Il sistema dei bonus edilizi sono stati uno straordinario stimolo all’economia, preservando di fatto l’economia dalla recessione mantenendo il Pil in crescita in questa fase difficile. Ma ha impegnato anche risorse pubbliche considerevoli ancora difficilmente quantificabili. E’ questa la valutazione della Corte dei conti presentata nell’articolata audizione di fronte alla Commissione Finanza e Tesoro del Senato all’indomani degli interventi restrittivi sul cosiddetto Superbonus introdotti dl nuovo governo.
“Nel caso di bonus così innovativi – nell’ammontare dell’incentivazione, nei meccanismi di circolazione dei crediti, nelle tecnologie promosse etc. – sarebbe stato certamente consigliabile introdurre dei limiti di stanziamento – sottolinea la magistratura contabile – raggiunti i quali si sarebbe potuta avviare una approfondita riflessione sull’efficacia dell’incentivazione e, quindi, sulla sostenibilità finanziaria della misura. Inoltre, le risorse impegnate non sembrano essere state sufficientemente focalizzate né con riferimento ai soggetti fragili e realmente bisognosi dello stimolo, né agli obiettivi di efficienza energetica di lungo periodo, che richiederanno interventi continuativi nei prossimi anni”.
Le risorse pubbliche assorbite da detrazioni e crediti di imposta tra il 2021 e il 2022 sono state particolarmente rilevanti. Il governo in carica ha confermato e anticipato il decalage delle aliquote dei crediti di imposta (al 90 per cento per il 2023 per il Superbonus, al 60 per cento per il Bonus Facciate nel 2022, non prorogato per il 2023), e soprattutto ha sospeso la cedibilità dei crediti, riducendo così drasticamente la convenienza ad attuare
gli investimenti sovvenzionati. Tuttavia, anche a fronte di una forte riduzione dei flussi annuali, le rate di compensazione nei prossimi anni avranno un impatto non trascurabile e ancora non del tutto quantificabile sulle entrate fiscali.
Questo straordinario ammontare di risorse – non inferiore a 135 miliardi per i soli bonus edilizi – ha prodotto certamente un aiuto e uno stimolo di grande rilevanza al sistema economico, ma ha anche impegnato una quota di risorse considerevole, comportando una diversa distribuzione delle risorse tra le “missioni” della spesa pubblica. Con riferimento al solo Superbonus, lo scarto tra le stime iniziali previste dalle varie relazioni tecniche dei provvedimenti è infatti particolarmente consistente: a fronte dei 12 miliardi iniziali previsti dal decreto legge n. 34/2020 gli interventi di proroga hanno portato le attese delle risorse impegnate a 33 miliardi, a fronte di un onere per l’erario al momento stimato in oltre 75 miliardi.
L’ammontare delle risorse impegnato nei bonus legati all’edilizia – spiegano i magistrati contabili – è, in definitiva, cresciuto oltre ogni previsione iniziale e senza che si fosse realmente in grado di fermare il lievitare delle detrazioni e dei crediti di imposta e, purtroppo, i casi di frode.
Sul fronte della finanza pubblica, oltre all’impegno per la copertura delle risorse, in parte provenienti dal PNRR, si pone il tema degli effetti sui saldi. La possibilità di cessione del credito di imposta aperta dal d.l. n. 34/2020 (diversi soggetti e ripetute cessioni dello stesso credito) ha configurato – secondo l’ultima versione del manuale Eurostat – il caso di “credito pagabile” (o “non-wastable”) che va iscritto tra le uscite nel momento in cui il credito diventa per l’erario definito, secondo un criterio di competenza19. Questa interpretazione è stata recepita dall’Istat che ha proceduto a una revisione dei deficit tra il 2020 e il 2022 per l’entità dei crediti maturati, modificando il rapporto deficit/Pil di diversi punti (dal 9,5 al 9,7 nel 2020, da 7,2 a 9,0 nel 2021 e da 5,6 a 8 nel 2022). Per quanto la classificazione dei crediti in base al criterio di cassa o di competenza sia tuttora oggetto di dibattito, la riclassificazione ha certamente incrementato la trasparenza dell’impatto dell’utilizzo dei crediti di imposta sui conti pubblici. Adottare il criterio di competenza ha implicato operare una correzione dei saldi sugli esercizi passati, in anni in cui i meccanismi di coordinamento della politica fiscale a livello europeo sono stati sospesi e dunque non ci sono state immediate ripercussioni nella percezione dei mercati e a livello di coordinamento della politica fiscale. Il decreto n. 11/2023, bloccando la possibilità di cessione, ha dunque riportato le detrazioni nella definizione di crediti “non pagabili” che quindi possono essere contabilizzati con un criterio di cassa. Tuttavia, come discusso, è ancora difficile quantificare i crediti di imposta o gli sconti in fattura che devono ancora emergere ma possono conservare la possibilità di cessione, determinando dunque un altro insieme di crediti “pagabili”, che avranno un diretto impatto sul deficit 2023.
Per la sostenibilità è però necessario guardare anche agli effetti sull’economia reale. Certamente le ristrutturazioni edilizie hanno determinato un contributo alla crescita dell’attività economica e dell’occupazione, che ha anche favorito un recupero del gettito attraverso le imposte dirette e l’Iva. È al momento prematura una valutazione sull’entità della crescita generata – stimata comunque intorno all’1 per cento del Pil nel 202220 – e dell’incremento di gettito che può ipotizzarsi non trascurabile, ma a questi aspetti positivi vanno contrapposti i forti aumenti dei prezzi dei materiali e dei capitolati, aggravati dalla presenza del già ricordato fenomeno del “terzo pagante”. Tali aumenti, uniti all’impennata dei prezzi dell’energia, hanno determinato una spirale che, in alcuni casi, ha messo in crisi anche il sistema dei massimali di spesa e dei prezzi di riferimento introdotti nell’intento di limitare la crescita dei costi che davano diritto alla detrazione.
Il sistema delle incentivazioni fiscali per l’edilizia, erogate attraverso detrazioni e crediti d’imposta, si presenta dunque estremamente complesso, frammentato e incerto, conseguenza di una lunga sequenza di interventi normativi introdotti con la decretazione di urgenza in assenza di un disegno organico. L’improvvisa abolizione della possibilità di cessione, pur con una lunga fase di transizione, acuisce i problemi di liquidità creatisi con l’esaurimento della capienza fiscale delle imprese e dei potenziali cessionari e accentua il carattere di potenziale regressività dei sussidi, certamente d’ora in poi utilizzabili solo in presenza di ampia capienza fiscale21 da parte dei beneficiari. Inoltre, le troppe fattispecie esistenti, caratterizzate da discipline non omogenee – per tipologia di immobile e proprietà, aliquote, rate, possibilità di cessioni e profili di responsabilità – rendono il quadro difficilmente governabile sul piano tecnico e amministrativo, anche in relazione alle concrete possibilità di controllo.
Occorre, dunque – conclude la Corte dei Conti – da un lato semplificare il sistema e dall’altro effettuare scelte sui settori di impiego delle risorse ritenuti prioritari, selezionando gli interventi in coerenza con gli obiettivi di interesse generale in un’ottica di lungo periodo, e modulando l’intensità dell’aiuto in relazione a obiettivi specifici.













