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martedì 17 Giugno 2025
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Paradisi fiscali, per vip finanzieri imprenditori e criminali i più sicuri sono nel cuore dell’Ue

Brad Pitt, Angelina Jolie, Claudia Schiffer, Tiger Woods e Shakira, insieme a
finanzieri, banchieri, imprenditori, calciatori e criminali. Almeno
279 dei 2.000 miliardari mondiali elencati dalla rivista Forbes e le grandi
società continuano a utilizzare i paradisi fiscali nel cuore dell’Europa per
evitare di pagare una giusta quota di tasse. E la prima calamita per miliardari
e capitali di tutto il mondo rimane il Lussemburgo, “patria” delle istituzioni
europee. A rivelarlo è un’inchiesta pubblicata dal quotidiano Le monde e da
altre 16 testate internazionali.

Il consorzio di giornalismo investigativo Occrp
ha effettuato ricerche su un database pubblico di 124mila società.
Ancora una volta grazie a un gruppo di giornalisti coraggiosi, lo scandalo
OpenLux mostra come, nonostante gli innegabili progressi in termini di
trasparenza, c’è ancora molto lavoro da fare nella lotta all’elusione e
all’evasione fiscale in particolare all’interno dell’Unione europea, che è lieta di
denunciare pratiche fiscali dannose nei paesi terzi ma non di riconoscere che
molti dei suoi Stati membri sono a loro volta potenti paradisi fiscali. Questi
ultimi traggono vantaggio da normative permissive, standard di trasparenza
deboli e la mancanza di volontà politica all’interno dell’Europa di perseguire
l’elusione fiscale e l’evasione dei miliardari e persino di alcune grandi
multinazionali.

Continuando a tollerare questo comportamento, l’Ue accetta
che la maggior parte degli Stati membri veda il proprio gettito fiscale sottratto
da queste giurisdizioni europee senza scrupoli che facilitano la pianificazione
fiscale aggressiva (Belgio, Cipro, Ungheria, Irlanda, Lussemburgo, Malta e
Paesi Bassi). Ogni anno, ad esempio, oltre al Lussemburgo, i Paesi Bassi
sono responsabili di 10 miliardi di dollari di perdite di entrate fiscali a carico
dei suoi vicini dell’Unione, secondo una ricerca di Tax Justice Network. Già
scandalosa prima, questa situazione è semplicemente intollerabile in un
momento in cui il mondo è devastato dall’epidemia di coronavirus.

I servizi pubblici di tutto il mondo stanno lottando per far fronte all’emergenza, mentre
ogni anno gli Stati perdono più di 427 miliardi di dollari a causa dei paradisi
fiscali. È l’equivalente della perdita di quasi 34 milioni di stipendi annuali degli
infermieri, uno ogni secondo. La pandemia globale ha portato a importanti
aumenti strutturali della spesa pubblica a sostegno della salute, dei redditi e
dell’occupazione. È imperativo che il peso di queste misure, così come quello
implicito nei programmi di stimolo economico, non ricada ancora una volta
sulle persone più vulnerabili e sui paesi svantaggiati.

È tempo di rendere gli affari fiscali delle multinazionali più trasparenti introducendo la
rendicontazione pubblica paese per paese per mostrare le entrate, i profitti, le
tasse pagate in ciascuno dei paesi in cui operano le multinazionali. L’Ue
dovrebbe inoltre porre fine alla concorrenza fiscale dannosa che ha portato a
una corsa al ribasso delle aliquote dell’imposta sulle società introducendo
un’imposta minima effettiva globale sugli utili delle società di almeno il 25%.
Infine, l’Ue dovrebbe lavorare alla creazione di un registro delle attività
patrimoniali nell’Unione, per registrare e rendere più trasparente la titolarità
effettiva delle attività in ciascuno dei suoi stati membri.

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