Sbloccati gli accordi Rubik. La tassazione dei rendimenti dei capitali occultati dagli italiani in Svizzera potrebbe rappresentare un diverso modo di assolvimento (anonimo) dell’obbligazione tributaria di periodo con l’applicazione delle ordinarie aliquote in vigore in patria
di Yoda
Si avvia a soluzione la contrapposizione tra la Commissione Ue e i paesi (Germania e Gran Bratagna) che hanno firmato convenzioni con la Svizzera sulla tassazione dei capitali depositati nelle banche elvetiche da cittadini dei due paesi. Germania e Gran Bretagna, infatti, hanno firmato nei giorni scorsi protocolli integrativi delle rispettive Convenzioni. Una analoga Convenzione è stata siglata il 13 aprile tra la Svizzera e l’Austria. Si tratta degli accordi Rubik, in base ai quali le banche e gli altri agenti pagatori svizzeri si impegnano, in cambio del mantenimento del segreto bancario, ad applicare sui capitali dei soggetti residenti in Germania Regno Unito e Austria un prelievo una tantum sullo stock del capitale e una ritenuta annuale sui relativi rendimenti, salvo che – in alternativa – gli interessati non diano il proprio consenso per la comunicazione dei dati all’Amministrazione finanziaria di residenza. A questo punto sarà interessante vedere cosa farà il Governo Monti; se prenderà le distanze dalla posizione di intransigente, quanto sterile, contrarietà ad ogni accordo tenuta dal lprecedente Governo e in particolre dall’ex ministro dell’Economia Giulio Tremonti. I capitali italiani in Svizzera sono infatti stimati tra i 150 e il 400 miliardi e un eventuale prelievo medio, una tantum, del 25 per cento assicurerebbe incassi tra 37,5 e 100 miliardi.
In sede europea, il Commissario Semeta aveva sollevato alcuni dubbi sulla compatibilità comunitaria di questi accordi in rapporto alla direttiva europea sul risparmio 2003/48/, ma avevamo espresso l’opinione che le questioni non fossero inconciliabili e che esistessero ampi margini di convergenza con il progetto complessivo dell’Unione europea.
Il serrato confronto di questi mesi tra la Commissione da una parte e la Germania e il Regno Unito dall’altra ha spinto i contraenti a rinegoziare alcuni aspetti che, senza stravolgere il contenuto degli accordi, li ha resi compatibili con il diritto comunitario.
Quali erano le criticità di ordine comunitario?
Si ricorda che, in risposta ad un’interrogazione del Parlamento Europeo del 25 ottobre u.s., il Commissario Semeta aveva affermato che le questioni di maggior impatto attenevano ai seguenti profili:
– la natura liberatoria del prelievo. Al riguardo occorre subito aggiungere che, se per il passato si può effettivamente parlare di una sanatoria, anche se concessa al prezzo di una falcidia che mediamente riduce di oltre un quarto lo stock del capitale; per il futuro, invece, la tassazione dei rendimenti – pur liberando il contribuente da qualsiasi ulteriore obbligo (relativo, si intende, ai redditi di capitale conseguiti in Svizzera) – non ha affatto le caratteristiche di una regolarizzazione: non è un prelievo agevolato ex post su redditi non dichiarati, ma una diversa modalità di assolvimento, anonimo, dell’obbligazione tributaria di periodo con l’applicazione delle ordinarie aliquote in vigore in patria.
– Il livello delle aliquote annuali sui rendimenti talora più basso (come nel caso della Germania) di quello previsto per l’euroritenuta;
Ma la questione forse più importante riguardava la permanenza del regime dell’euroritenuta, come alternativa durevole allo scambio automatico di informazioni. Nella logica della direttiva il regime “ritenute/anonimato” era accettato solo come soluzione transitoria in vista di un avvicinamento graduale allo scambio automatico di informazioni. Negli accordi bilaterali esso è invece indicato in modo permanente come alternativa sistematica allo scambio di informazioni, sollevando un problema di potenziale conflitto e sovrapposizione con le politiche europee di coordinamento
Il confronto tra la Commissione e gli Stati membri. Il 5 marzo 2012 il Commissario Semeta in una nota indirizzata al Ministro danese dell’Economia e degli Affari Interni ,Margrethe Vestager, ha dato atto del confronto serrato che ha coinvolto i Servizi della Commissione e le autorità competenti di Germania e Regno Unito per assicurare la compatibilità dei loro accordi con il diritto comunitario, dichiarandosi fiducioso in un esito molto soddisfacente. Valorizzato il comune obiettivo di assoggettare a tassazione i redditi di capitale, ovunque conseguiti, in modo coerente con il regime in vigore nello Stato di residenza del beneficiario effettivo, Semeta individua i limiti che gli Stati membri non possono superare per evitare sovrapposizioni con le aree di intervento dell’Unione. In sintesi:
– per quanto riguarda la tassazione dei redditi di capitale, negli anni futuri, gli accordi devono includere un carveout per le aree già coperte dalla direttiva risparmio e quelle che verranno coperte dopo la sua programmata revisione. Per il resto, si riconosce agli Stati membri la libertà di accordarsi sulla tassazione degli altri redditi di capitale o dello stock dei depositi;
– per il passato, la regolarizzazione delle imposte non pagate attraverso l’applicazione di importi forfetari deve escludere l’IVA;
– gli accordi di cooperazione in aree diverse da quelle fiscali, ad esempio in materia di servizi finanziari, dovranno rispettare le competenze esclusive dell’Unione in queste materie.
