Elettricità e trasporti gratuiti per i meno abbienti, no tax area per i redditi fino a 12mila euro e abolizione della tassa sulla casa: sono alcune delle riforme fiscali promesse dal nuovo premier greco.
Alexis Tsipras è il nuovo primo ministro greco. Il leader del partito di sinistra radicale Syriza conquista la maggioranza ai danni della formazione di centrodestra Nuova Democrazia guidata da Samaras. Da sempre oppositore delle politiche di austerità e rigore imposte dai paesi del nord Europa, Tsipras ha focalizzato il suo programma elettorale su quattro punti. Su tutti, la rinegoziazione del Memorandum firmato con la Troika e la sospensione temporanea del pagamento degli interessi (che per il 2015 ammontano a 21 miliardi). E non solo. Sul versante fiscale, ad esempio, sono attesi interventi in favore delle fasce di reddito medio-basse: dall’esenzione fiscale totale per i redditi inferiori a 12mila euro, fino a elettricità e trasporti gratuiti per poveri e disoccupati. Annunciato anche l’innalzamento del salario minimo da 450 a 751 euro, assistenza sanitaria gratuita per i disoccupati non assicurati e il ripristino della tredicesima e dei contratti collettivi del lavoro che erano stati cancellati dalla Troika. Tra le proposte, c’è poi l’impignorabilità della prima casa e l’abolizione della tassa unificata di proprietà, l’Enfia. Ma è sulle coperture il vero rebus: per far fronte ai programmi di spesa si ricorrerà alla conciliazione sugli arretrati fiscali (l’auspicio è di incassare nell’arco di sette anni 20/23 miliardi), alla lotta contro evasione fiscale e contrabbando e agli 11 miliardi del Fondo di stabilità finanziaria destinato al sistema bancario greco.
Le problematiche di Atene. La svolta sulla politica fiscale, però, rischia di arenarsi sulle coperture: larga parte della spesa sarebbe infatti finanziata attraverso il recupero del gettito evaso, che per sua natura è fortemente aleatorio e difficile da quantificare a priori. La paventata ipotesi di un’uscita dall’euro, poi, sta lasciando i primi segni sul bilancio statale, che ha registrato negli ultimi due mesi il dimezzamento dell’avanzo primario: a dicembre 2014 la raccolta fiscale è crollata del 20% rispetto ai mesi precedenti e a gennaio il gettito dovrebbe essere inferiore alle attese per circa un miliardo. Per stessa ammissione dell’ormai ex ministro delle finanze greco Gikas Hardouvelis, più che a un’erosione della base imponibile per effetto della crisi, il fenomeno sembra essere legato a scopi precauzionali: la previsione di un ritorno alla moneta nazionale sta spingendo i cittadini greci a non pagare le tasse e a trattenere quanti più euro possibile in tasca. A ciò si aggiunge la contestuale illiquidità del già sofferente sistema bancario ellenico, costretto a fronteggiare un’impressionante corsa agli sportelli: il ritiro dei depositi ha raggiunto quota 8 miliardi in poco meno di due mesi e il trend sembra destinato a proseguire. Stante la situazione, quindi, la Grecia ha ancora bisogno dei prestiti internazionali. Condizione, questa, che pone l’esecutivo di Tsipras in una posizione delicata e in parte lo obbliga a un compromesso con i creditori, ai quali peraltro dovrà restituire i 6 miliardi presi in prestito e in scadenza tra marzo e aprile.
I timori dell’Ue. Se è vero che la posizione di Tsipras è delicata, lo stesso può dirsi per l’Unione europea: in caso di uscita dalla moneta unica, la ‘bomba’ del debito greco, ad oggi di 320 miliardi, scoppierebbe nelle mani dei paesi più esposti, in primis Italia (40 miliardi), Francia (46) e Germania (60). Già a poche ore dall’insediamento, la Commissione Europea ha fatto sapere di “rispettare la scelta sovrana e democratica”, dichiarandosi “pronta a lavorare col nuovo governo”. Disponibile al dialogo anche Berlino: in conferenza stampa la portavoce di Angela Merkel, Steffen Seibert, ha aperto all’ipotesi di un allungamento delle scadenze senza tagli al debito o allentamento del rigore.
Antonio Biondi