Gli Stati Uniti hanno già incassato dagli importatori 100 miliardi di dollari di entrate tariffarie straordinarie da quando sono entrati in vigore i primi dazi globali di Trump, secondo i dati del Dipartimento del Tesoro fino a luglio.
Un risultato destinato ad andare oltre le aspettative, come ha dichiarato in un’intervista a un’emittente americana il Segretario al Tesoro Scott Bessent. “Avevo detto che le entrate tariffarie potrebbero ammontare a 300 miliardi di dollari quest’anno – ha detto Bessent – dovrò aumentare questa cifra in modo sostanziale, penso che ridurremo il deficit rispetto al Pil, inizieremo a ripagare il debito e poi, a un certo punto, queste entrate potranno essere utilizzate come compensazione per il popolo americano”.
Trump ha escluso che le nuove tasse sulle importazioni possano provocare un’impennata dell’inflazione interna in autunno, come ipotizzato da alcuni economisti subito attaccati pubblicamente dal tycoon. Nel decantare le
potenziali entrate davanti alla sua opinione pubblica il Presidente Usa ha ipotizzato un paio di utilizzi per quei fondi: in primo luogo ripagare
l’enorme debito nazionale, ma anche promettendo “un dividendo” a ogni americano.
Il Segretario al Tesoro per ora ha smentito l’idea che i cittadini statunitensi possano presto ricevere assegni di “rimborso tariffario”.
Alcuni legislatori, riporta la Cnn, hanno proposto di utilizzare le entrate tariffarie per inviare almeno 600 dollari per adulto e figlio a carico. Una famiglia di quattro persone potrebbe ricevere circa 2.400 dollari dal governo federale.
“Penso che, a un certo punto, saremo in grado di farlo”, ha affermato Bessent, sottolineando come S&P Global abbia confermato lunedì scorso il suo rating creditizio AA+ sugli Stati Uniti. “Ma il Presidente Trump e io – ha concluso – siamo concentratissimi sul pagamento del debito”.
Bessent spera invece che i contribuenti americani possano trovare qualche sollievo immediato attraverso tassi di interesse più bassi.
La Federal Reserve ha mantenuto i tassi di interesse stabili da dicembre dello scorso anno ma la probabilità di un taglio a settembre è aumentata in seguito al rapporto sull’occupazione di luglio, che ha mostrato una crescita occupazionale fiacca negli ultimi tre mesi.
La probabilità è scesa da quasi il 100% all’80% dopo che l’ultima serie di dati sull’inflazione, pubblicata la scorsa settimana, ha mostrato
un’accelerazione di alcuni aumenti dei prezzi sia per le imprese che per i consumatori.
“Il vero problema qui è che stiamo osservando alcuni aspetti distributivi nei tassi più alti, soprattutto nel settore immobiliare e per le famiglie a basso reddito con un elevato debito sulle carte di credito”, ha osservato Bessent, che ha aggiunto: “Stiamo assistendo a questo grande boom delle
spese in conto capitale, in parte dovuto all’intelligenza artificiale, in parte al pagamento delle tasse, ma le famiglie, l’edilizia abitativa, sono in difficoltà”.
Negli ultimi anni gli investimenti nel settore tecnologico in particolare nell’intelligenza artificiale sono significativamente aumentati negli
Stati Uniti. Il governo americano ha stanziato 500 miliardi di dollari da spendere entro il 2025 finalizzati a sostenere la ricerca e lo sviluppo di
tecnologie innovative. Tuttavia l’aumento delle spese in conto capitale può avere implicazioni negative, come l’aumento del debito pubblico e la possibilità che si crei una bolla speculativa nel settore tecnologico.
Sempre sul versante della guerra dei dazi sono riprese le trattative commerciali tra il Canada e gli Stati Uniti dopo che il ministro delle Finanze e delle Entrate nazionali canadese, François-Philippe Champagne, ha annunciato che abrogherà la tassa sui servizi digitali (Dst) in previsione di un accordo commerciale globale “reciprocamente vantaggioso”.
Il presidente Trump aveva annullato i colloqui attribuendo all’applicazione della “digital tax” canadese quello che aveva definito “un attacco diretto e palese al nostro Paese”.
Trump ha raggruppato le Dst in quelle che definisce “barriere commerciali non tariffarie”, modi in cui altri paesi possono limitare la concorrenza
all’interno dei propri confini, spesso “a spese delle aziende statunitensi”.
Canada e Stati Uniti sono importanti partner commerciali, ma Trump ha sconvolto questo rapporto subito dopo il suo ritorno in carica a gennaio, minacciando un dazio di almeno il 25% su tutte le esportazioni canadesi.
Intanto a seguito delle pressioni dell’amministrazione Trump il governo del
Regno Unito ha fatto marcia indietro su una controversa richiesta rivolta ad Apple di costruire una “backdoor” nella sua tecnologia per accedere ai dati privati degli utenti.
L’ordinanza avrebbe potuto minare una promessa di sicurezza fondamentale che Apple fa ai suoi clienti e compromettere la privacy degli utenti a livello globale. Secondo quanto riferito, i funzionari britannici avrebbero cercato di accedere ai dati crittografati che gli utenti di tutto il mondo archiviano su iCloud, materiali a cui nemmeno il produttore di iPhone stesso è in genere in grado di accedere.
La direttrice dell’intelligence nazionale statunitense, Tulsi Gabbard, ha dichiarato che il Regno Unito “ha accettato di abbandonare la richiesta ad Apple di fornire una “backdoor” che avrebbe consentito l’accesso ai dati crittografati protetti dei cittadini americani e violato le nostre libertà civili”.
A febbraio, l’azienda ha ripristinato una funzionalità di sicurezza dei dati per iCloud denominata Advanced Data Protection (Adp) per gli utenti nel Regno Unito.
La funzionalità fornisce la crittografia end-to-end opzionale per i dati personali come foto e messaggi, il che significa che solo l’utente che
detiene l’account, nemmeno l’azienda stessa, potrebbe visualizzare tali informazioni.
Senza la crittografia end-to-end, Apple potrebbe avere accesso ai dati degli utenti, il che significa che le forze dell’ordine potrebbero legalmente obbligare l’azienda a fornirli per contribuire alle indagini sui reati.
L’accordo con il Regno Unito rappresenta l’ultimo esempio in cui l’amministrazione Trump ha convinto un governo straniero a fare marcia indietro sulla regolamentazione di un’azienda tecnologica americana.