In definitiva, al via libera della Commissione agli accordi bilaterali (nei limiti indicati) dovrebbe corrispondere l’impegno degli Stati membri, e in particolare di Germania e Regno Unito, a ridare impulso al dossier di revisione della direttiva (che dovrà essere ampliata sotto il profilo soggettivo e oggettivo), attribuendo altresì alla Commissione uno specifico mandato negoziare misure equivalenti con i partners. Terzi, Svizzera compresa.
Cosa dicono gli accordi dopo le integrazioni apportate dai Protocolli?
Per superare i rilievi della Commissione sulla compatibilità delle Convenzioni con il diritto comunitario, sono stati modificati i seguenti aspetti:
– per quanto riguarda la regolarizzazione del passato (1), è stata trovata una soluzione per la quota IVA di pertinenza dell’Unione. Il par. 10 dell’art. 7 dell’accordo con la Germania e il par. 15 dell’art. 9 di quello con il Regno Unito prevedono infatti che l’applicazione dell’imposta liberatoria sullo stock dei capitali non pregiudichi le risorse proprie dell’Unione in materia di imposta sul valore aggiunto. Inoltre, le aliquote dell’imposta liberatoria sono state aumentate, per i residenti in Germania, da un minimo del 21 ad un massimo del 41 per cento (anziché dal 19 al 34 per cento). E’ invece rimasta invariata, per il Regno Unito, l’originaria aliquota ordinaria del 34 per cento, riducibile fino 20 per cento.
– per il futuro, il prelievo sui rendimenti dei depositi (interessi, dividendi, capital gain e differenziali di ogni tipo) è stato escluso per quelle tipologie di interessi su cui sia stata applicata l’euroritenuta. Nella originaria impostazione l’aliquota applicabile sui rendimenti annuali era coerente con quella in vigore nel paese di origine: era stata infatti stabilita nella misura del 26,5 per cento nell’accordo con la Germania e nella misura del 48 per cento nell’accordo con il Regno Unito perché quelli sono i tassi massimi di imposizione previsti dai rispettivi ordinamenti interni. L’importo dell’euroritenuta veniva poi scomputato da quanto dovuto in base all’accordo, senza riconoscere alla Svizzera la share del 25 per cento sull’ammontare del prelievo. Ora, invece, per evitare rischi di collisione o sovrapposizione con la direttiva risparmio, i Protocolli hanno introdotto una parziale deroga al principio di coerenza con la tassazione domestica, per dare priorità all’euroritenuta del 35 per cento, in tutti i casi in cui essa sia stata effettivamente applicata, anche se la sua aliquota è maggiore del tasso domestico. L’accordo con la Germania prevede ora che il prelievo del 35 per cento,effettivamente operato ai sensi della direttiva, è alternativo rispetto a quello del 26,5 della convenzione, ma da punto di vista del diritto interno produce il medesimo effetto liberatorio di qualsiasi ulteriore obbligazione sui medesimi redditi ai fini delle imposte personali di periodo. Analoga previsione è contenuta nell’accordo con l’Austria. L’accordo con il Regno Unito – che prevede, invece, una aliquota annuale sui rendimenti del 48 per cento, maggiore cioè dell’euroritenuta- aggiunge a quello di fonte comunitaria un ulteriore prelievo del 13 per cento, che complessivamente avrà, in patria, i medesimi effetti liberatori dell’obbligazione di periodo.
In altri termini, la direttiva risparmio continua ad applicarsi autonomamente secondo le modalità sue proprie (compresa la share del 25 per cento a favore dell’erario svizzero), mentre l’effetto liberatorio è ottenuto in base a norme di diritto interno degli Stati contraenti;
in caso di successione, sarà applicata a carico degli eredi una ritenuta sui capitali ( che nel caso della Germania è pari al 50 per cento), salvo il diritto degli interessati ad optare, in alternativa, per la comunicazione dei dati alle autorità.
La rinegoziazione è inoltre servita a meglio definire gli obblighi di verifica delle autorità svizzere e delle società di revisione indipendenti sulla corretta applicazione della Convenzione da parte degli istituti finanziari e degli altri agenti pagatori elvetici. Nel quadro delle procedure di consultazione previste dall’accordo gli Stati contraenti pubblicano istruzioni amministrative comuni in tema di contrasto all’elusione e individuano gli schemi di pianificazione fiscale aggressiva. Sono state disciplinate le procedure di scambio di informazioni e le modalità di definizione periodica del numero massimo di richieste che le autorità fiscali competenti potranno richiedere annualmente alla Svizzera, indicando il nome del contribuente e le ragioni, plausibili, del controllo, anche senza conoscere presso quale agente pagatore sono eventualmente depositati i capitali.
