Alzare l’aliquota della flat tax sulle partite Iva con un fatturato entro i 65mila
euro dal 15 al 23% equiparandola al primo scaglione dell’Irpef: lo ha chiesto il
Dipartimento delle Finanze in sede di audizione parlamentare sulla Riforma
dell’imposta sulle persone fisiche. La proposta costituisce una severa critica
all’impianto tutto ideologico intorno al quale è stata costruita dal governo giallo-
verde la norma, fortemente voluta dalla Lega. L’assunto dal quale si è partiti è
che i lavoratori autonomi non devono pagare le imposte con criteri progressivi e
comunque con un’aliquota media (diventata unica per le partite Iva) molto più
bassa del lavoratore dipendente. Il dibattito si svolge nell’ambito dell’indagine
conoscitiva parlamentare sulla riforma fiscale, che è prevista entro il 2022 e che
conterrà una revisione del sistema d’imposizione fiscale destinato ad impattare,
con ogni probabilità anche sulla flat tax e sul regime forfetario.
Nel documento presentato dalla direttrice generale delle Finanze,
Fabrizia Lapecorella si definisce discutibile sul piano dell’equità la tassa
piatta, “considerando che soggetti che percepiscono redditi dello stesso
ammontare e di altra natura, quali lavoro dipendente o pensione, subiscono un
livello di tassazione superiore”.
Le criticità dell’attuale flat tax valgono in particolare con “riferimento alle
attività professionali, caratterizzate da una bassa incidenza dei costi che
beneficiano di un elevato grado di redditività”. Lapecorella sottolinea come il
regime sia stato pensato “principalmente al fine di incentivare l’attività
imprenditoriale mediante la semplificazione degli adempimenti fiscali, tenendo
conto che assorbe anche Irap, Iva e addizionali Irpef, e che “un particolare
trattamento di favore è stato assicurato alle nuove iniziative”, quindi le startup,
che beneficiano anche di un’aliquota più bassa nei primi cinque anni di attività.
“Qualora si volesse salvaguardare la semplificazione degli adempimenti prevista
dal regime ma ricondurlo al sistema di dual income tax “imperfetto” vigente in
Italia – propone la dirigente – un disegno coerente dell’imposta dovrebbe
suggerire, anche in questo caso, di fissare l’aliquota dell’imposta sostitutiva al
livello della prima aliquota dell’Irpef in luogo dell’attuale aliquota pari al 15%
(5% per i primi anni di attività)”. Quindi vorrebbe dire equiparare l’aliquota
portando la flat tax al 23%.