La finanza creativa di Tremonti colpisce ancora. Torna l’Irpef sulla prima casa, mentre gli assegni di mantenimento sono a rischio doppia imposizione. Misure regressive che penalizzano i redditi pù bassi, mentre si allenta la lotta all’evasione.
di Oreste Saccone
A pagare la crisi saranno ancora una volta le famiglie e i lavoratori dipendenti. Maggiori tasse per cinque miliardi di euro nel 2013 e venti miliardi a decorrere dal 2014. Lef già un mese fa aveva espresso il timore che la ricognizione effettuata dall’apposita commissione di lavoro, nominata dal ministro Tremonti, sulle forme di erosioni deduzioni e detrazioni (o presunte tali) della base imponibile preparasse il terreno ad un nuovo salasso fiscale a carico dei soliti noti (vedi Riforma fiscale. Lavoratori dipendenti nel mirino). Siamo stati facili profeti. Dalla ricognizione effettuata dalla predetta commissione emerge che le maggiori voci delle agevolazioni fiscali (o presunte tali) da tagliare riguardino la famiglia (21,449 mld), i lavoratori dipendenti e pensionati (56, 812 mld) e la casa (9,197 mld).
{jcomments on}
Il maxiemendamento introdotto in sede di conversione del dl 98/2011 prevede una riduzione “lineare” del 5 per cento nel 2013 e del 20 per cento dal 2014 dei regimi di esenzione, esclusioni e agevolazioni fiscali rilevati dalla commissione sulle “tax expenditures”. La disposizione viene fatta passare come una sorta di clausola di salvaguardia “anticipata”, nel senso che le predette riduzioni delle agevolazioni non si applicheranno qualora entro il 30 settembre 2013 siano adottati provvedimenti legislativi in materia fiscale e assistenziale di riordino della spesa sociale, nonché di revisione dei regimi agevolativi che si sovrappongono a prestazioni assistenziali, in modo da determinare effetti positivi, ai fini dell’indebitamento netto, non inferiore a 4.000 milioni di euro per il 2013 ed a 20.000 milioni di euro annui a decorrere dal 2014. Un salasso che con molta probabilità si concretizzerà anche se il governo riuscirà ad attuare la delega in quanto l’alternativa all’intervento sulle agevolazioni fiscali è di incidere sul welfare.
Vediamo comunque gli effetti su alcune tra le voci più significative delle agevolazioni colpite dalla clausola di salvaguardia.
Una novità assoluta è rappresentata, poi, dal fatto che il taglio “lineare” ripristina la tassazione ai fini Irpef, della prima casa. Il regime attuale, infatti, prevede la deduzione integrale della rendita catastale dell’unità immobiliare adibita ad abitazione principale e delle relative pertinenze (art. 10, comma 3 bis, tuir). La riduzione “lineare” della deduzione per l’abitazione principale del 5% nel 2013 e del 20% dal 2014, comporterà – a regime – la tassazione dell’unità abitativa su una base imponibile pari al venti per cento della rendita catastale.
Il taglio più iniquo, in termini di perequazione, appare senz’altro quello relativo alle detrazioni per carichi di famiglia ( art. 12 del tuir). La legislazione vigente prevede che le detrazioni relative al coniuge e figli a carico sono inversamente proporzionali al reddito del contribuente. Ne consegue che la riduzione “lineare” delle detrazioni per carichi di famiglia colpirà soprattutto i nuclei familiari meno abbienti. Nonostante la Costituzione Italiana tutela la salute come diritto fondamentale del cittadino ( art. 32 cost.) il nostro sistema sanitario pubblico copre solo una parte del costo delle prestazioni sanitarie e dei farmaci, soprattutto a seguito del recentissimo inasprimento dei tickets sanitari sulle visite, esami diagnostici e farmaci. In tale prospettiva il legislatore fiscale, per evitare di tassare il reddito che il cittadino è costretto ad utilizzare per motivi di salute, prevede un apposita detrazione fiscale delle spese mediche e sanitarie (art. 10 e 15, tuir). Ebbene il taglio “lineare” delle agevolazioni colpisce anche queste spese.
