardo come sempre negli ultimi anni”.
Il fatto che il Movimento sia favorevole alla fatturazione elettronica e che abbia ribadito finora la contrarietà alla Flat tax è importante, ma non basta. Bisogna tenere presente che esiste un’ampia fascia di contribuenti (oltre due milioni di imprese e professionisti) che opera nei confronti del consumatore finale è che riesce ad occultare costi e spese (pensiamo a bar e ristoranti, cresciuti in gran numero in questi anni e che occultano sistematicamente buona parte dei costi). Nei loro confronti la sola fatturazione elettronica non basta. Ci vuole la trasmissione in tempo reale dei corrispettivi e la creazione di un sistema veramente proattivo, che gestisca il contribuente indipendente già nella fase dell’adempimento in corso d’anno.
Per quanto riguarda la riscossione (e il superamento del modello Equitalia) bisognerebbe pensare prima di tutto al pagamento tracciato con ritenuta ad opera della banca. In questo modo una parte dell’imposta verrebbe prelevata al momento dell’incasso (come si fa per il dipendente e per le ristrutturazioni edilizie) e si ridurrebbe l’ammontare delle imposte dichiarate e non versate (oltre 15 miliardi annui). Poi ci vogliono i controlli sui totali dei movimenti bancari e sugli investimenti, che devono essere coerenti con i redditi dichiarati in precedenza e con gli smobilizzi.
Quanto alla deterrenza, il numero dei controlli seri non può essere quello attuale, perché così conviene evadere. Vale quanto si fa con le “strisce blu”: se i controlli sono pochi mi conviene non pagare la sosta e rischiare. Due o tre multe l’anno mi costano meno di un parcheggio pagato sistematicamente.
Quanto alla semplificazione, occorre partire da quella sostanziale, troppo spesso creata dalla pressioni lobbistiche (oneri detraibili, regimi differenziati, ecc.).
Comunque, come ribadito costantemente dalle pagine di Fiscoequo.it, ci sarebbe tanto da fare con metodo e serietà per semplificare il sistema e renderlo molto più giusto e efficiente. Bisogna, però, essere consapevoli che le formazioni politiche intervenendo pagano un prezzo: si perdono consensi. Il sistema attuale è il risultato di decenni di clientele e favori a questa o quella corporazione. La stessa fattura elettronica è ampiamente criticata dai commercialisti e dalle associazioni di categoria, anche perché se intelligentemente attuata potrebbe portare ad una gestione autonoma di molti piccoli contribuenti che svolgono attività indipendenti. Ci vuole coraggio.