Sulla questione della valenza – sistematica oppure transitoria – del regime della ritenuta come alternativa allo scambio automatico di informazioni non vi è stato invece alcun passo indietro da parte dei Protocolli.
Gli Stati contraenti hanno infatti firmato una dichiarazione di equivalenza con la quale riconoscono che la cooperazione in materia fiscale prevista dall’accordo esplica un effetto durevolmente equivalente allo scambio automatico di informazioni nel campo dei redditi di capitale. Sul punto, sembra profilarsi una convergenza con l’Unione europea che potrebbe, essa stessa, adottare una politica più flessibile in cambio dell’impegno degli Stati membri a sbloccare il dossier di revisione della direttiva. La Commissione potrebbe accettare di separare il progetto di revisione dei contenuti della direttiva ,su cui vi è già un accordo di massima di tutti gli Stati membri, dalla questione che invece riguarda la permanenza del regime dell’euroritenuta, come alternativa non meramente transitoria allo scambio automatico di informazioni.
Quali saranno le iniziative del Governo italiano di fronte all’offerta di collaborazione del Governo svizzero?
Risolto il nodo della compatibilità comunitaria degli accordi, il Governo Monti dispone di nuovi elementi di valutazione in merito alla politica di intransigente rivendicazione dello scambio automatico di informazioni perseguita dal precedente Ministro dell’Economia.
La posta in gioco, per la sola una tantum sui redditi sottratti a tassazione in passato, è stimata in diverse decine di miliardi che potrebbero essere utilizzati per la crescita e una maggiore equità.
In un articolo pubblicato su Il Sole 24 Ore del 5 febbraio 2012 “La lezione americana sull’evasione”, Guido Rossi prende spunto dalla lotta alla evasione del Procuratore generale del distretto di New York che per la prima volta ha accusato direttamente una banca straniera (la banca svizzera Wegelin) di avere favorito l’evasione dei contribuenti americani e il riciclaggio attraverso banche corrispondenti, augurandosi che “”questo primo risveglio della democrazia americana da parte dell’esecutivo e del potere giudiziario (dia) all’Europa una dimostrazione … di cosa ancora significa fare politica economica a beneficio dei cittadini”. Di fronte a questo risveglio d’oltreoceano, Rossi trova singolare la cautela del governo italiano rispetto ad accordi come quelli stipulati da Germania e Regno Unito (e ora anche Austria) ed esprime l’avviso che “in un momento di crisi come quello attuale, qualche eccezione rispetto anche a vecchie direttive sia ben facile da ottenere, ai fini di raggiungere quell’auspicato pareggio di bilancio senza con questo conculcare i diritti dei cittadini con politiche di austerity che prolungano recessione e disoccupazione”.
Dal canto suo, la Svizzera, messa sotto pressione dalle iniziative giudiziarie statunitensi e dall’Egmond Group che riunisce le unità antiriciclaggio di 127 Paesi, sta perseguendo attivamente la nuova strategia, di lungo termine, per una piazza finanziaria pulita, con l’obiettivo di regolarizzazione i capitali di fonte estera, attraverso accordi c.d. Rubik, imponendo, nel contempo, al sistema finanziario più stringenti obblighi di diligenza, identificazione dei nuovi clienti e segnalazione delle operazioni sospette.
La presidente della Confederazione Eveline Widmer-Schlumpf in una recente dichiarazione, ricordava che “i nostri Stati partner possono prendere atto della nostra serietà e del nostro impegno per una piazza finanziaria integra, priva di fondi non dichiarati. Per l’imposizione degli investitori esteri domiciliati in Svizzera bisognerà applicare le medesime aliquote fiscali dei loro Paesi di residenza. Ciò garantisce la corretta imposizione di tutti i contribuenti. Si eviterà pertanto lo scambio su larga scala di dati difficilmente valutabili trasferendo in modo concreto il denaro dei contribuenti. Questo è il nostro concetto di equità fiscale. Sono fiduciosa che questo sistema produrrà i suoi vantaggi non appena sarà entrato in vigore e che altri Stati ne riconosceranno l’utilità cogliendo l’occasione di concludere questo tipo di accordo con la Svizzera”.
[1] E’esclusa la regolarizzazione nel caso in cui l”Amministrazione finanziaria disponga già di dati rilevanti ai fini dell’accertamento o in ipotesi di gravi reati. Per esempio, nell’accordo con il Regno Unito (art. 9 par. 13), le ritenute non avranno carattere liberatorio:
1) in caso di controlli già in corso
2) se i capitali sono direttamente o indirettamente il prodotto di reati diversi da quelli relativi alla violazione di obblighi fiscali o se derivano da essi
3) se i capitali sono direttamente o indirettamente il prodotto di attacchi criminali e frodatori sistematici contro il sistema fiscale, o se derivano da essi , soprattutto in caso di rimborsi effettuati dalle autorità fiscali a persone che non ne hanno diritto.