Riguardo ai redditi di lavoro dipendente e dei pensionati la scure del taglio “lineare” colpisce le detrazione da lavoro dipendente e da pensione ( art. 13, tuir). Anche in questo caso le detrazione sono inversamente proporzionali all’ammontare del reddito e mirano a salvaguardare i redditi più bassi. (in concreto il reddito di sopravvivenza). Va inoltre considerato che mentre i redditi delle imprese e dei lavoratori autonomi vengono determinati al netto dei costi e delle spese sostenute per la loro produzione, nel tassare i redditi di lavoro dipendente il fisco non tiene conto dei costi e delle spese sostenute per lavorare. Ad esempio per l’auto o i mezzi pubblici usati per recarsi a lavoro, per le riviste, libri, personal computer e altri beni acquistati per tenersi aggiornati, per la maggiore usura degli abiti, etc. etc. In questa ottica le predette detrazioni per lavoro dipendente hanno natura essenzialmente compensativa non certo, come vuol farci credere la commissione ministeriale, agevolativa.
Del pari non ha certamente funzione agevolativa la deduzione dei contributi previdenziali e assistenziali obbligatori ( art. 10, comma 1, tuir). I primi, i contributi previdenziali, rappresentano forme di accantonamento, utili a fini pensionistici. Con la conseguenza che la relativa deduzione (attuale) serve a compensare la tassazione ( futura) della pensione che il contribuente riceverà a fronte dei contributi versati. Negare o ridurre oggi tale deduzione vuol dire tassare due volte il contribuente. I secondi, i contributi assistenziali, se sostenuti, rappresentano il costo della sanità a carico del contribuente e come tale vanno dedotti dal reddito complessivo, a meno che non abbiano già concorso, come componente negativo di reddito, a determinare il reddito relativo ad una specifica categoria reddituale (reddito di impresa, reddito di lavoro autonomo, etc.).
Stesso discorso per l’esclusione dalla base imponibile degli assegni periodici che il coniuge riceve per il mantenimento dei figli in conseguenza di separazione, annullamento , etc. (art. 3, comma 3, tuir). In questo caso l’esclusione dall’imposizione non costituisce un beneficio ma è conseguenza del fatto che l’importo corrisposto è stato già tassato in capo al coniuge dante causa. Lo stesso principio vale anche per la deduzione a favore del dante causa degli assegni periodici corrisposti al coniuge separato o in caso di scioglimento o annullamento del matrimonio (ad esclusione di quelli sopra citati relativi al mantenimento dei figli) in conseguenza di apposito provvedimento del’autorità giudiziaria (art. 10, comma 1, lett. c) tuir). In questa fattispecie il legislatore tassa, a titolo di reddito assimilato a quello di lavoro dipendente, direttamente il coniuge che riceve gli assegni periodici ( art. 50, comma 1, lett. i, tuir). Anche in questo caso è evidente che non si tratta di una agevolazione, bensì di una misura compensativa. Ne consegue che l’eventuale minore deduzione dovuta al taglio “lineare”dovrebbe essere compensate con una analoga riduzione della base imponibile in capo al coniuge beneficiario, diversamente lo stesso reddito verrebbe tassato due volte, una volta in capo al dante causa, un’altra volta al coniuge ricevente.
Da queste prime considerazioni è evidente che la legislazione creativa del ministro Tremonti, tanto apprezzata dai media, ha partorito un’altra stangata a carico dei lavoratori a reddito fisso e dei meno abbienti . Possono, invece, per ora dormire sonni tranquilli i titolari di rendite finanziarie, visto che l’aumento della aliquota al 20% non entrerà subito in vigore, ma sarà oggetto di una futura delega e non è escluso che prima che l’eventuale legge di delega produca i suoi effetti lo scenario politico possa ancora cambiare.
Niente di nuovo invece sul fronte della lotta all’evasione. Nonostante la stima dell’evasione fiscale ammonti a non meno di 100 miliardi di euro l’anno e il tasso di evasione sia considerato pari a circa il doppio della media europea, la maximanovra in corso non presenta nessuna misura significativa. Anzi è palese l’intenzione dell’attuale governo di abbassare i toni. Evidenza ne sono la centralità nella lotta all’evasione fiscale del redditometro, che, com’è noto, favorisce le piccole imprese ed i professionisti, poiché colpisce solo l’Irpef, e non anche l’Irap, l’Iva e i contributi previdenziali, e la riduzione dei controlli previsti a carico delle piccole imprese e dei professionisti per l’anno 2011.













